Archivio mensile:febbraio 2010
‘MMACÁRE E…UÁJE !
La verità è che, anche duemila anni dopo, quella “buona notizia” non finisce di sconvolgerci, capovolgendo le nostre priorità e mettendo drammaticamente in crisi quei valori da cui stentiamo a distaccarci, pur quando siamo posti di fronte alla loro evidente inconciliabilità con quelli evangelici.
Il c.d. ‘discorso della pianura’ nel Vangelo secondo Luca – riproposto in questa IV domenica di tempo ordinario dell’anno C – risulta significativamente differente dal testo parallelo di Matteo, in quanto si rivolge ad una comunità di pagani convertiti e non di giudei osservanti. Ma, al di là delle diversità evidenti (quattro beatitudini anziché nove ed alcune significative sfumature lessicali, come quella che contrappone realisticamente i “poveri” a quei “poveri in spirito” che richiamavano gli “anawìm” veterotestamentari…), è impossibile non notare che l’intento marcatamente più ‘sociale’ di Luca è posto in risalto anche dalle quattro invettive in parallelo alle corrispondenti beatitudini.
Curiosamente, per un orecchio attento alle assonanze con le espressioni della lingua napoletana, ai “ ‘mmacàre” (“makàroi”) si contrappongono altrettanti “uàje” (“ouài”) esclamazione terribile che sembra interpellare anche oggi chi si dichiara “cristiano”, ma preferisce limitarsi tendenziosamente ad un’interpretazione spiritualizzata e vaga dei precetti del Maestro.
Ebbene, nel caso in cui non avessimo capito bene (o, molto più probabilmente, non ci facesse comodo comprendere a fondo un messaggio così sconvolgente…), ecco che capovolgimento brusco delle beatitudini in una sorta di annuncio di sventura viene a toglierci ogni illusione di poterlo interpretare a nostro uso e consumo.
Non si tratta, ritengo, solo di una contrapposizione cronologica fra presente e futuro, come se ci fosse una specie di automatismo per cui chi adesso (nùn) è ricco, sazio, allegro ed appagato sarà poi condannato alla povertà, alla fame, all’afflizione ed alla cattiva fama. Certo, l’avverbio greco “ sottolinea in modo martellante le situazioni di piacere presenti, opponendo loro i “guai” di una condizione esistenziale espressa al tempo futuro. Ma questo non mi sembra indicare una sorta di escatologica “legge del contrappasso”, volgarizzata dal noto proverbio popolare “ride ben chi ride ultimo!”. Direi piuttosto che il messaggio evangelico rinvia ad una netta contrapposizione fra due modelli di vita, improntati a valori radicalmente opposti, in quanto s’ispirano a priorità inconciliabili.
Da una parte c’è il perseguimento, a tutti costi, della ricchezza, della sazietà, dell’assenza di dolori e preoccupazioni e della notorietà, che conduce sicuramente ad una “consolazione” contingente, (paràklesis) però trascura del tutto i valori veri, che il testo diMatteo mette più in evidenza: l’umiltà, la mitezza, la misericordia, la purezza interiore, la sete di giustizia e la volontà di adoperarsi per la pace. Dall’altra parte c’è un modello di vita che non ci chiede affatto di perseguire la sofferenza come valore in sé, ma di affidarci a Dio Padre, provando a fare a meno delle sicurezze materiali di cui ci avvolgiamo al punto tale da restarne praticamente prigionieri.
Leggere le parole del Vangelo di Luca, a distanza di venti secoli, continua a farci scorrere un brivido lungo la schiena. Ma che razza di civiltà cristiana siamo stati capaci di costruire in tutto questo tempo, se il mondo occidentale in particolare è il campione più significativo di un mondo dominato dagli eccessi assurdi della corsa alla ricchezza, alla sovralimentazione, all’edonismo sfrenato ed alla celebrità a qualsiasi prezzo? Che razza di vangelo predichiamo ai non credenti, se tanti si fanno perfino un vanto di una civiltà sintetizzabile nel culto del denaro e del piacere?
Se è vero, come è vero, che Luca indirizzava le sue invettive contro un mondo ancora troppo pagano, che cosa diavolo direbbe oggi, dopo 2010 anni di cristianesimo, di fronte alla nostra società consumista e materialista?
E allora: noi da che parte stiamo ?
âMMACÃRE Eâ¦UÃJE !
La verità è che, anche duemila anni dopo, quella “buona notizia” non finisce di sconvolgerci, capovolgendo le nostre priorità e mettendo drammaticamente in crisi quei valori da cui stentiamo a distaccarci, pur quando siamo posti di fronte alla loro evidente inconciliabilità con quelli evangelici.
