A questo provocatorio sottotitolo di un libro di Davide Pelanda (La Chiesa e i rifiuti – Tra teologia e pastorale dell’immondizia, Torino, Effatà ed., 2009) mi è venuto spontaneo tornare col pensiero, in occasione dell’incontro culturale che si è svolto il 2 dicembre nella Parrocchia napoletana di Santa Maria della Libera. Il tema in discussione (“Ridurre e valorizzare i rifiuti – tra nuovi stili di vita e nuove tecnologie”) e la sede stessa in cui si svolgeva, infatti, si prestavano ad una seria riflessione sul ruolo della Chiesa – e delle chiese locali – nell’educazione dei singoli e delle comunità ad un modello di sviluppo e di consumi più conforme allo spirito del Vangelo. Il panorama – devastato e devastante – della situazione del trattamento dei rifiuti in Campania è stato tratteggiato dall’amico Vittorio Moccia, referente del Coordinamento Regionale Rifiuti (CO.RE.RI.). La prospettiva di interventi tecnologicamente innovativi, ma al tempo stesso alternativi ed a basso impatto ambientale, è stata brillantemente illustrata dal prof. Antonio Malorni, già capo-ricercatore del CNR e direttore dell’istituto di scienze dell’alimentazione della Seconda Università di Napoli, a Caserta. A me, invece, è toccato introdurre sinteticamente una tematica così spinosa, contro la quale tuttora rischiano d’infrangersi le speranze di chi si augurava che si stesse finalmente voltando pagina, avviandosi ad una gestione diversa di questo problema. Una questione che ha un peso fondamentale e richiede scelte non equivoche, ma che ha visto sommarsi, nel corso di troppi anni, incompetenza, speculazione e veri e propri attentati all’ambiente ed alla salute dei cittadini. La mia parrocchia, grazie alla lungimiranza di don Sebastiano Pepe, non è nuova a tematiche che riflettano un impegno sociale ed ambientale. Già nella primavera scorsa, infatti, è stato svolto un percorso pastorale sugli stili di vita conformi al Vangelo, collegandosi in particolare all’attualità dei quesiti referendari sull’acqua e sul nucleare, che interpellavano la coscienza dei credenti sul binomio energia-consumi. In questa occasione, quindi, il discorso non poteva limitarsi ad una pur necessaria ricognizione sulle nuove tecnologie di trattamento e riciclaggio dei rifiuti solidi urbani. Bisognava andare al cuore dei problema di uno sviluppo equo, solidale ed ecologicamente compatibile, proseguendo quella “pastorale dei nuovi stili di vita” che sta finalmente cominciando a diffondersi nella Chiesa italiana. Non sono le prese di posizione dottrinali e teologiche che mancano, dal momento che l’ultimo decennio ha visto un moltiplicarsi di documenti dell’episcopato (cattolico e non) e di autorevoli ed illuminanti interventi dello stesso Magistero pontificio. Quello che serve davvero, a mio avviso, non sono i pur fondamentali trattati teologici, lettere pastorali dei Vescovi e messaggi dei Papi. Occorre urgentemente un’azione pastorale in ambito socio-ambientale, capace di raggiungere tutta la comunità ecclesiale, inducendola a fare scelte coerenti con la “sobrietà” evangelica, tanto predicata quanto poco praticata in concreto. C’è bisogno, come preannunciava il testo citato, di una vera “pastorale dell’immondizia”, che sappia aiutarci a comprendere quanto siano “immondi” e contro il bene comune gli interessi di chi ci spinge a diventare sempre meno cittadini e sempre più consumatori. Una pastorale che ci aiuti a capire che, per un cristiano, le vere cose da ‘scartare’ non sono quelle che gettiamo nel sacchetto della spazzatura, ma i finti ‘valori’ da cui ormai non riusciamo più a distaccarci, a costo di diventarne dipendenti. Serve, insomma, una pastorale che ci faccia capire quanto sia incosciente e dannoso il comportamento di chi non comprende quanto valgono le materie che noi riduciamo a rifiuti, cercando poi di liberarci