Europa con l’elemetto e il nucleare? No, grazie! (2)

Sull’Europa sta spirando un crescente vento di guerra, che si manifesta in modo eclatante nelle esternazioni dei vertici della U.E., ma meno clamorosamente nelle ‘grandi manovre’ nel campo della difesa comune ed in altri ambiti strategici, in vista dell’aspra battaglia per le prossime elezioni del Parlamento europeo. Recentemente, infatti, sono risuonate le allarmanti dichiarazioni della Presidente della Commissione von der Leyen e del Presidente del Consiglio Michel sulla necessità di preparare la guerra per garantire la pace e, in ogni caso, di predisporci comunque ad una “economia di guerra”. Gli ha fatto eco Weber, Presidente del Partito Popolare Europeo, precisando però che: “rafforzare la difesa europea non è in contraddizione col dire che rafforzare le NATO è un pilastro per l’UE”.

E in effetti quel ‘pilastro’, piantato nel cuore del vecchio continente giusto 75 anni fa, non sembra affatto in discussione, anche se l’eventuale rielezione di Trump alla presidenza USA sta mettendo in agitazione i più fedeli soci dell’Alleanza Atlantica – tra cui l’Italia – motivando l’escalation militarista dell’U.E. Per adesso, però, l’esortazione di fondo resta quella sintetizzata dalla formula un po’ mercantile della von der Leyen “spendere meglio, insieme e in modo europeo”, sostanziata in una proposta legislativa (EDIP) che amplia la produzione di munizioni e l’acquisizione di armamenti, confermando in salsa ‘comunitaria’ il preponderante ruolo del complesso militar-industriale.

«Gli Stati membri sono invitati a: procurarsi almeno il 40% delle attrezzature di difesa in modo collaborativo entro il 2030; garantire che, entro il 2030, il valore del commercio della difesa intra-UE rappresenti almeno il 35% del valore del mercato della difesa dell’UE; compiere progressi costanti verso l’acquisizione di almeno il 50% del bilancio per gli appalti della difesa all’interno dell’UE entro il 2030 e del 60% entro il 2035». [1]

Lo sventolare di bandiere ucraine nelle sedi della U.E. e gli appelli al riarmo per difendere la “libertà in gioco” sono dunque solo la foglia di fico che cela maldestramente gli interessi economici dell’industria bellica. Come ci ricordava un articolo di ‘Avvenire’:

«L’escalation in corso – dall’Ucraina a Gaza – ha portato a livelli record la spesa militare: 2.240 miliardi di dollari nel 2022, l’ultimo con rilevazioni ufficiali – i profitti dei colossi delle armi. Per la prima volta, gli investimenti europei hanno superato quelli dei tempi della Guerra fredda». [2]

In un’ottica ecopacifista, inoltre, non sfugge che questa irresponsabile corsa agli armamenti procede di pari passo col tentativo d’un parallelo smantellamento del cosiddetto Green Deal europeo, un pacchetto d’iniziative finalizzato ad avviare l’U.E. verso una transizione verde, per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Un obiettivo largamente cancellato non solo dalla destra, ma anche dalla maggioranza attuale di quel Parlamento.

«Proprio mentre l’Unione europea rinnega le misure principali del Green Deal, boicottato dal Ppe della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, l’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) mette in guardia: “L’Europa è il continente che sta registrando i più rapidi aumenti delle temperature al mondo”. E parla di “interventi urgenti” per evitare che alcuni rischi raggiungano livelli “catastrofici”». [3]

Ma l’invasione di Bruxelles da parte dei trattori agricoli sembra aver spaventato i vertici europei più di quella dei carrarmati russi. Eppre le possibili guerre per l’acqua – in assenza di interventi urgenti sulla crisi climatica – potrebbero rivelarsi devastanti quanto i conflitti armati. Ecco perché 3300 scienziati europei hanno sottoscritto un documento contro le infondate critiche alla Nature Restoration Law, al regolamento sull’uso sostenibile (SUR) ed alla legge sul ripristino della natura (NRL).

