UNA GRAMMATICA DELLA PACE PER COMUNICARE SENZA VIOLENZA

di Ermete FERRARO (*) e Anna DE PASQUALE (**)

1. Premessa

20180216_135503 (1)Un corso di formazione-aggiornamento per docenti sull’educazione alla pace è un’occasione preziosa per riflettere su contenuti e metodi di un approccio educativo ispirato ai valori della nonviolenza, ma consente anche di entrare nel merito di una didattica alternativa a quella che ci viene proposta in modo perentorio da un’istituzione scolastica sempre più improntata alla logica aziendalista dell’efficienza e del merito.

Il nostro intervento, previsto in apertura del Corso promosso dal Comune di Monteleone di Puglia, in collaborazione col Centro Gandhi onlus di Pisa, il XXVII C.D. di Bari-Palese ed il progetto UNESCO dell’I.C. di Accadia Anzano Monteleone e Sant’Agata, ha cercato di portare un contributo di idee e di esperienze su un terreno fondamentale per qualsiasi attività formativa. La comunicazione, infatti, è al tempo stesso il medium del processo educativo ed il suo contenuto più basilare. Parlare di pace richiede di per sé quindi non solo una chiara individuazione dei temi e problemi connessi ad un approccio nonviolento ai conflitti, ma implica una modalità comunicativa adeguata, cioè coerente con questa finalità e pertanto dialogica e costruttiva.

Dopo una premessa sul significato di una autentica educazione alla e per la pace (chiarendone obiettivi e competenze basilari)  il nostro contributo si è articolato in due momenti. Il primo – agevolato da una presentazione in PowerPoint – ha provato a sintetizzare una proposta educativa che utilizzasse tre possibili approcci metodologici alla comunicazione senza violenza, illustrandone le specificità ma individuando anche gli elementi in comune e, quindi, la possibilità di avvalersi congiuntamente di essi nel proprio percorso didattico. Un percorso che, ovviamente, riguarda in primo luogo gli insegnanti di materie letterarie, senza però escludere i docenti di altre discipline, nella misura in cui qualsiasi proposta didattica è fondata sulla relazione con i discenti e si avvale comunque di una comunicazione linguistica, verbale e non verbale.

La seconda fase è stata quella del confronto con i corsisti, rispondendo ai loro quesiti e dubbi ed approfondendo alcuni aspetti della proposta, a partire dalla creazione nel gruppo-classe di un clima interattivo sul piano logico e dialogico ed empatico su quello relazionale (***).

2. Educare alla pace: 5 obiettivi, 7 competenze e 6 percorsi

Con l’espressione educazione alla/per la pace (peace education) indichiamo un processo formativo  incentrato sull’analisi dei conflitti e la ricerca, sperimentazione e divulgazione delle modalità teoriche ed operative per risolverli   in modo costruttivo e nonviolento. [i]

  • L’educazione per la pace è orientata agli esiti del processo formativo, ossia alla realizzazione di comportamenti individuali e di gruppo che consentano un progressivo superamento della violenza nei rapporti, dal micro al macro
  • L’educazione alla pace si occupa in primo luogo della formazione ad una cultura pacifica alternativa, intesa come un insieme coerente di conoscenze e tecniche specifiche e come repertorio di tematiche e spunti per un lavoro educativo che si proponga il superamento della distruttività dei conflitti.
  • La pace nella educazione­ è un processo di miglioramento delle interrelazioni in ambito specificamente educativo, all’interno d’un cambiamento delle strutture socio-­educative (Magnus Haavelsrud).

NONVIOLENZACiò premesso, il discorso non può che focalizzarsi sugli obiettivi di tale processo formativo, a prescindere dal taglio che si imprima ad esso. Infatti, se è vero che “la pace si insegna e si impara”, a nostro avviso bisognerebbe prioritariamente insegnare ai bambini che:

  • le situazioni possono essere cambiate;
  • conflitti non vanno esorcizzati, ma affrontati in modo giusto e costruttivo;
  • pregiudizio, diffidenza, paura e ostilità vanno scoperti e combattuti nelle varie situazioni  e relazioni, perché sono fonte di ingiustizie e di violenze;
  • l’aggressività è un’energia che può anche avere aspetti positivi, ma va sempre controllata responsabilmente, per evitare che sfoci nella violenza e provochi conflitti distruttivi;
  • le “regole del gioco”della convivenza civile sono il primo terreno sul quale far crescere, giorno dopo giorno, persone mature, autonome ma anche solidali.