Il c.d. ‘discorso della pianura’ nel Vangelo secondo Luca – riproposto in questa IV domenica di tempo ordinario dell’anno C – risulta significativamente differente dal testo parallelo di Matteo, in quanto si rivolge ad una comunità di pagani convertiti e non di giudei osservanti. Ma, al di là delle diversità evidenti (quattro beatitudini anziché nove ed alcune significative sfumature lessicali, come quella che contrappone realisticamente i “poveri” a quei “poveri in spirito” che richiamavano gli “anawìm” veterotestamentari…), è impossibile non notare che l’intento marcatamente più ‘sociale’ di Luca è posto in risalto anche dalle quattro invettive in parallelo alle corrispondenti beatitudini.
Curiosamente, per un orecchio attento alle assonanze con le espressioni della lingua napoletana, ai “ ‘mmacàre” (“makàroi”) si contrappongono altrettanti “uàje” (“ouài”) esclamazione terribile che sembra interpellare anche oggi chi si dichiara “cristiano”, ma preferisce limitarsi tendenziosamente ad un’interpretazione spiritualizzata e vaga dei precetti del Maestro.
Ebbene, nel caso in cui non avessimo capito bene (o, molto più probabilmente, non ci facesse comodo comprendere a fondo un messaggio così sconvolgente…), ecco che capovolgimento brusco delle beatitudini in una sorta di annuncio di sventura viene a toglierci ogni illusione di poterlo interpretare a nostro uso e consumo.
Non si tratta, ritengo, solo di una contrapposizione cronologica fra presente e futuro, come se ci fosse una specie di automatismo per cui chi adesso (nùn) è ricco, sazio, allegro ed appagato sarà poi condannato alla povertà, alla fame, all’afflizione ed alla cattiva fama. Certo, l’avverbio greco “ sottolinea in modo martellante le situazioni di piacere presenti, opponendo loro i “guai” di una condizione esistenziale espressa al tempo futuro. Ma questo non mi sembra indicare una sorta di escatologica “legge del contrappasso”, volgarizzata dal noto proverbio popolare “ride ben chi ride ultimo!”. Direi piuttosto che il messaggio evangelico rinvia ad una netta contrapposizione fra due modelli di vita, improntati a valori radicalmente opposti, in quanto s’ispirano a priorità inconciliabili.
Da una parte c’è il perseguimento, a tutti costi, della ricchezza, della sazietà, dell’assenza di dolori e preoccupazioni e della notorietà, che conduce sicuramente ad una “consolazione” contingente, (paràklesis) però trascura del tutto i valori veri, che il testo diMatteo mette più in evidenza: l’umiltà, la mitezza, la misericordia, la purezza interiore, la sete di giustizia e la volontà di adoperarsi per la pace. Dall’altra parte c’è un modello di vita che non ci chiede affatto di perseguire la sofferenza come valore in sé, ma di affidarci a Dio Padre, provando a fare a meno delle sicurezze materiali di cui ci avvolgiamo al punto tale da restarne praticamente prigionieri.
Leggere le parole del Vangelo di Luca, a distanza di venti secoli, continua a farci scorrere un brivido lungo la schiena. Ma che razza di civiltà cristiana siamo stati capaci di costruire in tutto questo tempo, se il mondo occidentale in particolare è il campione più significativo di un mondo dominato dagli eccessi assurdi della corsa alla ricchezza, alla sovralimentazione, all’edonismo sfrenato ed alla celebrità a qualsiasi prezzo? Che razza di vangelo predichiamo ai non credenti, se tanti si fanno perfino un vanto di una civiltà sintetizzabile nel culto del denaro e del piacere?
Se è vero, come è vero, che Luca indirizzava le sue invettive contro un mondo ancora troppo pagano, che cosa diavolo direbbe oggi, dopo 2010 anni di cristianesimo, di fronte alla nostra società consumista e materialista?
E allora: noi da che parte stiamo ?
COMUNICARE PACE

Un percorso formativo alla comunicazione nonviolenta > Destinatari:
la proposta è rivolta agli alunni/e delle classi II e III della scuola media e s’inserisce in un più generale percorso didattico di educazione alla pace ed alla convivenza civile e nonviolenta.
>> Finalità dell’iniziativa:
gli incontri con gli alunni/e sono finalizzati ad una loro sensibilizzazione all’importanza di una relazione interpersonale che, a partire dalle modalità comunicative, sia capace di creare scambio, condivisione e cooperazione anziché alimentare incomprensione, ostilità e sopraffazione reciproche. L’obiettivo più specifico è quello di offrire un saggio di un più ampio percorso di educazione alla comunicazione nonviolenta, indicando ad alunni e docenti alcuni possibili approcci metodologici da sviluppare opportunamente.