a tutti i costi – anche della nostra stessa salute… – di quelle che sono invece risorse importanti e per di più esauribili, bruciate in poco tempo e poi buttate via dal nostro consumismo sfrenato C’è bisogno di pastori che ci indirizzino verso uno stile di vita diametralmente opposto a quello attuale, facendoci capire che lo spreco e la dissipazione caratteristici della nostra società comportano anche un pesante prezzo in termini di giustizia violata, di pace sempre più minacciata e di danni irreversibili a quel Creato di cui siamo stati resi custodi, non padroni. Nel mio intervento introduttivo ho citato l’importante esempio delle profetiche iniziative pastorali sui “nuovi stili di vita” intraprese dal Patriarcato di Venezia e dalla Diocesi di Padova, ricordando anche il progetto della Chiesa di Napoli per il monitoraggio della ‘impronta ecologica’ nella vita quotidiana di 100 famiglie della nostra città, da troppo tempo nell’occhio del ciclone di una pseudo-emergenza rifiuti. Ho fatto poi cenno ad alcuni importanti punti di riferimento ecclesiali, come il progetto culturale “Custodi del Creato” (CEI 2009) e ad altri preziosi riferimenti , come la Carta Ecumenica di Strasburgo (KEK 2001) e gli “eco-principi” dei teologi australiani del gruppo “la Bibbia della Terra”(2003). Quello che conta, però, è che il moltiplicarsi di queste iniziative di base aiuti ogni singola comunità parrocchiale a muovere passi concreti, con coraggio e spirito profetico, verso un modello di società autenticamente altro, che restituisca ai credenti in Cristo il loro ruolo di sale della terra e di luce del mondo. © 2011 Ermete Ferraro
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IV GIORNATA PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO

“… è conseguenza del peccato se la rete delle relazioni con il creato appare lacerata e se gli effetti sul cambiamento climatico sono innegabili, se proprio l’aria – così necessaria per la vita – è inquinata da varie emissioni, in particolare da quelle dei cosiddetti ”gas serra”. Se, però, prendiamo coscienza del peccato, che nasce da un rapporto sbagliato con il creato, siamo chiamati alla “conversione ecologica”, secondo l’espressione di Giovanni Paolo II. […] Una tempestiva riduzione delle emissioni di gas serra ” è, dunque, una precauzione necessaria a tutela delle generazioni future, ma anche di quei poveri della terra, che già ora patiscono gli effetti dei mutamenti climatici. Occorre, dunque, un profondo rinnovamento del nostro modo di vivere e dell’economia, cercando di risparmiare energia con una maggiore sobrietà nei consumi […] uno stile di vita più essenziale, come espressione di “una disciplina fatta anche di rinunce, una disciplina del riconoscimento degli altri, ai quali il creato appartiene tanto quanto a noi che più facilmente possiamo disporne; una disciplina della responsabilità nei riguardi del futuro degli altri e del nostro stesso futuro”.
CARITAS IN VERITATE
- Collaborazione tra credenti e non credenti vs laicismo e fondamentalismo;
- Ruolo dei pubblici poteri per ristabilire il “bene comune”la giustizia vs preponderanza del profitto economico-commerciale e finanziario;
- Sviluppo caratterizzato da relazionalità, comunione e condivisione vs “supersviluppo” che porta con sé un “sottosviluppo morale”;
- Rapporto corretto e responsabile tra sviluppo umano e salvaguardia dell’ambiente naturale, a partire da “nuovi stili di vita” vs tecnocrazia, sfruttamento ambientale ed accaparramento delle risorse vitali ed energetiche;
- Solidarietà sociale, cooperazione autentica, lavoro “decente” e rispetto dei diritti dei migranti vs lavoro sfruttato e/o precario e “mercificazione” e mancata tutela dei migranti;
- Umanesimo integrale vs assolutismo della tecnica, riduzionismo “neurologico” e mortificazione della dimensione spirituale.