Una volta declinati questi cinque obiettivi  – con particolare riferimento al superamento del luogo comune secondo il quale educare alla pace significherebbe insegnare ai propri allievi come ‘evitare’ i conflitti o come sublimarli in modo più o meno ipocrita – il discorso si sposta quindi sulle sette competenze che tale approccio educativo dovrebbe prioritariamente sviluppare in loro.

  • ricercare ed attuare soluzioni per risolvere i conflitti;
  • evitare le situazioni a rischio;
  • demistificare le soluzioni violente proposte dai media;
  • resistere ai condizionamenti di coetanei e adulti a fare ricorso a comportamenti violenti;
  • saper trovare le opportune mediazioni nelle situazioni di conflitto;
  • contrastare ogni genere di pregiudizi con l’accettazione e l’apprezzamento  della diversità.
  • adottare modalità comunicative prive di violenza e sempre costruttive.

Individuate le situazioni conflittuali ed i moventi che spingono a risolverle troppo spesso secondo modalità improntate all’oppositività ed all’esclusione, risultando quindi ‘distruttive’, abbiamo cercato schematicamente di delineare percorsi formativi che perseguano finalità alternative:

  • incomprensione vs comunicazione nonviolenta
  • rifiuto della diversità vs gestione positiva delle differenze
  • separazione vs condivisione
  • diffidenza vs sviluppo di relazioni fiduciarie
  • competizione/prevaricazione vs cooperazione
  • rassegnazione alla violenza vs sperimentazione di alternative nonviolente
  • 3 . Educare ad un linguaggio sincero e pacifico

Nel 1984, sulla scorta dello storico ‘manifesto’ di Tullio De Mauro sull’educazione linguistica democratica, è stato pubblicato nei quaderni degli insegnanti nonviolenti l’opuscolo: Ermete (Hermes) Ferraro, “GRAMMATICA DI PACE: 8 tesi per l’educazione linguistica nonviolenta”. [ii]

Ebbene, dalla metà degli anni ’80 ad oggi i programmi/progetti di Educazione alla Pace (EP) hanno registrato un indubbio sviluppo ed una notevole diffusione anche in Italia, sul modello delle precedenti e più coordinate esperienze straniere. E’ spesso prevalso, però, un modello moralistico e meramente inter-personale, privo di un quadro di riferimento ideologico sul senso vero della nonviolenza.

Scarsa attenzione, inoltre, è stata riservata nel nostro Paese alla comunicazione ed all’educazione linguistica, sottovalutando il ruolo di un linguaggio violento nello sviluppo dei conflitti e, viceversa, nel loro superamento in chiave positiva e costruttiva. Ecco perché abbiamo deciso di dare spazio in questo Corso alla comunicazione nonviolenta, coniugando tre metodi per insegnare ai ragazzi/e che un linguaggio di pace è possibile e che la scuola può essere un’importante occasione per apprenderlo e sperimentarlo.

9561729_origLa mie Otto tesi per l’Educazione linguistica nonviolenta (ELN) cercavano di far luce su funzioni e disfunzioni del linguaggio umano, utilizzabile sia in positivo sia in negativo. Il percorso proposto si basava sulle tre principali funzioni del linguaggio: cognitiva sociale ed espressiva.

  • FINESTRE PER  SCOPRIRE  O  PERSIANE  PER  COPRIRE?

Comunicare significa scoprire ed il linguaggio serve ad affacciarsi sul mondo, per osservare e comprendere la realtà. Il guaio è che molto spesso le parole sono usate, al contrario, proprio per chiudere la finestra della comunicazione, per non far capire, e quindi per coprire la realtà.

–> L’ELN propone di riaprire questa finestra sul mondo, eliminando al massimo deformazioni, equivoci ed ostacoli alla comunicazione interpersonale e riaprendo il flusso di una comunicazione che, già etimologicamente, vuol dire mettere in comune con gli altri idee ed emozioni.

  • PONTI PER  UNIRE  O MURI  PER  DIVIDERE?

Comunicare significa usare il linguaggio come uno strumento di socializzazione, cioè per ‘mettere in comune’, per collegare le individualità  e per unire. Troppo spesso, però, le parole sono mattoni che, anziché  creare ponti, servono a costruire dei muri. La lingua viene usata quindi per  tagliare fuori gli altri, cioè per separare e dividere.