Anche in materia di fonti energetiche, i vertici dell’U.E. continuano a spingere in favore dell’inserimento del nucleare tra quelle considerate ‘green’, ritornando sulla decisione contraria precedentemente assunta. Benché si tratti di un tema tuttora divisivo, nello scorso marzo i leader mondiali si sono riuniti a Bruxelles per il primo vertice sull’energia nucleare. Cogliendo al volo l’invito della COP28 di Dubai, hanno provato quindi a riproporre l’uso pacifico ed ‘alternativo’ dell’energia nucleare, sebbene:

«…il nuovo rapporto …dell’Ufficio Europeo dello Ambiente dimostra e argomenta in modo chiaro che per decarbonizzare l’Europa non serve né nuovo nucleare né prolungare oltre misura la vita degli impianti esistenti perché le energie rinnovabili, il risparmio energetico e le opzioni di flessibilità possano efficacemente sostituire l’energia nucleare nel mix energetico dell’UE ». [4]

Sembra chiaro allora che militarismo guerrafondaio e lobbies nucleariste stanno marciando unite sull’Europa. Cerchiamo di non dimenticarlo quando si voterà a giugno!


NOTE

[1] E.C. Press Release, March 5,2024 > https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/IP_24_1321

[2] https://www.avvenire.it/attualita/pagine/il-profitto-delle-guerre-editoriale

[3]https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/03/12/mentre-lue-rinnega-il-green-deal-lagenzia-europea-dellambiente-certifica-il-disastro-qui-la-temperatura-cresce-piu-che-nel-resto- del-mondo-ora-politiche-forti/7476270/

[4]https://www.wwf.it/pandanews/clima/leuropa-non-ha-bisogno-del-nucleare/

Europa e il toro scatenato (1)

C’è qualcosa di sorprendente, spesso di paradossale, nella scoperta del significato originario delle parole, grazie all’approfondimento della loro etimologia. Prendiamo ad esempio un nome familiare e sempre più mediaticamente ricorrente in questi giorni. Infatti, diciamo ‘Europa’ e pensiamo ad una comunità economica, semmai al parlamento e agli organi esecutivi di quel soggetto politico federale. Un’entità che in teoria dovrebbe corrispondere ad un contesto socio-culturale omogeneo, sebbene tale aspetto sia difficilmente riscontrabile da quando dell’U.E. sono entrate a far parte stati appartenenti all’area baltica, scandinava e slava. Ciò nonostante quando nominiamo l’Europa continuiamo a raffigurarci una confederazione ‘occidentale’ (benché non corrisponda più al vero), atlantica (ma più che altro atlantista) ed ancorata ad una tradizione storica ‘carolingia’ (quindi continentale e sempre meno ‘mediterranea’).

Eppure il paradosso è già nella sua stessa denominazione. Infatti, a chiamarsi Europa, secondo Erodoto, sarebbe stata una giovane principessa fenicia concupita da Zeus che, presentatosi a lei in forma di toro, l’avrebbe rapita e portata a Creta, dando origine alla civiltà minoica. Alla base della tradizione occidentale – e del nome della confederazione che se ne ritiene erede – ci sarebbe dunque… una fenicia, una ragazza cananea (Kan’anim, era il nome originale di quel popolo), pertanto semitica e mediterranea. Benché si tratti solo di un mito, è evidente quanto ciò strida con la visione politica dell’Europa attuale: da sempre filo-atlantica, schierata in favore di Israele e poco sensibile alla tragedia dei Cananei di oggi, cioè i Libanesi, i Siriani ed i Palestinesi.