ELEGANTEMENTE SEMPLICI

EARTH DAY 2008
CHE IL "GIORNO DELLA TERRA"
NON DURI…UN GIORNO.
di Ermete Ferraro
Il 22
aprile, a partire dal 1970, si celebra il “Giorno della Terra”, promosso ed organizzato dall’ Earth Day Network (EDN), la quale ha costruito in questi 38 anni d’impegno ecologista una rete che raccoglie 17.000 organizzazioni in 174 stati. La mission di E.D.N. consiste nel: “…far crescere e diversificare il movimento ambientalista a livello mondiale, e di mobilitarlo come un più efficace veicolo per la promozione di un pianeta sano e sostenibile. Perseguiamo la nostra finalità istitutiva mediante l’educazione, l’impegno politico, eventi e l’attivismo dei consumatori”.
Nel documento citato , si precisa che uno degli obiettivi perseguiti da questa organizzazione-ombrello è quello di allargare il concetto stesso, e quindi la definizione, di “ambiente”, per includervi tutte le questioni che toccano la nostra salute, le comunità ed il loro ambiente di vita, come ad es. “…l’inquinamento delle acque, il degrado degli edifici scolastici, i trasporti pubblici, l’accesso al lavoro, le crescenti percentuali di malattie come l’asma ed il cancro, l’assenza di finanziamenti per parchi e spazi ricreativi…” , come chiaramente indicato nel documento dal titolo “Urban environment Report” . Ebbene, anche in Italia sarà celebrata questa data del 22 aprile per sensibilizzare grandi e piccoli all’acquisizione di una coscienza ecologica che non si limiti ad una confusa e generica consapevolezza dei rischi che l’umanità sta affrontando a causa del suo pessimo rapporto con l’ambiente naturale, ma giunga a dare a ciascuna persona – e quindi ad ogni comunità – concrete indicazioni teoriche e strumenti pratici per una vera e propria “conversione ecologica”, a tutti i livelli.
Il rischio ambientale peggiore, infatti, è che si continui ad oscillare sterilmente tra quelle due opposte concezioni – che in tempi non sospetti Umberto Eco definiva “apocalittici” e “integrati” – in base alle quali il nostro rapporto con l’ambiente è ormai irrimediabilmente compromesso o, al contrario, non esiste una questione ecologica che non possa essere risolta adeguandosi alle nuove realtà socio-economiche ed ambientali e, soprattutto, che non si possa risolvere usando al meglio la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica.
Nel suo dossier-natura “Una perla preziosa”, pubblicato sulla rivista “Messaggero di Sant’Antonio” (aprile 2008), Mario Tozzi (noto geologo, ricercatore e giornalista TV) ci conduce per mano a scoprire come vivere secondo natura è molto più facile e…naturale di quanto possa sembrarci, avvolti come siamo dagli inutili ed ingombranti incarti di una civiltà sprecona, energivora e fondata sul dominio più che sull’uso delle risorse. “Sopravvivere al limite”, spiega Tozzi, è stato per millenni il vero problema per tanti esseri umani, costretti a resistere con tutto il proprio ingegno ad un ambiente spesso sfavorevole e, in certi casi, lo è ancora oggi per tante comunità che devono adattarsi ad una natura poco ospitale.
Al polo opposto, ci sono milioni di uomini che stanno letteralmente depredando la Terra, di cui pur sono figli, e che ormai sembrano non poter fare a meno di uno stile di vita assurdo ed irrazionale. Mario Tozzi fa riferimento, in particolare, al nostro modo di abitare e di vivere quotidianamente e commenta: “Ad osservarle bene, le nostre case di occidentali ricchi sono un monumento al paradosso energetico e non direi neppure che sono veramente tecnologicamente avanzate” . Dopo aver elencato una serie di provvedimenti da lui stessi assunti per rendere meno pesante l’impronta ambientale della sua stessa casa, a partire dall’eliminazione di ogni spreco energetico, egli ci indica nel paragrafo "Alla ricerca della sobrietà" il modo più idoneo per migliorare – e al tempo stesso rendere più efficiente – quel nostro microcosmo “sprecone oltre ogni misura”.