–>L’ELN propone perciò di educare i ragazzi ad usare le lingua come strumento di pace e come mezzo di scambio empatico. Il primo passo è renderli consapevoli della negatività di una comunicazione che sottolinei le diversità, presentandole come ostacoli e non come occasione  di reciproco arricchimento.

  • COLOMBE PER  FAR ESPRIMERE  O CIVETTE  PER  REPRIMERE?

Comunicare serve in primo luogo ad esprimersi, cioè a manifestare liberamente emozioni e idee, condividendole con gli altri. L’educazione tradizionale, invece, spesso abitua i ragazzi  a ‘travestire’ e ‘sublimare’ i loro pensieri e sentimenti, cioè  a fingere e simulare, comunque a reprimersi.

–> L’ELN propone di restituire alle parole la loro natura di specchio del pensiero, di espressione chiara e onesta dei sentimenti. La ‘colomba’ del linguaggio sincero e rispettoso deve sostituire la ‘civetta’ d’una comunicazione  falsa, ipocrita ed opportunista.

4. Promuovere una comunicazione empatica e nonviolenta

 La Comunicazione Nonviolenta (CNV) ® è un metodo psico-relazionale promosso già  negli anni ‘60 dallo psicologo statunitense Marshall B. Rosenberg  [iii] per liberare persone e gruppi dalla violenza e dalla paura che l’alimenta. Il fine perseguito è recuperare un rapporto comunicativo con gli altri che sia empatico, collaborativo, compassionevole – e quindi nonviolento. La CNV – definita anche ‘linguaggio di vita’ o ‘linguaggio-giraffa’ – incoraggia infatti l’osservazione non giudicante e l’espressione/comprensione reciproca di sentimenti, bisogni e richieste.

  • DISTINGUERE LE  OSSERVAZIONI  DALLE  VALUTAZIONI

Il primo obiettivo è imparare ad osservare (cioè leggere ciò che ci trasmettono i sensi) senza voler a tutti i costi valutare  e, soprattutto, senza mescolare impropriamente le osservazioni con le valutazioni. Quando questo succede, infatti, si provoca la reazione istintiva di chi si sente criticato che, di conseguenza oppone una istintiva resistenza come autodifesa della propria personalità.

–>La CNV scoraggia quindi ogni tipo di generalizzazioni, giudizi e tentativi d’incasellare la realtà dentro categorie rigide e prefissate, e promuove un’analisi oggettiva delle proprie sensazioni.

  • COMPRENDERE ED ESPRIMERE  I  SENTIMENTI

Il secondo passo è mettere le parole al servizio dell’espressione dei nostri sentimenti e della comprensione empatica di quelli degli altri. La paura, invece, ci spinge a esorcizzarli, a causa di un’educazione troppo spesso repressiva e colpevolizzante.

–>La CNV incoraggia la libera manifestazione dei sentimenti, superando timori, blocchi e sensi di colpa attraverso l’espressione autentica di quanto proviamo.

  • COGLIERE/ESPRIMERE I  BISOGNI  DIETRO  I  SENTIMENTI

downloadIl terzo passo è il superamento della nostra tendenza a biasimare ciò che non ci piace degli altri. Dovremmo concentrarci piuttosto sui nostri bisogni più profondi, che stanno alla base dei sentimenti che proviamo. Purtroppo molte persone provano difficoltà a riconoscere i propri bisogni, ragion per cui Rosenberg ne propone un ampio repertorio, elencando gli human needs fondamentali. Essi vanno da quelli fisiologici (fra cui l’esigenza di giocare…) a quelli relativi alla personalità: autonomia, indipendenza, integrità, comunione …  –

->La CNV propone di mettere da parte critiche, rimproveri ed aspettative verso gli altri, riscoprendo /esprimendo i veri bisogni .

  • COGLIERE ED ESPRIMERE LE RICHIESTE, EVITANDO LE PRETESE

L’ultimo passo – apparentemente il più facile – è imparare a fare richieste chiare ai propri interlocutori. Spesso, infatti, quelle da noi manifestate sono più che altro delle pretese. Di fronte ad esse, di conseguenza, gli interlocutori si trovano di fronte a due opzioni possibili: sottomettersi o ribellarsi. In entrambi i casi si realizza un potere sugli altri e non con gli altri. Altre richieste da evitare sono quelle generiche, ambigue o espresse in modo negativo.

