PASSOVER

 
Si sa: la festività che i Cristiani chiamano Pasqua – e gli anglofoni Passover – deriva il suo nome della maggiore festività ebraica: la Pésah.Essa celebrava, e celebra tuttora, il passaggio degli Ebrei oltre la schiavitù degli Egiziani, oltrepassando prodigiosamente, grazie alla guida e protezione divina. anche l’ostacolo del Mar Rosso.
In effetti, storicamente parlando, la Pésah aveva origini assai più antiche, risalendo ad antichi riti delle popolazioni nomadiche e pastorali (nel senso di una “transumanza” stagionale da un territorio ad un altro, propiziata dal sacrificio di un agnello), ma anche a riti cananei di origine contadina (cui sarebbe ispirata la tradizione delle focacce azzime, cioè non lievitate).
Per i Cristiani, poi, si tratta di ben altro passaggio: quello dalla passione e morte del figlio incarnato di Dio alla sua gloriosa Resurrezione, grazie al quale l’umanità può finalmente passare dalla schiavitù del peccato alla salvezza universale, apportata da Gesù Cristo.
L’ingresso della stagione primaverile, del resto, è sempre e ovunque stata un’occasione per celebrare il magico passaggio dalla morte alla vita, dal freddo al caldo, da una natura addormentata ad un risveglio vitale. L’esistenza umana rappresenta un continuo passaggio da un’età all’altra, da una condizione all’altra. Le stesse leggi naturali, del resto, ci mostrano chiaramente che nulla si crea né si distrugge, visto che tutto si trasforma, oltrepassando uno stato per raggiungerne un altro.
Fatta questa dotta e interdisciplinare premessa, consentitemi però di divagare brevemente su ben altri passaggi, suggeriti dall’attualità, che appaiono indiscutibilmente un po’ meno elevati ma molto più sconcertanti.
1.      La gravissima crisi finanziaria, che ha colpito duramente le economie occidentali, sembrava almeno preludere ad una necessaria riflessione sul modello di sviluppo imperante e sulle sue assurde contraddizioni, per un graduale passaggio ad una visione alternativa dello stesso concetto di sviluppo, da non identificare più con quello di “crescita”. A distanza di tempo, vi sembra che la pesante mazzata subìta abbia fatto rinsavire chi dovrebbe finalmente farci cambiar strada? L’unico passaggio visibile mi sembra quello da una certa austerità iniziale ad una rinnovata tendenza al consumismo sprecone ed energivoro.
2.      A proposito di energia, pareva che la crisi petrolifera e quella ambientale ci avessero spinto ad una seria revisione della quantità di energia da consumare e ad una maggiore attenzione alle modalità di produzione dell’energia stessa, ricorrendo finalmente a fonti rinnovabili ed alternative. Ebbene, a parte qualche lodevole eccezione, la “novità” degli ultimi tempi sembrerebbe essere diventato invece lo sbandierato passaggio dalle fonti energetiche fossili all’energia nucleare! Dagli USA di Obama all’Italietta berlusconiana, infatti, sembra preannunciarsi una specie di riscossa di quello che Homer Simpson profeticamente chiamava “nuculàre”, alla faccia dei bandi precedenti e degli irrisolti problemi, non solo ambientali, ma anche sociali ed economici, derivanti da questa folle “alternativa”.
3.      Un’altra propagandata novità di questi ultimi tempi sarebbe poi  la “storica” intesa per ridurre congiuntamente gli arsenali atomici di USA e Russia, contrabbandata come una tappa fondamentale, anche se un po’ tardiva, del disarmo bilaterale delle due ex-superpotenze. Fatto sta che questo rivoluzionario e propagandistico passaggio non riduce affatto il rischio complessivo, dal momento che non c’importa più di tanto se il potenziale atomico sia capace di ora distruggere due o cinque volte il nostro povero pianeta, peraltro afflitto da centinaia di guerre tradizionali che sembrano non aver mai fine.
