CINESI E…..CINISMO

   di Ermete Ferraro

 Come è accaduto mesi fa in Myanmar, ora succede nel Tibet che l’opinione pubblica internazionale sia messa di fronte ad un momento forte di una lotta per la democrazia e i diritti umani,che dura già da molto tempo fra l’indifferenza generale.

Anche in questo caso, il governo cinese, oggetto delle proteste, non ha esitato a mostrare il suo feroce volto dittatoriale e militarista, impedendo in ogni modo l’esercizio dei diritti umani e civili fondamentali e reprimendo sanguinosamente l’anelito alla libertà di un intero popolo, ancora una volta interpretato dai pacifici monaci buddisti, che hanno deciso di uscire dai loro templi per diventare il punto di riferimento per una resistenza civile e nonviolenta.

La circostanza che la ribellione dei Tibetani interferisca pesantemente con l’apertura di quei Giochi Olimpici che per la Cina rappresentano un’incredibile ed insostituibile vetrina internazionale, ovviamente, ha complicato ancor più le cose, inducendo gli organismi diplomatici ed i governi occidentali ai soliti contorsionismi verbali per dire e non dire, per condannare senza emettere sentenze. Insomma, per evitare di compromettere i propri interessi economici connessi  ai loro “bisinìss“ con la Cina, quasi sempre in rapida espansione.

Solo pochi politici, a casa nostra, hanno scelto di parlare più chiaramente, affermando – come nel caso di Angelo Bonelli (S.A.) – che:  “…ciò che sta accadendo in Tibet è inaccettabile: interessi economici e commerciali sostengono il governo cinese, responsabile di gravi violazioni dei diritti umani sul proprio territorio: governi e imprenditori hanno infatti ragionato secondo il principio ‘pecunia non olet’, mentre in Cina vengono calpestati i diritti attraverso l’uso della violenza  […] La comunità internazionale  non deve far sentire la propria voce solo attraverso dichiarazioni di routine ma ha l’obbligo di attuare subito misure concrete. I Giochi olimpici vanno fermati o quantomeno sospesi finché nel Paese non verrà ripristinata la democrazia: quest’importantissima competizione non può diventare una passerella per un governo che calpesta in modo gravissimo i diritti umani”. (http://www.sinistrarcobaleno.it/tag/tibet/).

 Un ecopacifista come l’amico Antonio D’Acunto, nel suo editoriale per la rivista online dell’associazione VAS (www.verdiambienteesocietà.it) , si è associato all’appello al boicottaggio di un evento sportivo che, per sua natura, è incompatibile con la repressione  violenta di cui è protagonista il governo cinese.  "Possono svolgersi le Olimpiadi a Pechino mentre corrono violenze, repressioni e sangue a Lhasa e vengono calpestati fondamentali diritti umani nella intera Cina?  – si chiede D’Acunto – Può il Mondo in nome di una farisea indipendenza dello sport dalla politica assistere a presunte imprese atletiche, ignorando quello che avviene nel Paese che ospita tali competizioni? Se ciò avvenisse, gli inni nazionali dei Paesi partecipanti sarebbero le voci della colpevole indifferenza o forse anche la copertura a tali vergognosi crimini contro l’Umanità e la Natura e corresponsabili di essi, come avvenne per molti Paesi nel 1936 con la Germania nazista e l’Italia fascista. Tutti abbiamo l’obbligo morale di contribuire a che ciò non avvenga.[…] La Cina, ovvero il suo apparato di potere, con le Olimpiadi si gioca tutto ed un fallimento di esse sarebbe la debacle totale: uno sfruttamento abnorme dell’Uomo sull’Uomo – mistificato nella grande speranza umana di Comunismo – e dell’uomo sull’ambiente, con un saccheggio di risorse naturali ed un abnorme inquinamento di esse è stato fatto in funzione di questa scadenza. E’ questo un fatto fondamentale che potrebbe, o meglio può ancora, dare un potere enorme di contrattazione a chi positivamente vuole affrontare le grandissime violazioni oggi presenti in Cina – in tema di Democrazia, della Biodiversità Culturale, della Non-Violenza, dei Diritti Umani, della Natura e dell’Ambiente…"