–> La CNV propone quindi di stabilire una comunicazione empatica con gli altri, seguendo la ‘formula’: I SEE (vedo) /I FEEL  (sento-provo) I NEED (ho bisogno che…) / I’D LIKE (mi piacerebbe che tu…).                      

 

5 . Sviluppare una comunicazione ecologicamente rispettosa

La Comunicazione Ecologica (C.E.)  – proposta dallo psicoterapeuta  sistemico Jerome Liss  [iv] – è l’applicazione dei principi ecologici alle relazioni umane: coltivare le risorse di ogni persona, rispettare la diversità pur mantenendo una coesione globale, agendo per un obiettivo comune. E’ indispensabile ristabilire un equilibrio ecologico tra i bisogni individuali e la crescita della totalità. Va quindi facilitata nei gruppi una comunicazione democratica, cercando soluzioni alternative ai conflitti e superando le valutazioni negative con una “critica costruttiva“.

  • EVITARE DOGMATISMI E GIUDIZI RIGIDI

Il primo passo per una comunicazione costruttiva – pacifica ed ecologica – è evitare ogni forma di dogmatismo e di rigidità che alimenti i conflitti. Irrigidire e contrapporre le proprie posizioni è infatti un modo oggettivamente aggressivo per marcare posizioni più che per giungere ad un vero dialogo.

–> La C.E. insegna a ‘rispettare il territorio’ altrui, non calpestandolo aggressivamente, evitando di semplificare strumentalmente la realtà e di polarizzare le posizioni in maniera antitetica.

  • DISCUTERE PER VALORIZZARE LE DIVERSITÀ, NON PER RAGGIUNGERE IL CONSENSO

Il secondo passo è quello di scegliere il vero dialogo, accogliendo le differenze anziché usarle come armi improprie. Concetti polarizzati e giudizi aspramente critici  impediscono la comprensione di realtà complesse, trasformando la discussione in gara per decidere chi ha ragione, ossia in una ‘guerra di parole’. Troppo spesso, dunque, discutere non è uno strumento di confronto e comprensione reciproca, diventando un braccio di ferro che mira solo ad affermare le proprie idee (ma il realtà una sorte di potere) sugli altri.

–>La C.E. propone di ascoltarsi reciprocamente, evitando le polemiche – che alzano muri d’incomprensione – e ristabilendo il flusso della comunicazione interpersonale.

  • PROPORRE REALTÀ CONCRETE, NON SCHEMI ASTRATTI

la-comunicazione-ecologica_48930Il terzo elemento d’un confronto ecologico è la ricerca di un vero dialogo, evitando le astrazioni, facendo proposte concrete e valorizzando al massimo le differenze, in modo da  perseguire non tanto il consenso quanto obiettivi condivisi. Comunicare con una modalità ‘ecologica’ richiede di attenersi alla realtà dei fatti, per evitare che l’astrattezza dei concetti conduca ad una contrapposizione sterile, che serve solo a stabilire ‘chi ha ragione’.

–>La C.E. propone di eliminare dalla discussione le contrapposizione di principi astratti e di scegliere invece di mantenere il confronto su un piano di concretezza fattuale.

  1. Una possibile sintesi per sperimentare una comunicazione dialogica, costruttiva e pacifica

L’illustrazione sintetica di queste tre metodologie, oltre ad avere una finalità teorica – ha offerto a docenti, educatori e genitori l’opportunità di venire a conoscenza di come sarebbe possibile sviluppare una comunicazione nonviolenta, proponendosi di suscitare una esplorazione in prima persona di queste ‘vie’. Soltanto una loro sperimentazione diretta, infatti, potrà consentire un progressivo, auspicabile, cambiamento nei processi educativi.

Si tratta, è vero, di tre approcci abbastanza differenti, ma è altrettanto evidente che lo spirito che li anima è lo stesso e che la finalità comune è educare ad una comunicazione che sia costruttiva invece che distruttiva, costituendo di fatto il primo (ed essenziale) strumento per realizzare un’educazione alla e per la pace. Confrontate sinotticamente, infatti, queste tre metodologie – oltre a poter essere approfondite ed applicate singolarmente – consentono un approccio più integrato che, in sintesi, passa attraverso le seguenti quattro fasi fondamentali:

  • SCOPRIRE/RICONOSCERE –> bisogni e sentimenti;
  • ESPRIMERE –> bisogni e sentimenti , ma anche richieste;
  • DIALOGARE –>  in modo positivo (bisogni), empatico(sentimenti) e costruttivo(richieste)
  • PROPORRE SOLUZIONI –>  concrete, condivise e costruttive (vedi sopra) .

