UN SITO PER LA CLASSE

logo_homePER COMUNICARE CON I MIEI ALUNNI DELLA SCUOLA MEDIA – ED IN PARTICOLARE CON QUELLI DELLA CLASSE 2^ D – HO DATO VITA DA ALCUNI GIORNI AD UN SITO "AD HOC", OSPITATO DAL PROVIDER "WEEBLY.COM" . AL SUO INTERNO, I MIEI RAGAZZI POSSONO TROVARE UNA PAGINA DI ACCOGLIENZA, CON UN MESSAGGIO, UNA BIOGRAFIA ED IL PROGRAMMA DI LETTERE; UNA PAGINA PER RACCOGLIERE LE LEZIONI ED I RELATIVI COMPITI PER CASA; UNA TERZA PAGINA CHE OSPITA GLI ELABORATI DEGLI ALUNNI-E E, INFINE, UN BLOG DAL TITOLO "SCRIVIAMOCI.IT",

QUESTO NUOVO WEBSITE L’HO CHIAMATO "SCHOOLBOOK" E PER RAGGIUNGERLO BASTA SEGUIRE L’INDIRIZZO : http://ermeteferraro.weebly.com . LA MIA SPERANZA E’ CHE QUESTO NUOVO MODO DI COMUNICARE CON I RAGAZZI DELLA MIA CLASSE RIESCA A RENDERLI PIU’ PARTECIPI ED ATTIVI, MIGLIORANDO L’INTERSCAMBIO ANCHE CON LE LORO FAMIGLIE.

<<SE VUOI COLTIVARE LA PACE, RISPETTA IL CREATO>>

Anche quest’anno, il Papa ci ha fatto regalo della sua saggia e profonda analisi sullo stretto rapporto intercorrente fra pace, ambiente e giustizia. Il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata della Pace 2010 – il cui titolo è citato nell’intestazione – ribadisce infatti la particolare attenzione di questo Pontefice a quell’ecologia sociale che è anche, di fatto, impegno attivo per la pace, come già avevano affermato Giovanni Paolo II ed i suoi predecessori post-conciliari. Questo è tanto più vero, spiega il Papa, perché: "Se, infatti, a causa della crudeltà dell’uomo sull’uomo, numerose sono le minacce che incombono sulla pace e sull’autentico sviluppo umano integrale – guerre, conflitti internazionali e regionali, atti terroristici e violazioni dei diritti umani –, non meno preoccupanti sono le minacce originate dalla noncuranza – se non addirittura dall’abuso – nei confronti della terra e dei beni naturali che Dio ha elargito."

L’analisi non è puramente teorica, ma è seguita da indicazioni non nuove nel Magistero della Chiesa, ma particolarmente precise e concrete: "Saggio è, pertanto, operare una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, nonché riflettere sul senso dell’economia e dei suoi fini, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni. Lo esige lo stato di salute ecologica del pianeta; lo richiede anche e soprattutto la crisi culturale e morale dell’uomo, i cui sintomi sono da tempo evidenti in ogni parte del mondo…" […] La crisi ecologica, dunque, offre una storica opportunità per elaborare una risposta collettiva volta a convertire il modello di sviluppo globale in una direzione più rispettosa nei confronti del creato e di uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori propri della carità nella verità. Auspico, pertanto, l’adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralità dell’essere umano, sulla promozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, sulla consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita e sulla prudenza, virtù che indica gli atti da compiere oggi, in previsione di ciò che può accadere domani […] La questione ecologica non va affrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il degrado ambientale profila all’orizzonte; a motivarla deve essere soprattutto la ricerca di un’autentica solidarietà a dimensione mondiale, ispirata dai valori della carità, della giustizia e del bene comune."

Convertire non singole persone, bensì il modello di sviluppo globale, costituisce un richiamo costante e pressante di questo Papa, che non perde occasione per ribadire che la centralità dell’essere umano non va considerata come un geloso privilegio bensì come servizio e responsabilità. Mi è molto piaciuta anche l’osservazione seguente, che leva all’impegno ambientalista l’alone catastrofista e quasi jettatorio che gli viene di solito attribuito, per superare la molla egoistica della paura con uno spirito solidarista e collettivo, tipico di chi si occupa del "bene comune".