olimpechino Quando si fanno questi discorsi, c’è sempre qualcuno che obbietta: sì, vabbè, bisogna difendere i principi: ma noi comuni mortali che cosa possiamo fare? Ebbene, la prima da fare è non scordarci che siamo in campagna elettorale e che, da cittadini-elettori, abbiamo tutto il diritto-dovere di chiedere ai nostri referenti politici di schierarsi senza ambiguità e senza cinismo su questa terribile vicenda.  Ci hanno già rubato il diritto di sceglierci i rappresentanti in Parlamento. Cerchiamo almeno di far pesare la nostra ferma volontà di non votare quelle forze politiche che non abbiano il coraggio di esprimere un chiaro dissenso nei confronti del sistema di potere cinese, mettendo in atto tutte le possibili forme di opposizione nonviolenta (non-collaborazione, boicottaggio ed altre forme di dissociazione e pressione) nei riguardi di chi reprime nel sangue ogni affermazione di diritti umani e d’identità culturale, linguistica e religiosa.

Anche il mondo dello sport, come quello della politica e dell’economia, ha il dovere di non nascondersi dietro il dito delle frasi di circostanza e delle condanne verbali, dissociandosi dalla celebrazione dei Giochi Olimpici in un momento così grave. Ognuno di noi può "giocare la sua parte", manifestando il proprio dissenso verso il genocidio del popolo tibetano e ricorrendo anche al boicottaggio di quel "made in China" che ha invaso i nostri mercati, drogando di fatto le stesse dinamiche commerciali e stuzzicando gli appetiti di tanti imprenditori senza scrupoli.

Certo, lo stesso Dalai Lama, attraverso il suo portavoce presso l’U.E., si è espresso contro un boicottaggio dei Giochi che non aiuterebbe il Tibet, se non si riuscisse a discutere sulla questione tibetana in sé ed a trovare soluzioni opportune, frutto di mediazioni diplomatiche e non di scontri di piazza. D’altra parte, però, ritengo che occorra chiarezza da parte di tutti, per evitare che le scene di violenta repressione di un movimento civile – nell’ex- Birmania prima e adesso nel Tibet – finiscano col cedere rapidamente il posto a quelle, fantasmagoriche, di Olimpiadi diventate simbolo della colpevole indifferenza internazionale. La bandiera nera con le cinque manette intrecciate – che tutti abbiamo visto sventolare in mano ad un coraggioso manifestante – è un segno fin troppo chiaro perché possiamo far finta di ignorare ciò che sta accadendo in Cina, ricorrendo a valutazioni opportunistiche con evidente…cinismo.

‘A RISCHIO DI PACE’

(Messaggio di Pasqua del Patriarca Michel Sabbah)