Nel mitologico rapimento della poveraEuropa da parte del ‘toro scatenato’ Zeus non è difficile leggere un violento processo di occidentalizzazione ed asservimento dei popoli semitici. La stessa furia egemonica che si manifestò in seguito nelle guerre dei Romani contro la potenza navale punico-fenicia nel Mediterraneo. In fondo, la stessa logica geostrategica dell’egemonia militare della NATO nell’area mediterranea, nord africana, balcanica e mediorientale, il cui caposaldo è il Joint Force Command (JFC) che ha sede a Napoli. Tutto ciò, ovviamente, in nome della ‘difesa’ dall’invadenza islamica a sud e russa a est, e sotto la nobile dichiarazione di voler “preservare la pace, la sicurezza e l’integrità territoriale degli Stati membri dell’Alleanza[1].

Ma se la logica imperialista della NATO è evidente, molto meno scontato sarebbe il ruolo subalterno che la nostra non più giovane Europa (forse ancora traumatizzata dal simbolico ‘ratto’ da parte del toro scatenato USA…) si è data non da ora sul piano internazionale. L’illusione di una politica estera autonoma dell’U.E. e di una ‘difesa europea’ alternativa all’Alleanza Atlantica, in effetti, è svanita molto presto. Non solo il giogo indefettibile della nostra appartenenza alla NATO non è mai stato messo in discussione, ma anzi, come si legge sul sito del Consiglio Europeo: “In questo momento critico per la sicurezza euro-atlantica, il partenariato strategico UE-NATO è più solido e pertinente che mai.” [2]. Si continua allora a discutere della ‘difesa comune europea’, ma esclusivamente in chiave aggiuntiva e non sostitutiva dei già onerosi impegni economici assunti dagli stati ‘atlantisti’. Si parla poi sempre più di ‘cooperazione strutturata permanente’ (PESCO [3]), avviata nel 2017 e da 20 anni operativa attraverso l’Agenzia Europea per la Difesa (EDA), ma non certo in chiave anti o extra NATO. Il suo obiettivo, infatti, è stato così esplicitato: “… pur non creando un esercito dell’UE, l’UE può aiutare i suoi membri a comprare, sviluppare e gestire insieme nuove risorse. Ciò aiuta a risparmiare denaro, consente ai militari di lavorare insieme a stretto contatto e rafforza la NATO”.[4]

Ecco dei dati assai illuminanti:

La spesa militare aggregata dell’UE e dei Paesi europei della NATO ha raggiunto i 346 miliardi di dollari nel 2022, con un aumento dell’1,9% in termini reali rispetto al 2021 e del 29,4% rispetto al punto di minimo del 2014. È quasi quattro volte la spesa della Russia e l’1,65% del PIL totale”. [5]  Si tratta di una situazione già preoccupante, eppure c’è chi vuol  andare oltre in quest’assurda logica militarista e bellicista. Alla recentementeapprovata missione navale UE nel Mar Rosso (denominata non a caso ‘Aspide’…) prenderà parte anche l’Italia, con una ulteriore ed allarmante escalation militare da parte di questa Europa, sempre più…antifenicia, nonostante il proprio evocativo nome.

(*) Pubblicato su “NUOVA VERDE AMBIENTE” – 1/2024, p. 33

NOTE


[1] JFCNP, “Our Mission”, https://jfcnaples.nato.int/

[2] Consiglio dell’U.E., “Cooperazione UE-NATO”, https://www.consilium.europa.eu/it/policies/defence-security/eu-nato-cooperation/

[3] Cfr. https://www.eeas.europa.eu/eeas/permanent-structured-cooperation-pesco-factsheet-0_en

[4] Cfr. https://eda.europa.eu/what-we-do/eda-in-short

[5] RIPD,” La spesa militare europea è nell’interesse dell’umanità?”, https://retepacedisarmo.org/spese-militari/2023/la-spesa-militare-europea-e-nellinteresse-dellumanita/#:~:text=La%20spesa%20militare%20aggregata%20dell,%2C65%25%20del%20PIL%20totale.