4.      Mentre da noi ci si lamenta costantemente degli alti costi del sistema sanitario nazionale – dei suoi sprechi ma anche della sua pesante incidenza sui bilanci regionali – negli USA di Yes-We-Can Obama sembrerebbe essersi avverato finalmente lo storico passaggio all’assistenza sanitaria estesa a quasi tutti i cittadini. Peccato però che non si tratti di un vero e proprio servizio sanitario pubblico, ma solo della – peraltro costosissima – copertura pubblica del servizio garantito dalle solite e potenti assicurazioni private…
5.      Da decenni si proclama l’esigenza improrogabile di un passaggio dalla congestione paralizzante e deprimente del trasporto privato e individuale alle più responsabili e salutari forme di trasporto pubblico e collettivo. E’ sotto gli occhi di tutti – in particolare nelle nostre metropoli – come siamo lontani da questo traguardo e come si siano, viceversa, ridotti gli standard di efficienza e di puntualità dei mezzi pubblici, il cui passaggio è diventato sempre più raro e fortunoso.
6.      Restando al nostro Paese, mi riesce difficile immaginare che la soluzione alla disaffezione e delusione dei cittadini, sempre più sfiduciati e demotivati rispetto alla gestione della res publica, possa essere vista nel passaggio strisciante da una repubblica unitaria e parlamentare ad uno stato federale e presidenzialista. Il preoccupante miscuglio di liberismo ed autoritarismo, di decisionismo populista e verticista e di atteggiamenti sprezzantemente nordisti e xenofobi, al contrario, mi sembra che stia facendo tramontare ogni ipotesi di un serio passaggio ad una democrazia più diffusa, partecipata e giusta.
7.      E infine, come non parlare del passaggio che ha calamitato l’attenzione di tutti noi in questi giorni: quello da un’Italia ancora largamente ancorata al tradizionale retroterra cattolico e socialista ad un Paese sempre più destrorso, diffidente ed incapace di fare scelte alternative. E’ innegabile che le responsabilità di ciò sono largamente imputabili a chi non ha saputo, voluto o potuto rendere credibile e tangibile un modello davvero diverso: più pacifico, sostenibile, equo e solidale. Ciò non toglie che dopo queste elezioni regionali, che hanno sancito il passaggio di una parte delle regioni italiane al leghismo becero e di altre ad una nuova stagione ultra- conservatrice, a molti resti l’amaro in bocca e la sgradevole sensazione – avallata peraltro da noti precedenti storici – che la democrazia possa paradossalmente servire per affrettare la fine di se stessa.
Mi fermo qui, altrimenti mi verrebbe da ricordare altri passaggi che, dal livello di microcosmo a quello del macrocosmo, segnano trasformazioni che vanno in direzione esattamente opposta a quella auspicata, aprendo scenari inquietanti e che lascerebbero ben poco spazio alla speranza.
Ma per me, come per tanti Cristiani, la Pasqua è proprio la festa della speranza, l’opportunità per un cambiamento vero e il passaggio ad un’umanità riconciliata con il suo Creatore e con le altre creature. E’ per questo che auguro a tutti – ed a me stesso – che questa Pasqua riesca a restituire – per mutuare una celebre frase di S. Tommaso Moro – la forza di cambiare le cose che possiamo cambiare e di sopportare quelle che non possiamo cambiare, ma soprattutto la saggezza per distinguere le une dalle altre.
 