Fratelli e sorelle, Cristo è risorto. Buona e santa festa di Pasqua. E’ la mia ultima Pasqua con voi. Avendo compiuto 75 anni, presto mi ritirerò. Ma continuerò ad accompagnarvi nelle mie preghiere ed a condividere con voi le vostre gioie e le vostre pene, in questa santa città di Gerusalemme. E, con ogni persona di buona volontà, continuerò ad agire per la giustizia e per la pace, affinché questa terra e tutti i suoi abitanti ritrovino sicurezza e tranquillità, nella presenza di Dio Onnipotente, pieno d’amore e di misericordia. Assicuro la mia preghiera e la mia amicizia a tutti i fedeli di tutte le nostre chiese di Gerusalemme, ed anche a tutti i credenti nelle differenti religioni presenti su questa terra: ebrei, musulmani, cristiani, drusi e la comunità dei Baha’i. Cristo è risorto! Domando a Dio di riempire i vostri cuori della gioia e la speranza della Resurrezione. Viviamo tutti su una terra santa, terra di Rivelazione di Dio all’umanità, terra di redenzione e di riconciliazione dei popoli tra loro e con Dio, un Dio che ascolta e perdona. E ciononostante, purtroppo, questa terra rimane una terra di sangue, ignorante della sua vocazione e incapace di accoglierla. In queste ultime settimane, le vicende di Gaza e le centinaia di vittime cadute dall’inizio di un assedio imposto a più di un milione di abitanti, le giovani vittime di questo recente attentato perpetrato in una Yeshiva di Gerusalemme, le incursioni incessanti dei militari israeliani nelle città palestinesi malgrado gli accordi con l’Autorità Palestinese, e l’assassinio di numerosi giovani, tra cui i quattro giovani di Betlemme uccisi una settimana fa dentro la loro casa, tutto questo non è che una spirale di violenza disumana e inutile, da qualunque parte essa provenga. D’altra parte, la semplice analisi dei fatti mostra che questa violenza non ha portato alla sicurezza voluta. Questa violenza disumana e inutile è un attentato alla dignità umana, quella di colui che uccide, come quella di colui che è ucciso. Tutto questo è contrario alla vita nuova che noi celebriamo con la festa di Pasqua. Gli Stati, le persone, gli israeliani e i palestinesi, dopo più di un secolo di conflitto e di violenza devono rendersi conto che oggi gli eserciti non riescono più a difendere i loro popoli. Essi li espongono al contrario a maggiore violenza, paura e insicurezza, perché i deboli e gli oppressi traggono la forza in loro stessi e arrivano a sfidare le potenze di questo mondo. È tempo di comprendere le lezioni della storia e di rientrare nelle strade di Dio; è tempo per gli Stati ed i responsabili politici di accettare la loro vocazione: costruire le società e non demolirle. Ora, la violenza demolisce, non costruisce. In più, creandoci, Dio ha dato a ciascuno di noi una parte della sua bontà, rendendoci tutti capaci di costruire delle società in cui riconoscersi tutti fratelli e sorelle, creature dello stesso Dio, aventi gli stessi diritti e gli stessi doveri. E la violenza non è una buona via per raggiungere questo scopo. Siamo tutti creature dello stesso Dio uno e unico, che ci chiama a diventare santi e perfetti come lui (Mt 5, 48).
Nonostante e a fianco di questo, esistono nelle due società, israeliana e palestinese, centinaia di migliaia di persone che gridano: pace, Pace!, e che aspirano alla ‘pace ora’. Allo stesso modo esistono anche, nelle due parti, degli estremisti, prigionieri delle loro ideologie, che pensano di poter o dovere uccidere il loro fratello in nome di Dio, mentre Dio dice a tutti: ama il tuo prossimo come te stesso. Abbiamo bisogno di capi capaci di fare la pace, perché essa è l’unico mezzo d’imporre un limite all’estremismo e di cominciare una vera azione in favore della sicurezza. Dire che la pace è un rischio che non si può prendere, significa dire che siamo destinati a restare sulle strade della violenza e della morte. Resta ai capi di scegliere tra i due, la pace o l’estremismo, che cresce sempre causando sempre più insicurezza. Abbiamo bisogno di capi pronti a pagare con la loro vita il prezzo della pace, non di capi che danno l’ordine di uccidere e di assassinare, e mandano ad ammazzare o ad essere ammazzati. San Paolo ci disse: "Non avete ricevuto uno spirito di schiavi per ricadere nella paura" (Rm 8,15), ma lo spirito di Dio, per essere forti della forza di Dio e del suo amore. Pasqua è la celebrazione del trionfo di Cristo sulla morte e sul peccato. A tutti Dio accorda la grazia di poter vincere il male in sé stessi e in quelli che ci attorniano. Accorda a tutti noi la forza di poter trasformare il rancore e la morte in fiducia, in amicizia e vita abbondante, frutto della resurrezione. Noi crediamo in Dio. Egli è buono e la sua bontà finirà per vincere sul male degli uomini che non cessano di dire: noi costruiamo e vogliamo la sicurezza, mentre non cessano di ridurre la sicurezza ad un miraggio. È tempo di prendere nuove misure di sicurezza che rispettino la persona e la conducano verso la pace, non verso la morte. Fratelli e sorelle, termino la mia missione come Patriarca ma continuerò a pregare e a camminare con voi per le vie ardue della giustizia e della pace, A tutti, auguro una vita nuova piena dello Spirito di Dio, della sua forza e del suo amore.