Come osservava acutamente Umberto Eco in un suo famoso saggio di molti anni fa, l’alternativa sembra ridursi alla scelta fra le ragioni degli "apocalittici" o quelle degli "integrati". Ma solo sul terrore non si costruisce nulla. Per costruire serve la speranza in un cambiamento che sia frutto delle nostre scelte quotidiane e personali, ma riesca al tempo stesso a diventare trasformazione dal basso della comunità. Quello che è certo è che bisogna smetterla di pensare che si possa difendere la pace e l’ambiente restando sempre uguali a se stessi, per paura che una radicalità eccessiva nel cambiamento possa mettere in discussione i nostri arrugginiti equilibri o le nostre testarde certezze, come quella che la tecnologia sia capace di porre rimedio a tutti i guai che ha provocato.

"Si rende ormai indispensabile un effettivo cambiamento di mentalità che induca tutti ad adottare nuovi stili di vita «nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti» Sempre più si deve educare a costruire la pace a partire dalle scelte di ampio raggio a livello personale, familiare, comunitario e politico. Tutti siamo responsabili della protezione e della cura del creato. Tale responsabilità non conosce frontiere. […] Il degrado della natura è, infatti, strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana, per cui «quando l’«ecologia umana» è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio».

A questa "metanoia" profonda i Cristiani non possono e non devono sottrarsi, anche se è evidente che all’esplicito e ripetuto richiamo per una "ecologia della pace" da parte del Pontefice la stessa Chiesa stenta, purtroppo, ad uniformarsi davvero, intensificando una pastorale ambientale effettiva e diffusa sui vari territori diocesani. C’è un evidente dislivello fra la consapevolezza teorica e l’autorevolezza teologica delle dichiarazioni ufficiali della Chiesa ed una realtà che vede invece troppi cristiani fermi ad una visione banalmente antropocentrica e spesso molto lontani da una coscienza autenticamente ecologista e pacifista.

Il mio augurio per questo 2010 che è iniziato, allora, è che riflessioni come quella che ancora una volta il Papa ha voluto proporci in occasione della "Giornata della Pace" non restino lettera morta, ma producano davvero frutti abbondanti e significativi Questo accadrà solo ponendo al primo posto l’impegno dei credenti per la nonviolenza evangelica e per la salvaguardia del creato dalla sua creatura più perfetta, ma che per la sua avidità e sete di dominio, sta rischiando di comprometterne la prodigiosa varietà e ricchezza e di autodistruggersi.

La Chiesa – ce lo ha ricordato Benedetto XVI – ha in questo processo di maturazione delle coscienze una responsabilità molto grave. Dio non voglia che che non sappia dare per prima l’esempio di questo "effettivo cambio di mentalità" o che appaia tiepida nel testimoniare la centralità di questo cambiamento, che la riporterebbe ai valori evangelici della sobrietà, della mansuetudine, della giustizia e della pace.

(c) 2010 Ermete Ferraro

 