© 2010 Ermete Ferraro

CAMPANIA ELETTORALE…

 
Devo ammetterlo: ho le idee un po’ confuse. Sarà colpa dell’incipiente allergia primaverile (ho scoperto per caso che il 21 marzo ricorre, la “giornata dell’allergia”, in preoccupante concomitanza con quella “per la sindrome di Down”…) oppure dipende da qualche altra forma di senilità precoce, ma sta di fatto che quello che leggo sui giornali e sento per televisione mi lascia sempre più perplesso…
Nel nostro strano Paese ormai sta accadendo di tutto. Stiamo da anni in guerra con alcuni stati senza che il Parlamento lo abbia mai dichiarato ufficialmente, e nel mentre continuiamo allegramente ad esportare armi agli uni e agli altri. Hanno rilanciato la corsa al nucleare, mettendosi sotto i piedi il referendum che ce ne faceva uscire e scavalcando pesantemente le competenze regionali. Stiamo assistendo ad una preoccupante “verticalizzazione” della democrazia politica, che ha trasformato l’Italia in un Paese di Prefetti, Commissari Straordinari e “governatori” d’inesistenti ‘stati uniti’, accarezzando ipotesi presidenzialiste e federaliste in barba ad una Costituzione che definisce la nostra repubblica come unitaria e parlamentare. Abbiamo sotto gli occhi un diffuso e trasversale sistema politico-affaristico, che fa impallidire quello della c.d. “prima repubblica” e che colpisce per la sua rozzezza becera e per l’arroganza da impuniti dei protagonisti.
Peraltro, l’unico effetto evidente della “semplificazione” del dibattito politico apportata dal sistema maggioritario e teoricamente bipartitico è stata la proliferazioni di liste personali ed opportunistiche e la progressiva perdita, da parte degli elettori, di ogni reale possibilità di determinare le scelte.
Non parliamo poi dell’economia e della cocciuta e suicida rincorsa ad un modello di sviluppo che mostra sempre più il suo limite, che poi è proprio quello di non volersi dare dei limiti, sia ecologici, sia di giustizia sociale, sia più generalmente etici.
Di fronte a questo sfascio politico-istituzionale, economico e ambientale, però, non si riesce ad avvertire una risposta chiara, realmente alternativa e collettiva, da parte di chi attacca a parole queste ed altre scelte scellerate, ma non riesce a proporre qualcosa di davvero diverso, che sia credibile e, al tempo stesso, capace di coinvolgere cittadini sempre più sfiduciati e rinunciatari. 
Queste elezioni regionali mi sembrano la prova della disaffezione e delusione di un elettorato cui sono stati tolti tutti i punti di riferimento ideologici tradizionali, cercando di coprire il vuoto d’idee forti e condivise con personalismi individualistici e con un banale lobbismo elettorale.
Probabilmente non sono soltanto io a sentirmi confuso e perplesso, visto che in giro si respira un’aria di scetticismo e di qualunquismo, maldestramente esorcizzata da un attivismo propagandistico e dal tentativo di virtualizzare sempre più il confronto politico, affidandolo a dichiarazioni ai giornali, spot televisivi, mega-manifesti ed appelli sui social network.
Come cittadino della“Campania infelix”, fra l’altro, mi si propone di scegliere fra un socialista rampante che guida la coalizione di centro-destra ed un ex-comunista “liberal” che guida la coalizione di centro-sinistra. Il primo richiama con chiarezza la sua “novità” all’adesione incondizionata alla cosiddetta “politica del fare” di Berlusconi, mentre il secondo lancia il suo motto “cambiare tutto”, piuttosto sconcertante direi, sia perché lascia trasparire una grinta rivoluzionaria che sinceramente mi sfugge, sia per il fatto che finora in Campania ha governato il centro-sinistra, guidato da un leader del suo stesso partito.
Ditemi voi, allora, se ho torto a sentimi confuso di fronte a questa strana…Campania elettorale !
L’alternativa?… Ecco, diciamo che sulla carta ci sarebbe, se non fosse che a sinistra del PD è continuata la frammentazione delle forze politiche una volta definite “sinistra radicale”. Si va dalla precaria coalizione dei partiti comunisti alla sciagurata divaricazione dei verdi (ambedue, peraltro, schierati col candidato del centro-sinistra…), fino a giungere ai “grillini” della lista cinque stelle ed ai grilliparlanti del dipietrismo di lotta e di governo.
Non c’è che dire: il quadro politico che ne emerge è decisamente sconfortante e, soprattutto, poco capace di trascinare la gente in una competizione elettorale senza storia e senza geografia, che ha visto ritornare dal nulla volti e nomi di altri tempi. Volti spesso decisamente preoccupanti e nomi evocanti la vecchia cucina democristiana e socialista, ripresentata però in maniera ancor meno leggibile e sempre più ambigua…
Sì, oggi è la giornata contro le allergie, ma questo non basta a rendermi meno allergico a questa parodia di campagna elettorale. Da sempre i politici hanno cercato di darcela a bere, ma adesso – ora che hanno privatizzato perfino l’acqua – questo rischia di costarci anche di più…!
E’ vero: sono maledettamente confuso. E non perché io non riesca a scegliere fra i vari messaggi politici, ma proprio perché – nella generale preoccupazione dei candidati di strizzare l’occhio a tutti – non si riesce più a trovarne uno chiaro, di messaggio.
Temo, allora, che in stato confusionale si trovi ormai la politica, non gli elettori. Ma questo non si può dire, altrimenti si passa per qualunquisti e disfattisti. E allora continuiamo a far finta di appassionarci agli acuti e polemici scambi verbali tra i vari leader, alle promesse di “novità” provenienti da vecchie volpi di partito, alle contrapposizioni nette fra le coalizioni maggiori, destinate a liquefarsi dopo le prime sedute del prossimo consiglio regionale.
Anch’io farò finta di ascoltare il richiamo dei comizi e degli appelli, cercando di sentirli come se fossero rivolti direttamente a me. E questo perché, ricordando la celebre frase di Hemingway, mi viene da pensare: "E allora, non chiedere per chi suona la Campania. Essa suona per te".
 