+ Michel Sabbah, Patriarca Gerusalemme, 17 marzo 2008
  Il testo è stato tratto dal sito: BoccheScucite – voci dalla Palestina occupata

END THE WAR !

pacifism" Cinque anni fa  gli Stati Uniti d’America lanciarono una criminale invasione dell’Iraq. Cinque anni più tardi sono morti più di un milione di Iracheni. Sono morti almeno 4000 americani. Centinaia di migliaia sono stati gravemente feriti. Milioni di persone sono state sradicate. La distruzione di un paese. L’annullamento del controllo della legge. Per far cosa? In questo quinto anniversario unitevi al treno della pace di Nader e Gonzalez. Il treno della pace che giungerà al suo traguardo tra sei mesi. Per portare a casa, via dall’Iraq, le nostre truppe. Per restituire agli Iracheni il loro paese . Per restituire agli Iracheni il loro petrolio. Andiamo via. E quando annunciamo che stiamo andando via in sei mesi, certi che toccheremo il fondo dell’insurrezione e metteremo insieme i tre gruppi – Sciiti, Sunniti e Curdi – per un Iraq unificato.  Essi dovranno venire insieme. Perchè l’alternativa è un totale bagno di sangue. Ma, per prima cosa, dobbiamo andar via. Dobbiamo stabilire una data certa di sei mesi. Nader e Gonzalez vogliono stabilire questa data certa. Clinton, Obama e McCain non vogliono farlo. Nader e Gonzalez vogliono portare le compagnie petrolifere statunitensi fuori dall’Iraq. Clinton, Obama e McCain non vogliono farlo. Nader e Gonzalez vogliono portare tutte le basi statunitensi fuori dall’Iraq. Clinton, Obama e McCain non vogliono farlo. Nader e Gonzalez vogliono tagliare il gonfiato e distruttivo bilancio miliare . Clinton, Obama e McCain non vogliono farlo. Clinton, Obama e McCain. Nader e Gonzalez. Come la notte e il giorno. la guerra e la pace. Che cosa c’è di meglio per fare ammenda, in questo quinto anniversario?  Lavorare per la pace. Unirsi al treno della pace di Nader e Gonzalez  […] Lavorate per la pace. Unitevi a Ralph Nader e Matt Gonzalez, che fin dall’inizio si sono opposti a questa guerra. e lavorate con i gruppi pacifisti in tutti il mondo per farla terminare…"

Questa è la mia traduzione italiana del testo dell’articolo – intitolato "Day and Night" – inserito mercoledì 19 marzo sul blog elettorale dei candidati ecopacifisti alla Presidenza ed alla Vice-Presidenza degli Stati Uniti d’America, Ralph Nader e Matt Gonzalez. Ho ritenuto importante, dato l’argomento, offrire un mio piccolo contributo alla causa di questi due coraggiosi leaders verdi statunitensi, postando questo breve commento, pubblicato sullo stesso sito (www.votenader.org):

" Caro Ralph, come vecchio attivista per la pace e l’ambiente e come appartenente al movimento verde italiano, sono completamente d’accordo con la vostra posizione sull’Iraq. Abbiamo bisogno di un autentico cambiamento nelle nostre politiche estere, a cominciare da un serio taglio delle spese militari, sia negli stati Uniti sia in Italia. Mi unisco idealmente al "treno della pace Nader/Gonzalez" e ti ringrazio per il tuo impegno per la pace e la giustizia.  Ermete Ferraro, Napoli (Italia)

 

 

 

“Milìteri cauntri “:

ad Aviano una falla all’oleodotto militare

                                         di ERMETE FERRARO

Nella nostra “biùtiful cauntri” può accadere che un intero territorio regionale sia diventato nel corso di 14 anni di gestione “straordinaria” una discarica di rifiuti, urbani e…interurbani.