DA ‘FORTAPASC’ ALLA CITTA’ INCLUSIVA

 
A Napoli, tra le iniziative promosse in vista del Forum Universale delle Culture – che vi si svolgerà nel 2013 – si è tenuto, ieri ed oggi, il primo Workshop internazionale sul “World Cities Management”, in particolare sul tema “La città inclusiva”.   L’importante confronto fra amministratori locali provenienti da tutte le parti del mondo, dedicato a “riflessioni e proposte sui processi d’inclusione e d’esclusione sociale nelle città”, si è articolato in tre sessioni:                      1) Città: vecchie e nuove povertà; 2) Welfare locale: inclusione, strategie e management;                  3) Globalizzazione, flussi migratori: la memoria del futuro.
Purtroppo non ho potuto partecipare se non alla prima sessione, essendomi impegnato con una delle mie figlie ad accompagnarla con le sue amiche ad un concerto a Caserta, dove, per trascorrere quelle lunghe ore, ho bighellonato con mia moglie per la città e per il “Real sito di San Leucio”. Poi abbiamo deciso di andare al cinema e la scelta è caduta su “Fortapàsc”, il bellissimo film di Marco Risi che ricorda la drammatica vicenda dell’omicidio del giornalista Giancarlo Siani, nel 1985, per mano di quella camorra che egli aveva avuto la colpa di rappresentare nel suo trionfalistico quanto rozzo attacco quotidiano alla legalità. Un ‘sistema’ che condannava la città al degrado morale, al sottosviluppo economico ed alla corruzione politica.     La Torre Annunziata evocata dal film assomiglia a tante altre realtà urbane del Sud, grandi e piccole, mortificate dalla peggiore forma di potere, che non lascia spazio alla dignità, alla libertà e alla giustizia, ma pretende supina accettazione delle sporche regole di chi si pone come antistato.
Ebbene, tornando col pensiero al forum del mattino sulla città “inclusiva”, mi sono venuti alla mente i suoi valori di riferimento, sintetizzati nella “Carta di Lipsia” del 2007 sulle “città europee sostenibili”. In quel documento si parlava di: sviluppo urbano integrato, creazione di spazi pubblici di qualità, modernizzazione delle infrastrutture e miglioramento dell’efficienza energetica, politiche attive nel campo dell’istruzione, attenzione ai quartieri urbani degradati, strategie per migliorare l’ambiente fisico, potenziamento dell’economia locale, politiche proattive per bambini e giovani ed efficienza dei trasporti urbani. Bellissimi concetti, ma quanto di essi riscontriamo nelle nostre realtà urbane?  Purtroppo ben poco, e questo spiega perché diventa sempre più difficile vivere in città che non soltanto sono poco sostenibili sul piano ambientale, ma appaiono la sintesi di tutte le contraddizioni di un modello di sviluppo assurdo ed iniquo.
Altro che “inclusione” ! La drammatica verità è che nostra realtà tende ad escludere sempre di più e sempre più persone, rendendo stridente il contrasto fra vecchi e nuove povertà ed uno spreco vistoso ed insopportabile di risorse; fra incapacità di gestire la propria stessa esistenza ed arroganza del potere.
 D’altra parte, dalla terminologia utilizzata nella Carta di Lipsia (sviluppo, modernizzazione, miglioramento, potenziamento, efficienza…) traspare una visione un po’ ambigua, che alterna obiettivi qualitativi ad aspetti meramente quantitativi, tipici del nostro modello assurdamente lineare di sviluppo, inteso come “crescita”. Ma a chi vive nelle nostre città non serve avere “di più” quanto stare “meglio”; non tanto diventare maggiormente “efficienti” e “moderni”, quanto riprendere in mano il proprio futuro ed essere davvero cittadini anziché sudditi. La camorra e le altre mafie trovano non a caso il loro spazio vitale nelle comunità più degradate, nei comuni peggio amministrati, nelle realtà dove ancora non esistono veri diritti, ma privilegi e favori.
“Fortapàsc”, allora, non è solo la città ottusamente chiusa in se stessa, senza regole e che tende ad alzare muri per difendersi dal cambiamento e dalla contaminazione esterna. Credo che sia ogni comunità dove il potere è cristallizzato, come i rapporti economici e sociali; dove la solidarietà è selettiva e familisticamente amorale, ma non sa aprirsi agli “altri” e ai “diversi”, cui reagisce con diffidenza ed ostilità. La “città inclusiva”, al contrario, dovrebbe abbattere i bastioni del fortino dentro il quale relazioni ingiuste si consolidano e si giustificano, lasciando marcire le ingiustizie per reclutare disperati e sbandati a nuove imprese criminali. La “città inclusiva” dovrebbe essere una comunità che, pur non rinunciando alla propria identità socio-culturale, sa entrare in una dimensione più ampia, che non può però essere confusa con l’attuale processo pervasivo di globalizzazione forzata, cioè di omologazione al modello dominante.
Ecco: inclusione come interazione positiva e creativa con gli altri, per non escluderli ma anche perché sono delle straordinarie risorse per una comunità più giusta e più pacifica.

 gaza massacre                                                                                                                                                

Leggo e ripropongo il post di  Raqqash il ottobre 20, 2007 18:45

NO al DDL che trasforma la libera espressione della rete
 in testate giornalistiche.


I siti e i blog sono libera espressione democratica non paragonabile alle testate giornalistiche registrate al Registro Operatori Comunicazione che devono osservare l’apposita legge sulla stampa.

Il disegno di legge è stato approvato in Consiglio dei ministri il 12 ottobre.
Nessun ministro si è dissociato.

La legge Levi-Prodi prevede che chiunque abbia un blog o un sito debba registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni, produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro.

Chiediamo al Consiglio dei Ministri di ritirare il DDL che imporrebbe l’iscrizione al ROC anche dei semplici blog.


Mi raccomando di far girare il più possibile questo messaggio e di pubblicarne il testo sui vostri siti o blog.
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