© 2010 Ermete Ferraro
 

CAMPANIA ELETTORALE…

 
Devo ammetterlo: ho le idee un po’ confuse. Sarà colpa dell’incipiente allergia primaverile (ho scoperto per caso che il 21 marzo ricorre, la “giornata dell’allergia”, in preoccupante concomitanza con quella “per la sindrome di Down”…) oppure dipende da qualche altra forma di senilità precoce, ma sta di fatto che quello che leggo sui giornali e sento per televisione mi lascia sempre più perplesso…
Nel nostro strano Paese ormai sta accadendo di tutto. Stiamo da anni in guerra con alcuni stati senza che il Parlamento lo abbia mai dichiarato ufficialmente, e nel mentre continuiamo allegramente ad esportare armi agli uni e agli altri. Hanno rilanciato la corsa al nucleare, mettendosi sotto i piedi il referendum che ce ne faceva uscire e scavalcando pesantemente le competenze regionali. Stiamo assistendo ad una preoccupante “verticalizzazione” della democrazia politica, che ha trasformato l’Italia in un Paese di Prefetti, Commissari Straordinari e “governatori” d’inesistenti ‘stati uniti’, accarezzando ipotesi presidenzialiste e federaliste in barba ad una Costituzione che definisce la nostra repubblica come unitaria e parlamentare. Abbiamo sotto gli occhi un diffuso e trasversale sistema politico-affaristico, che fa impallidire quello della c.d. “prima repubblica” e che colpisce per la sua rozzezza becera e per l’arroganza da impuniti dei protagonisti.
Peraltro, l’unico effetto evidente della “semplificazione” del dibattito politico apportata dal sistema maggioritario e teoricamente bipartitico è stata la proliferazioni di liste personali ed opportunistiche e la progressiva perdita, da parte degli elettori, di ogni reale possibilità di determinare le scelte.
Non parliamo poi dell’economia e della cocciuta e suicida rincorsa ad un modello di sviluppo che mostra sempre più il suo limite, che poi è proprio quello di non volersi dare dei limiti, sia ecologici, sia di giustizia sociale, sia più generalmente etici.
Di fronte a questo sfascio politico-istituzionale, economico e ambientale, però, non si riesce ad avvertire una risposta chiara, realmente alternativa e collettiva, da parte di chi attacca a parole queste ed altre scelte scellerate, ma non riesce a proporre qualcosa di davvero diverso, che sia credibile e, al tempo stesso, capace di coinvolgere cittadini sempre più sfiduciati e rinunciatari. 
Queste elezioni regionali mi sembrano la prova della disaffezione e delusione di un elettorato cui sono stati tolti tutti i punti di riferimento ideologici tradizionali, cercando di coprire il vuoto d’idee forti e condivise con personalismi individualistici e con un banale lobbismo elettorale.
Probabilmente non sono soltanto io a sentirmi confuso e perplesso, visto che in giro si respira un’aria di scetticismo e di qualunquismo, maldestramente esorcizzata da un attivismo propagandistico e dal tentativo di virtualizzare sempre più il confronto politico, affidandolo a dichiarazioni ai giornali, spot televisivi, mega-manifesti ed appelli sui social network.