Può anche capitare che sull’intero territorio nazionale sia stato consentito da decenni ai militari di esercitare una sorta di diritto di occupazione (detto "servitù militare), nei cui confronti nessuna normativa civile può porre limiti o esercitare reali controlli.

L’ultimo disastro ambientale conosciuto – perché di molti altri non trapela nulla… – è dovuto all’incidente che il 10 marzo scorso ha causato una grossa falla nell’oledotto militare che porta il kerosene dalla base militare di Camp Darby a quella di Aviano (Pordenone).

Pensate: il cosiddetto “Pol-Nato” parte da La Spezia, è lungo la bellezza di 1000 chilometri ed attraversa addirittura 6 regioni, 17 province e 136 comuni (fonte Min. Difesa). La gestione di questa specie di pericoloso serpente sotterraneo, pur controllata dalla stessa Difesa, è stata affidata ad una ditta italiana, la “Ig spa”, a sua volta controllata dalla multinazionale petrolifera francese “Tchnip”. Secondo il magistrato – precisa la Nuova Ecologia- vanno chiarite in particolare le cause del pesante ritardo con cui si è dato l’allarme, che si è ripercosso sull’avvio degli interventi per fronteggiare l’inquinamento.
I portavoce dei comitati No Dal Molin, contrari al raddoppio della base Usa a Vicenza, hanno esplicitamente parlato di disastro militare. «Questo disastro – affermano – è stato prodotto da un’installazione militare. Due fiumi gravemente inquinati, il terreno di ricarica della falda acquifera più grande del nord Italia imbevuto di kerosene, fauna e vegetazione minacciati dalla chiazza inquinante rilasciata dall’oleodotto…».Image44

C’è chi ha parlato di “attentato”, chi di incidente imprevedibile: quello che è certo è che siamo di fronte ad un ennesimo episodio in cui l’ambiente naturale – e la stessa sicurezza delle popolazioni locali – viene messa a repentaglio da un disastro di dimensioni ancora poco chiare, ma che richiederà centinaia di milioni di euro solo per valutare il danno.

La Campania, proprio come il Veneto, è sottoposta da decenni ad una vera militarizzazione del territorio, del mare e perfino dell’aria. Nella sola città di Napoli sono concentrati il Comando strategico per il sud-Europa della NATO ed il Comando Supremo Europeo della US Navy, per non parlare dei natanti nucleari che allietano spesso il nostro porto e  degli impianti e delle basi disseminati per la nostra Regione, ovviamente sottoposti a stretto segreto militare e sottratti ai controlli ambientali ordinari.

Di fronte a quest’assurda minaccia alla pace ed alla sicurezza ben poche voci si levano e quelle poche sono subito tacciate di allarmismo irresponsabile, se non di eco-terrorismo. Per i nostri politici, è chiaro, problemi e priorità sono ben altre e, soprattutto, non bisogna disturbare il manovratore né fargli troppe domande su dove ci sta portando.

Mi sembra un ottimo motivo per fare proprio il contrario, esercitando il diritto democratico a controllare chi pretende di governare in nostro nome. Ecco perché bisogna pretendere che chi ci chiede il voto sia molto chiaro ed esplicito su questi temi, assumendosi le proprie responsabilità e smettendola una buona volta di demonizzare ogni forma di dissenso.

 

 

 

 

 

SINISTRA ARCOBALENO: MA E’ LA SOMMA CHE FA IL TOTALE…?

di Ermete Ferraro

 

Non posso farci niente, ma leggendo i 14 punti del programma de "la Sinistra – l’Arcobaleno" mi si rafforza nella mente l’idea di un "cartello" elettorale più che di un’effettiva aggregazione, capace di far trasparire una visione comune dell’alternativa che si propone agli italiani. Per carità, nulla da eccepire alla sostanza dei punti programmatici (fatta eccezione per alcuni non identificabili con la mia identità e sensibilità di credente, che non ho mai considerato un abito da indossare o di cui spogliarmi quando mi fa comodo), piuttosto la semplice constatazione che presentare una proposta composita e multicolore è ben diverso dal proporre qualcosa i cui vari colori riescano davvero a fondersi in una luce comune.