Occuparsi della comunicazione nonviolenta come mezzo per educare alla pace implica una grande attenzione alle modalità del processo comunicativo in sé, non in quanto i conflitti abbiano origine solo dalle idee e dalle parole, ma perché da esse sono veicolate sia le abituali soluzioni distruttive ad essi, sia quelle costruttive e dialogiche, purtroppo assai meno frequenti.

Si ritiene pertanto che l’illustrazione di questi tre approcci metodologici, veicolata dalla suddetta presentazione in Power Point, abbia fornito alcuni strumenti di base, ma non ha certo esaurito la gamma delle possibilità né aveva la pretesa di risultare esaustiva. Ai partecipanti al Corso, proprio per approfondire quanto detto, è stata fornita una scheda con una sintetica bibliografia di riferimento, ma soprattutto si è aperto con loro un primo confronto.

Più che soffermarsi sugli aspetti teorici e pratici delle proposte per formare ad una comunicazione pacifica, quindi, si sono raccolte osservazioni e domande su di esse, cercando di chiarire sia i concetti di base esposti sia le modalità operative possibili.

In particolare, si è sottolineato che solo una piccola percentuale della comunicazione (circa il 30%) è veicolata dal linguaggio verbale, per cui il concetto di grammatica della pace – introdotto all’inizio – va comunque inteso in senso più ampio. I destinatari del processo formativo, infatti, non devono essere avviati ad un dialogo pacifico soltanto sul piano logico -verbale tipico dell’educazione formale offerta dalla scuola,  ma anche attraverso modalità comunicative che risultino di per sé empatiche e costruttive, cioè capaci di stabilire un flusso di idee ed emozioni libero, rispettoso e scevro da ogni forma di violenza. Il fine della comunicazione nonviolenta ed il mezzo del processo educativo, secondo l’imprescindibile insegnamento gandhiano, devono dunque essere perfettamente coerenti. 

Insegnare la pace attraverso l’educazione ad una corretta comunicazione, di conseguenza, richiede non soltanto il necessario approfondimento delle proposte educative accennate in quella sede, ma anche la volontà di tener conto del fatto che i bisogni umani fondamentali sono alla base delle emozioni e delle richieste. Il ruolo educativo, pertanto, si esplica anche ricercando un contatto empatico con i discenti ed un approccio nei loro confronti che sia di per sé nonviolento, cioè non giudicante ed aperto al dialogo.

Nel corso della discussione con i corsisti, a tal proposito, si è fatto cenno ad esperienze didattiche che utilizzino quotidianamente in classe metodi e strumenti come il circle time, l’appello emotivo, il brainstorming ed altre tecniche di condivisione di sensazioni-emozioni-bisogni.

oponoUn’altra tecnica di ‘pacificazione’ della comunicazione interpersonale cui si è fatto riferimento è quella, propria delle culture orientali, che si avvale delle parole in modo differente, ad esempio mediante l’uso di mantra particolarmente significativi come lo “Ho-oponopono[v], nel quale si riassume il senso di un rapporto fondato su rispetto, gentilezza,  riconoscimento dei propri limiti e tensione al superamento positivo del conflitto.

Insomma, se è vero che la pace s’impara – e quindi s’insegna – è altrettanto vero che non si può raggiungere questo auspicabile obiettivo usando metodi didattici tradizionali, formali ed esclusivamente mentalisti.  Bisogna quindi partire da se stessi, scoprendo quella parte di aggressività autoritaria ed impositiva che inevitabilmente s’inserisce in ogni rapporto formativo. E’ questo il primo passo per instaurare un autentico dialogo con i propri interlocutori, guidandoli verso un modo di comunicare che non copre, divide e reprime ma, al contrario, sviluppa la scoperta, l’accettazione/valorizzazione delle diversità e la libera e sincera espressione di sé.