Come cittadino della“Campania infelix”, fra l’altro, mi si propone di scegliere fra un socialista rampante che guida la coalizione di centro-destra ed un ex-comunista “liberal” che guida la coalizione di centro-sinistra. Il primo richiama con chiarezza la sua “novità” all’adesione incondizionata alla cosiddetta “politica del fare” di Berlusconi, mentre il secondo lancia il suo motto “cambiare tutto”, piuttosto sconcertante direi, sia perché lascia trasparire una grinta rivoluzionaria che sinceramente mi sfugge, sia per il fatto che finora in Campania ha governato il centro-sinistra, guidato da un leader del suo stesso partito.
Ditemi voi, allora, se ho torto a sentimi confuso di fronte a questa strana…Campania elettorale !
L’alternativa?… Ecco, diciamo che sulla carta ci sarebbe, se non fosse che a sinistra del PD è continuata la frammentazione delle forze politiche una volta definite “sinistra radicale”. Si va dalla precaria coalizione dei partiti comunisti alla sciagurata divaricazione dei verdi (ambedue, peraltro, schierati col candidato del centro-sinistra…), fino a giungere ai “grillini” della lista cinque stelle ed ai grilliparlanti del dipietrismo di lotta e di governo.
Non c’è che dire: il quadro politico che ne emerge è decisamente sconfortante e, soprattutto, poco capace di trascinare la gente in una competizione elettorale senza storia e senza geografia, che ha visto ritornare dal nulla volti e nomi di altri tempi. Volti spesso decisamente preoccupanti e nomi evocanti la vecchia cucina democristiana e socialista, ripresentata però in maniera ancor meno leggibile e sempre più ambigua…
Sì, oggi è la giornata contro le allergie, ma questo non basta a rendermi meno allergico a questa parodia di campagna elettorale. Da sempre i politici hanno cercato di darcela a bere, ma adesso – ora che hanno privatizzato perfino l’acqua – questo rischia di costarci anche di più…!
E’ vero: sono maledettamente confuso. E non perché io non riesca a scegliere fra i vari messaggi politici, ma proprio perché – nella generale preoccupazione dei candidati di strizzare l’occhio a tutti – non si riesce più a trovarne uno chiaro, di messaggio.
Temo, allora, che in stato confusionale si trovi ormai la politica, non gli elettori. Ma questo non si può dire, altrimenti si passa per qualunquisti e disfattisti. E allora continuiamo a far finta di appassionarci agli acuti e polemici scambi verbali tra i vari leader, alle promesse di “novità” provenienti da vecchie volpi di partito, alle contrapposizioni nette fra le coalizioni maggiori, destinate a liquefarsi dopo le prime sedute del prossimo consiglio regionale.
Anch’io farò finta di ascoltare il richiamo dei comizi e degli appelli, cercando di sentirli come se fossero rivolti direttamente a me. E questo perché, ricordando la celebre frase di Hemingway, mi viene da pensare: "E allora, non chiedere per chi suona la Campania. Essa suona per te".
 