Si rischia, in questo ultimo caso, di proporre un programma più "arlecchino" che "arcobaleno", che nasce dalla pura e semplice giustapposizione delle impostazioni e priorità di ciascuna componente della coalizione, facendo bene attenzione al peso elettorale di ciascuna e riservando a ciascun "colore" solo lo spazio spettante, come accade quando di giunge ad una sorta di compromesso o di accordo a tavolino tra soggetti che restano diversi, pur sentendosi comunque legati da un patto di collaborazione.  Attenzione, chi mi conosce sa bene quanto ci tengo alla "diversità culturale" di ogni persona e/o gruppo, che non si annulla certo quando l’una o l’altro decidono di cercarsi dei "compagni di strada". Il fatto è che non penso che questo stare insieme debba ridursi a ciò che, col linguaggio aziendalista di moda, potremmo chiamare una joint venture. E questo per la semplice ragione, pratica oltre che etica, che una coalizione di questo tipo non riuscirebbe ad essere molto credibile né riuscirebbe ad attirare consensi tra chi cerca qualcosa di veramente nuovo ed alternativo, per uscire dall’apatia e dallo sconforto provocati da una politica sempre più alla deriva.

Ripeto, non si tratta di essere o meno d’accordo con l’uno o l’altro aspetto del programma: non si tratta dei dieci comandamenti e nessuno è tenuto a condividere ogni affermazione allo stesso modo e con la stessa convinzione. Il vero problema è che – come vado ripetendo da un bel po’ di tempo, ma con scarso successo – la semplice sommatoria di istanze civili, sociali, ambientali e di pace non costituisce un vero e proprio "programma costruttivo" – per citare Gandhi – perché solo una comunanza d’intenti ed una reale integrazione delle proposte può dar luogo ad un soggetto politico davvero alternativo. Già se si considera il solo aspetto del collegamento tra battaglie pacifiste ed ecologiste, il fatto di metterle insieme non dà necessariamente origine ad una proposta autenticamente "ecopacifista". Essa, infatti, può nascere dall’individuazione di una matrice comune – ad esempio, l’idea di sfruttamento e di colonizzazione – che da qualche millennio ha reso l’uomo violento verso la natura almeno quanto lo è stato verso i suoi simili. Non ne parliamo, poi, se a questa dimensione ci si limita ad addizionare quella della lotta per la giustizia sociale (propria della sinistra storica) oppure le istanze libertarie dei movimenti per i diritti civili. Non è sempre vero che, per citare Totò, "è la somma che fa il totale", almeno nel senso che una pura logica combinatoria di elementi diversi non è sufficiente a dare un risultato complessivo soddisfacente.

cuorearcobalenoSe manca il collante di un modello di sviluppo profondamente diverso, che abbia il coraggio di parlare di "decrescita"; se non si vuole proporre un tipo di convivenza civile che sappia puntare più sulla "comunità" che sulla "società"; se si continua a depurare ipocritamente il pacifismo della componente antimilitarista, per non sfidare apertamente il complesso militare-industriale con una strategia di difesa civile e di resistenza nonviolenta; se la tutela dei diritti individuali perpetua il mito illuminista di un liberalismo che sa diventare libertario, ma rifugge inorridito da ogni limite etico e da una vera solidarietà; se, insomma, ci si limitasse a far convivere in un programma elettorale istanze che non prefigurino una visione globale altra ed un modo differente di fare politica, beh, possiamo pure appoggiare e votare questa coalizione, ma corriamo il rischio di scontare, prima o poi, le riserve mentali di ciascuno e la mancanza di un’effettiva unità.