Anche la scuola – come la casa – è per tanti di noi l’ambiente di vita quotidiano: il nostro vero “oikos” , dal quale dobbiamo necessariamente partire per fare “oiko-logìa” più che per parlarne accademicamente quanto inutilmente. Non è certo un caso che uno dei punti qualificanti del programma proposto da E.D.N. sia proprio quello dedicato non solo all’educazione ambientale – che troppo spesso noi italiani consideriamo come una pura e semplice aggiunta al curriculum scolastico, una materia in più da far studiare – bensì un vero e proprio percorso di formazione alla consapevolezza ecologica e di sperimentazione di un modo alternativo di vivere e di consumare. Basta cliccare sulla pagina “Green Schools” del sito di E.D.N., infatti, per accedere ad un accattivante itinerario di conoscenze e di azioni, di saperi e di competenze, per rendere “più verdi” le nostre scuole. Si va dall’informazione per rendere più sana la refezione scolastica alle indicazioni per il vero e proprio “curriculum” degli studi; dalle nozioni di base di educazione civico-politica a quelle sulle attività ludiche e ricreative più adatte.
Partire da questo microcosmo domestico e scolastico mi sembra davvero una buona idea per celebrare anche questo “Earth Day”, ma credo anche che non sia il caso di perdere di vista le nostre priorità più ampie ed i valori su cui esse di poggiano. Ecco perché, se è opportuno che ognuno faccia la sua parte dove meglio e più riesce ad ottenere dei risultati tangibili, penso che non è possibile fare a meno d’interrogarsi sul nostro ruolo di esseri umani su questa Terra sempre più minacciata da chi dovrebbe sentirsene figlio. Se è vero che “Adàm” (“uomo” in ebraico) è solo il maschile di “Adamà” (cioè “terra” nella stessa lingua), dobbiamo seriamente chiederci perché siamo giunti al punto da rinnegare questo vincolo che ci lega ad essa, come figli ad una madre.
“Tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (Rm 8,19-23), ci ricordava l’articolo di Dario Bossi su “Ecologia e Missione” su “Comboni-fem” dello scorso Marzo, citando San Paolo e stimolando chi è credente a non considerare l’ecologia una disciplina scientifica da studiare, ma piuttosto un “nuovo paradigma per interpretare il mondo”. Come ci ammonisce il teologo Leonardo Boff, il vero credente è chiamato a recuperare il valore sacro delle “relazioni” che ci legano alla Terra, rifacendosi alla fisica quantistica, secondo la quale tutto è strutturato in campi di energia interattivi, per cui ogni parte resta costantemente in comunicazione con il tutto.
E’ il solo modo perché i Cristiani si decidano davvero a comprendere, con la mente – ma anche col cuore e con la volontà – che il “giorno della Terra” viene tutti i giorni e che la sua “liberazione” procede di pari passo con quella dei tanti esseri umani di cui il Signore dice, nel libro dell’Esodo (3,7-8): “Ho udito il grido del mio popolo. Per questo sono sceso a liberarlo”, versetto che Boff così parafrasava nell’articolo citato: “Ho udito un silenzio preoccupante, innaturale. Per questo sono sceso, per restituire voce e vita a questa terra ferita”.
Buon “giorno della terra” a tutti !
ADAM V-ADAMAH : riflessioni ecoteologiche sull’amore cosmico
di Ermete Ferraro
La rivista "Filosofia ambientale" (www.filosofia-ambientale.it ) ha pubblicato in questi giorni un mio saggio dell’anno scorso, nel quale cerco di analizzare – in chiave ecoteologica – l’impegno cristiano per la "salvaguardia del Creato", indissolubilmente legato a quello per la giustizia e per la pace.
Sono convinto, però, che questo impegno non dovrebbe essere solo un "dovere" morale, ma un’effettiva, concreta, adesione ad un progetto che ha posto l’Uomo/Adam sulla Terra (in ebraico: Adamah) come custode e non come il padrone della creazione. E siccome il servizio, in una visione evangelica, nasce dall’amore, ho provato a leggere la prima lettera paolina ai Corinzi – in particolare, il cosiddetto ‘inno all’amore’ – in una chiave "cosmica", ecologica.
Mi rendo conto che l’argomento può apparire piuttosto particolare e poco adatto ad un "blog", ma spero comunque di aver suscitato un minimo di curiosità in chi legge. In tal caso, vi basta cliccare qui per accedere al testo completo e, se proprio siete in vena di follie, potreste addirittura scrivermi qualche riga di commento….