Una Grammatica della pace è questo ma molto altro. Il modo migliore per cominciare a sperimentarla è seguire in prima persona questo per-corso, verificandone potenzialità ed eventuali limiti, per poi andare avanti sulla strada della comunicazione nonviolenta per educare alla pace.[vi]

 —————————RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI————————-

[i]  Ermete Ferraro, EDUCAZIONE O MALEDUCAZIONE ALLA PACE ?, Napoli 2008 > (http://www.peacelink.it/pace/docs/2873.pdf ) – Vedi anche: – Alfredo Panerai, Martina Nicola e Gloria Vitaioli, a cura di, MANUALE DI EDUCAZIONE ALLA PACE, Principi, idee, strumenti, Edizioni Junior, Parma 2012, pp. 324; – Daniele Novara, LITIGARE FA BENE, Insegnare ai propri figli a gestire i conflitti, per crescerli più sicuri e felici, Milano, BUR Rizzoli, 2015
[ii] Ermete (Hermes) Ferraro, GRAMMATICA DI PACE,  Otto tesi per l’Educazione  Linguistica  Nonviolenta, Torino,  Ed. Satyagraha, 1984 (quaderno n. 11 degli insegnanti nonviolenti)
[iii] Rosenberg,   Marshall   B.,  LE PAROLE SONO FINESTRE  [OPPURE MURI]. Introduzione   alla Comunicazione Nonviolenta, Esserci, Reggio Emilia  2003  (Nonviolent Communication. A Language of Compassion, 1999)
[iv] Jerome Liss, LA COMUNICAZIONE ECOLOGICA, Manuale per la gestione dei gruppi di cambiamento sociale, Bari, Meridiana, 2017
[v] Sulla tecnica dell’Ho-oponopono v.: https://www.amaresestessi.com/hooponopono-cose-e-come-si-pratica/
[vi] Un testo in inglese sull’educazione ad una comunicazione pacifica è:  THE LANGUAGE OF PEACE, Communicating to Create Harmony, Edited by Rebecca L. Oxford, University of Maryland (2013) (http://www.infoagepub.com/products/The-Language-of-Peace) A volume in the series: Peace Education. Editor(s): Laura Finley, Barry University. Robin Cooper, Nova Southeastern University.

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(*) Ermete FERRARO (Napoli 1952) è laureato in Lettere , diplomato in Servizio Sociale ed ha un certificato di Operatore Pastorale della Caritas. Animatore socio-culturale ed assistente sociale fino al 1985, da allora ha insegnato materie letterarie nella scuola media. Fra i primi obiettori di coscienza napoletani, di formazione cattolica e nonviolenta, è stato attivista di varie organizzazioni pacifiste (Movimento Nonviolento, Lega degli Obiettori di Coscienza, Movimento Internazionale delle Riconciliazione), occupandosi di ricerca sulla pace e di educazione alla pace. Dalla seconda metà degli anni ’80 ha sviluppato il suo interesse ecopacifista sia in ambito politico (come consigliere circoscrizionale e provinciale dei Verdi a Napoli) sia come militante di varie organizzazioni ambientaliste. Attualmente è Portavoce per Napoli e consigliere nazionale di VAS (Verdi Ambiente e Società), Presidente della Rete Campana per la Civiltà del Sole e della Biodiversità e referente del Gruppo di Napoli del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione). Autore di libri, saggi e articoli, cura un blog (http://ermetespeacebook.com )  ed un sito web (www.ermeteferraro.org).
(**) Anna DE PASQUALE (Napoli 1956) ha conseguito il Diploma di Magistero in Scienze Religiose ed insegna Religione nelle scuole medie. Impegnata fin dagli anni ’80 nelle battaglie contro il nucleare e per la pace, insieme ad Ermete Ferraro ha contribuito alla nascita nel 1987 della prima lista dei Verdi a Napoli ed ha anche successivamente partecipato ad alcune attività ecopacifiste di VAS. Dopo un corso su tale disciplina, ha poi conseguito il certificato come Operatrice in Ortho-bionomy ® ed esercita volontariamente questa attività presso la Parrocchia in cui svolge varie attività pastorali.  E’ sposata con Ermete ed è madre di tre figlie.
(***) Questo articolo è stato pubblicato all’interno (pp.187-198) del volume: Raffaello Saffioti (ed.), PICCOLI COMUNI FANNO GRANDI COSE! , Pisa, Centro Gandhi Edizioni, 2018. Il libro è il Quaderno Satyagraha n. 32, ha 302 pagine e può essere ordinato a: http://www.gandhiedizioni.com/page3/page3.php