E’ un po’ brutto mettersi a fare dei conti, ma se di somma si deve trattare forse non è poi tanto secondario soffermarsi su alcune valutazioni e considerazioni. Ai diritti dei lavoratori sono stati dedicati 3 punti su 14 (sicurezza, lotta alla precarietà, salari fisco e redistribuzione del reddito); altri 2 punti si occupano dei diritti civili (laicità ed autodeterminazione femminile); seguono poi altri 3 aspetti tipicamente ‘verdi’ (pace e disarmo, patto per il clima, investimenti per il risanamento ambientale). Alle tematiche sociali care alla Sinistra (servizi sociali e sanitari, diritto alla casa, inclusione degli stranieri, investimenti sulla formazione, difesa della democrazia e tutela del diritto all’informazione) sono dedicati i rimanenti 6 punti, che vanno a sommarsi ai primi 3. Risultato? Nove + tre + due = quattordici: un totale che somma le varie istanze, dosando gli ingredienti della coalizione, ma non offre una chiave di lettura comune che consenta d’inserirle in un progetto unitario di società.

Basterebbe leggersi il testo della fondamentale "Carta della Terra" per avere un’idea concreta e precisa di ciò che significa non limitarsi a sommare dei punti, ma cercare una logica alternativa a quella da cui ci lasciamo portare avanti per inerzia. In quel documento si parla di scelte, di radicali modifiche, di responsabilità universale, di rapporto tra locale e globale, di rispetto dell’integrità ecologica e di sviluppo equo e solidale. Certo, si parla anche di diritti, ma non si tacciono i valori e non ci si vergogna di usare parole come rispetto, armonia, nonviolenza, celebrazione della vita. Come ecopacifista, infine, lasciatemi dire che i 3 punti riservati al ‘verde’ in questo arcobaleno non solo sono pochi, ma neppure tanto incisivi. Parlare solo di disarmo nucleare, di tagli alle spese per armamenti e di riconversione civile, infatti, non basta a configurare un’alternativa nonviolenta credibile né ad escludere presenti e futuri coinvolgimenti dell’Italia in vecchi e nuovi scenari di guerra. Rifiutare l’energia nucleare, riproponendo fonti rinnovabili e pulite, ripubblicizzare i servizi idrici e combattere i reati ambientali è sì una valida proposta di priorità, ma non affronta il nodo di un modello di sviluppo energivoro e predatorio, né gli contrappone un’alternativa a livello di produzione e di consumo. E’ giusto, infine, rifiutare la logica delle ‘grandi opere’ in nome degli investimenti per il trasporto pubblico, la raccolta differenziata dei rifiuti ed altre pratiche virtuose ed ecologiche, ma non mi pare che si cerchi di andare oltre le priorità, per configurare il volto di un Paese e di un territorio dove si scelga di vivere con ritmi e modalità alternative, badando all’essenziale e bandendo il consumismo e la frenesia di uno sviluppo malato di "crescita".

Ma forse mi sbaglio e il programma diffuso dai media e sugli stessi siti della Sinistra Arcobaleno, per amore di sintesi, ha omesso un’introduzione più ampia e generale. Forse c’è ancora tempo per evitare che i vari colori di questo arcobaleno lascino intravedere le cuciture un po’ affrettate che li tengono insieme. Forse il dibattito è appena iniziato e non c’è nessuna intenzione di soffocarlo, anche a costo di far nascere prematura ed un po’ squilibrata questa nuova creatura. Sinceramente lo spero, anche se l’assenza dal dibattito di alcuni nomi storici che hanno segnato in Italia il cammino di una coalizione rosso-verde non mi sembra un segnale molto positivo. Staremo a vedere ma, intanto, come primo gesto concreto di unione, prima che sia troppo tardi per farlo, battezziamo in modo meno ambiguo questa creatura, levando quei due orribili e cacofonici articoli (la Sinistra e l’ Arcobaleno) che stanno lì quasi a sottolineare che si tratta di una somma che non riesce a farsi totale…