>>> Modalità della proposta:
ogni incontro (per non più di di 25-30 alunni/e alla volta e per una durata di 100 minuti complessivi)seguirà questa modalità operativa: (a) Breve presentazione della tematica e del relatore; (b) “brainstorm” iniziale, per evidenziare alcune “parole-chiave” da cui partire; (c) sintetica illustrazione di tre metodologie per l’educazione alla comunicazione nonviolenta (ECN): (i) l’educazione linguistica nonviolenta di E. Ferraro; (ii) la “comunicazione nonviolenta” di M. R. Rosemberg e (iii) la “comunicazione ecologica” di J. K. Liss; (d) discussione aperta con gli alunni/e, a partire dalle parole-chiave evidenziate ed alla luce della presentazione; (e) valutazione conclusiva dell’esperienza fatta e gioco di chiusura. A distanza di alcuni giorni dall’incontro, agli alunni/e partecipanti sarà proposto un breve questionario di verifica dell’effettiva comprensione di quanto è stato loro proposto (feed back). Sarebbe auspicabile un successivo incontro con i docenti interessati della/e classe/e coinvolta/e nell’esperienza, cui sarà comunque proposta una breve bibliografia di approfondimento.
>>>> Animatore dell’iniziativa:
Ermete Ferraro (Napoli 1952) ha conseguito la Laurea in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli "Federico II" e, in seguito, il Diploma Triennale di Assistente Sociale. Si è abilitato all’insegnamento delle discipline letterarie e del latino per gli istituti superiori e, in seguito a Concorso abilitante per l’insegnamento di materie letterarie nelle scuole medie , è diventato docente di ruolo di Lettere, dapprima alla S.M.S. "Card. Maglione" di Casoria-NA e successivamente alla S.M.S. "A. Sogliano" di Napoli, dove insegna tuttora, svolgendovi anche la funzione strumentale per "disagio e dispersione".
Tra i primi obiettori di coscienza napoletani, da oltre 35 anni è impegnato nei seguenti campi: nonviolenza, disarmo, difesa alternativa, educazione alla pace e ricerca sulla pace, eco pacifismo ed ecologia sociale.
Animatore socioculturale ed operatore sociale di gruppo e di comunità (1974-84) presso il Centro Comunitario della “Casa dello Scugnizzo” di Napoli, negli ultimi dieci anni si sta occupando dell’omonima Fondazione-onlus come coordinatore ed amministratore sociale.
Operatore pastorale presso la Parrocchia Santa Maria della Libera, segue le attività della Caritas e, in modo più specifico, è responsabile di uno sportello di ascolto e di counseling socio-educativo per minori.
E’ autore di alcuni libri e saggi (fra cui uno sulla Educazione Linguistica Nonviolenta) e si occupa di varie questioni, dalla nonviolenza e l’educaz. alla pace all’educaz. ambientale ed alle problematiche del servizio sociale e dello sviluppo comunitario. Per maggiori informazioni visitare il suo sito personale: http://www.ermeteferraro.it il suo blog: http://ermeteferraro.splinder.com ed il suo educational website : http://ermeteferraro.weebly.com
–> Contatti: prof. Ermete FERRARO > via F. Cilea 112 – 80127 Napoli – tel/fax: 081 5799539 – mobile: 349 3414190 – email: ermeteferraro@alice.it
UN MONDO DI…PAZZI ?

Leggendo il fantastico romanzo di Carroll, infatti, abbiamo fatto esperienza dell’incontro con l’assurdo, con la stravaganza e perfino con la follia. Il settimo capitolo – che ho tradotto in napoletano e vi proposto per una gustosa lettura – parla appunto del famoso "Tè dei pazzi". Tuti i personaggi che Alice incontra nel suo "meraviglioso" viaggio, del resto, sono più o meno matti, come del resto le ricorda in modo beffardo lo "Stregatto". Ognuno a suo modo e con le sue particolarità, ma tutti – dal Cappellaio alla Lepre Marzolina, dalla Regina di Cuori alla Duchessa – del tutto privi di quella prevedibilità e razionalità che vorremmo trovare negli altri.
Poi abbiamo letto, sfogliando l’antologia, il brano di Achille Campanile intitolato proprio "Pazzo" e lì ci siamo dovuti per forza fermare un po’ a riflettere, andando oltre i giochi di parole e l’umorismo del "nonsenso". Insomma: chi sono i "pazzi" e, soprattutto, noi stessi siamo tanto sicuri di essere del tutto savi e privi di un qualche aspetto di follia? E poi: quali emozioni e reazioni ci provoca il concetto stesso di "pazzia"? Ne abbiamo parlato abbastanza a lungo, a partire da un "brainstorm" e cercando poi di riordinare le idee e di tracciare una mappa concettuale che ci chiarisse un po’ le idee.
Beh, questo mi pare un altro spunto molto buono per fare della scuola non solo un momento d’istruzione e di educazione, ma un’occasione per riflettere e per guardarci intorno, scoprendo i problemi della società e cominciando a chiederci qual è il nostro ruolo dentro di essa. Vi pare poco…? Scrivetemi le vostre impressioni e fatemi sapere che cosa ne pensate. Un abbraccio dal vostro prof.