© 2010 Ermete Ferraro
 

E IL QUINTO SI RIPOSO’…

Dalla settimana alla quattromana?

imagesCAFAA3E9di Ermete FERRARO

Sono anni che assistiamo ad un continuo attentato alla scuola pubblica, teso a banalizzarne la funzione, ad omologarla ad una qualsiasi azienda o agenzia formativa ed a rilanciare una concezione al tempo stesso – e in modo contraddittorio…- liberista ed autoritaria dell’organizzazione scolastica. Questo vale per il curricolo di studio (trasformato in vaghe “indicazioni nazionali” per falso rispetto dell’autonomia d’istituto e dei docenti, ma di fatto per conferire alla scuola una consistenza gelatinosa, abolendo punti fermi senza saperne proporre altri nuovi e migliori ), ma è riferibile anche alla strutturazione temporale della proposta formativa della scuola pubblica, costretta ad una contrazione portata avanti unicamente per bieche motivazioni relative all’esigenza di tagli finanziari e di globale ridimensionamento di questo comparto della spesa nazionale.

Sono anni che noi docenti subiamo questo martellante succedersi di leggi e leggine, uno stillicidio di regolamenti e contro-regolamenti, indicazioni ufficiali e segnali ufficiosi che le negano, eppure stiamo pazientemente cercando di continuare a svolgere al meglio il nostro lavoro o, laddove non prevalgano imperativi categorici così elevati, se non altro di “attaccare il ciuccio dove vuole il padrone”, brontolando un po’ tra noi ma, nella sostanza, adeguandoci al “nuovo corso”.

C’è però una cosa sulla quale nel mondo dei docenti scatta una reazione d’immediata intolleranza: la possibilità d’invertire la tendenza pseudo-efficientista della “settimana corta”, sebbene siano sotto gli occhi di tutti le conseguenze negative di questa organizzazione del tempo-scuola.

1. Perché passare a cinque giorni di lezioni anziché sei non ha risolto affatto il problema dell’assenteismo, ma lo ha aggravato ulteriormente, visto che gli alunni si assentano molto spesso anche di lunedì e di venerdì e che, con sei ore di lezione al giorno, assentandosi un giorno, perdono complessivamente 1/5 in più di quello che succedeva col vecchio orario.

 2. Perché questo modulo settimanale accorciato crea problemi ancora maggiori nel caso delle assenze dei docenti (ormai difficilmente sostituibili da parte dei colleghi) i/le quali, in ogni caso, per ogni giorno di assenza sottraggono alle loro classi 1/5 in più di quanto accadeva prima.

3. Perché sappiamo benissimo che la fetta dell’utenza scolastica più socio-culturalmente deprivata presenta già un enorme disagio a seguire tre -quattro ore di lezione, giungendo ovviamente a manifestare una chiara intolleranza a farlo per sei ore di seguito, fatto che peraltro alimenta non solo l’insuccesso scolastico, ma anche fenomeni di violenza ed oppositività.

4. Perché non dovrebbe sfuggirci nemmeno che la parte migliore della nostra utenza – quella cioè maggiormente dotata di buone competenze di base, di validi strumenti cognitivi e di modalità comportamentali più accettabili – risulta altrettanto se non maggiormente “stressata” da queste lunghe giornate scolastiche che, da sei ore ordinarie, arrivano spesso a sette-nove unità di studio giornaliere, tenuto conto anche delle attività pomeridiane extra-curricolari e di altre eventuali attività d’interesse personale (strumento, danza, lingua etc.).

5. Perché restringere la settimana scolastica a cinque giorni ha creato, crea e creerà una serie di problemi anche sul piano della sicurezza, della pulizia, della gestione degli orari del personale non-docente e del rapporto con le famiglie, ormai ridotto a sporadici incontri periodici collettivi, di dubbia utilità educativa. Ebbene, come se ciò non bastasse, dobbiamo inoltre prendere atto del fatto che – seguendo il diffuso delirio efficientista di cui sopra e l’esempio di alcuni paesi europei – la nostra Ministra dell’Istruzione si è dichiarata favorevole alla riduzione della settimana scolastica a soli quattro giorni di attività, con una base oraria giornaliera presumibile di almeno sette ore, cui aggiungere ovviamente le attività opzionali e non curricolari…!

A questo punto – pur sapendo di voler sfondare una porta blindata – la coscienza umana e professionale di docenti come me li spinge a non tacere oltre il proprio profondo dissenso ed a chiedere a tutti/e i/le Colleghi di associarsi alla loro protesta, da manifestare nelle sedi più opportune (istituzionali, ma anche sindacali e d’informazione). E questo perché bisogna cercare e le forme più chiare ed efficaci per comunicare a genitori, alunni e docenti tutti/e che non ci sono risparmi che tengano di fronte alla riduzione di un già difficile percorso formativo ad una parodia penosa di ciò che la scuola dovrebbe e potrebbe essere.

(c) 2010 Ermete Ferraro

EDUCAZIONE LINGUISTICA NONVIOLENTA

A distanza di 25 anni da quando ho scritto "GRAMMATICA DI PACE: OTTO TESI PER UNA EDUCAZIONE LINGUISTICA NONVIOLENTA" (Torino, Satyagraha, 1984), mi sono accorto che ben poco si è mosso su questo terreno in questo lungo periodo. Quasi un quarto di secolo dopo quella mia modesta proposta, infatti, parecchia acqua è comunque passata sotto i ponti della conoscenza delle questioni relative all’educazione alla pace e della diffusione – nella scuola e fuori – di progetti formativi che andassero in quella direzione. Non altrettanto è successo, invece, nel caso di proposte che – come la mia o quella di Gino Stefani per l’educazione musicale – cercavano di uscire dalla genericità di un’educazione alla pace troppo centrata sui macro-conflitti, puntando ad offrire a docenti ed animatori degli strumenti concreti per abituare i ragazzi ad un dialogo autentico e costruttivo, che nascesse soprattutto da una comunicazione onesta, empatica e nonviolenta.
Per riprendere il filo di quella mia ipotesi di "GRAMMATICA DI PACE", con due decenni in più di esperienza didattica sulle spalle, mi è sembrato che fosse il caso di tornare a parlare di questi aspetti, relativamente ad una "educazione linguistica" che, a sua volta, da troppo tempo si è ridotta al puro e semplice insegnamento dell’ Italiano e, per di più, in chiave sempre più normativa e tradizionale.
Eppure credo che non sfugga a nessuno che insegnare la comunicazione linguistica va molto oltre l’addestramento dei più piccoli all’uso corretto e variato della propria lingua. Il fatto stesso che essa sia anche il veicolo per studiare tutte le altre discipline, e quindi per comprendere e far proprio il mondo della conoscenza più in generale, pone infatti l’educazione linguistica (E.L.) su un piano oggettivamente diverso, lasciando a chi l’insegna una responsabilità che va molto oltre i risultati strettamente didattici.
Ecco perché ho pensato che valesse la pena di rispolverare il mio vecchio contributo e di cominciare nuovamente a parlarne nella scuola, insieme con altre due qualificate proposte come quella di M. R.Rosemberg sulla "COMUNICAZIONE NONVIOLENTA" (1998) e quella di J. Liss sulla "COMUNICAZIONE ECOLOGICA" (1992).
Ho iniziato il mio giro da una scuola media del Vomero (il quartiere collinare di Napoli) dove proprio oggi ho incontrato due terze classi, alle quali ho parlato di queste tre ipotesi di lavoro per educarci ad una lingua che sappia costruire ponti di dialogo e non muri di separazione. Per questa occasione ho predisposto una sintetica presentazione in "power point" che, introdotta da un "brainstorm" e conclusa da un confronto diretto coi ragazzi/e, mi ha permesso di riprendere un discorso che, mai come adesso, mi sembra importante ed urgente. Per visionare le ‘slides’ della presentazione, basta visitare il mio sito: http://www.ermeteferraro.it e cliccare sul link relativo alla notizia riportata nella homepage.
© 2010 Ermete Ferraro