VAXTRUPPEN…

Leggere sui giornali gli articoli relativi alle ‘strategie sanitarie’ [i] adottate dal governo italiano in materia di lotta al Covid-19 risulta estremamente istruttivo per chi si occupi di ‘analisi critica del discorso’ o, comunque, abbia una minima sensibilità nei confronti delle modalità comunicative dei media. È da oltre un anno e mezzo, infatti, che la pandemia da cui stiamo tentando di uscire viene presentata come una sorta di epico scontro tra il malvagio ed insidioso virus coronato (con tutte le sue trasformistiche mutazioni) ed una task force politico-tecnico-scientifica impegnata strenuamente e indefessamente nel contrastarlo e sconfiggerlo.

Il fatto è che il linguaggio bellico ha talmente intriso la narrazione di questa gravissima crisi sanitaria (con le sue conseguenze anche sul piano sociale, economico e politico) che a chi dovrebbe fare informazione sembra ormai quasi impossibile utilizzare un lessico medico o, quanto meno, di divulgazione scientifica degli aspetti preventivi e terapeutici dell’epidemia virale. Da quando al vertice della prode squadra è stato messo un generale di corpo d’armata, con tanto di penna sul cappello e medaglie al petto, indubbiamente si è rafforzata l’impronta militarista della crociata anti-covid.

Uno dei suoi punti centrali, inoltre, è stato l’evidente orientamento a colpire, oltre e forse più che il virus, tutti/e coloro che non condividono l’idea che la vaccinazione di massa sia l’unica via per uscire dalla crisi pandemica o che, comunque, non ritengono una sufficiente garanzia le esternazioni delle autorità sanitarie nazionali ed internazionali. L’andamento ondivago e contraddittorio delle dichiarazioni dei soloni di turno, d’altronde, non era certo il modo migliore per rassicurare i cittadini, che continuano a nutrire legittimi dubbi su tante questioni, che vanno dai rischi collaterali all’opportunità di vaccinare anche i ragazzi, dall’efficacia temporale dei vaccini alla validità e positività di un mix vaccinale.

Eppure, sfogliando le pagine del quotidiano il Mattino, [ii] tutti i dubbi in proposito appaiono inesistenti o pretestuosi, di fronte al ‘dovere’ di sottoporsi alla vaccinazione. A proposito di tono militarista, già in prima pagina il giornale ci parla di un piano per trovare i disertori”. Basta voltar pagina per trovarsi davanti, a corredo del titolo dell’articolo di taglio alto di seconda, la fiera espressione La battaglia contro il Covid. In terza pagina poi ci s’informa che è in corso un’iniziativa pubblicitaria, con spot su televisioni e social, trionfalmente denominata: “Coi vaccini vinciamo”: “Una campagna che, mentre prosegue quella vaccinale, chiederà ai cittadini di veicolare un messaggio di rinascita, attraverso un gesto simbolico: il segno della ‘V’ di Vaccino e di Vittoria”. [iii]   Sulla stessa pagina campeggia un articolo che riferisce della conferenza stampa di Draghi sulla “libertà di scelta” relativa ai richiami vaccinali, dove però si riferisce anche del monito lanciato dal generalissimo Figliuolo, secondo il quale occorre “…cercare in maniera attiva gli over 60… ad oggi ne mancano circa 2,8 milioni all’appello” [iv], L’autore dell’articolo, forse preoccupato che il tono non fosse abbastanza marziale, ha così chiosato: “Una nutrita schiera di renitenti con cui, in tutta evidenza, qualcosa non sta funzionando […] Il punto quindi è che quasi tre milioni di persone vanno cercate, trovate e in certi casi convinte a ricevere il vaccino contro il Covid…”.    Non si parla ancora di ‘rastrellamenti’ casa per casa, ma poco ci manca.  Due pagine dopo, su ‘Il Mattino’ si continua a battere sullo stesso tasto. In questo caso è Gigi Di Fiore che nel suo articolo scrive preoccupato di una “fuga dai vaccini”, commentando che “Ai no vax si sono aggiunti i boh vax.[v]

Ma è nella cronaca di Napoli che il quotidiano raggiunge il vertice della retorica bellica. L’articolo di Ettore Mautone sulla “lotta al Covid” già nel titolo lancia addirittura un appello a “Stanare i disertori”. Si riferisce che anche la Regione Campania sta pianificando una vera e propria strategia “per reclutare i dispersi […] Azioni da mettere in campo…per reclutare chi non si è ancora vaccinato tra gli over 60”. [vi]   L’approccio militarista agli interventi di contrasto alla pandemia da Covid-19, dunque, non solo continua ma si consolida. L’insoddifazione delle autorità governative e regionali per non aver conseguito del tutto gli obiettivi che si erano prefissati, infatti, sembra sfogarsi in modo stizzoso quanto autoritario su coloro che non hanno obbedito disciplinatamente alle loro direttive. Ecco, allora, che nel miglior caso vengono qualificati come ‘dispersi’, mentre in quello di rifiuto palese come ‘renitenti’ e perfino ‘disertori’. Questi ‘fuggiaschi’ andrebbero a tutti i costi ‘convinti’, ‘reclutati’ e, se necessario, ‘stanati’ da dove si nascondono, facendosi forti dell’art. 32 della Costituzione, in base al quale: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Ma, a quanto pare, nulla sembra fermare le ‘VaxTruppen’ del generale Figliuolo. A meno che il buon senso, le elementari norme di democrazia ed il rispetto delle persone non abbiano la meglio sulla loro ridicola arroganza e sul vergognoso atteggiamento subalterno dei media.


[i] Ermete Ferraro (2021), “Strategie sanitarie…”, il Dialogo, 03.03.2021 > https://www.ildialogo.org/elezioni/dibattito_1614758540.htm

[ii]   Cfr. IL MATTINO, ediz. Di Napoli, 19.06.2021 >

[iii]  “Col vaccino vinciamo”: ecco gli spot su tv e social, ivi, p. 3

[iv]  Francesco Malfetano, “Richiami, libertà di scelta. Draghi: ma io farò il mix”, ivi, p. 3

[v]  Gigi Di Fiore, “Napoli, fuiga dai vaccini. La Regione chiude 2 hub”, ivi, p. 5

[vi]  Ettore Mautone, “Vaccini, canali social e medici di famiglia ‘Stanare i disertori’ “, ivi, p. 22


© 2021 ERMETE FERRARO

Ripudiare la guerra: dalle parole ai fatti

Pochi non sanno – anche se in troppi se ne dimenticano – che l’art. 11 della Costituzione su cui si fonda la nostra Repubblica comincia con le seguenti parole: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”. C’è da notare che nella Carta costituzionale non è facile trovare affermazioni così esplicite, chiare e categoriche. Ciò che colpisce di più – e su cui intendo soffermarmi sul piano linguistico – è la scelta che i costituenti fecero 72 anni fa, quando decisero di utilizzare in questo contesto il verbo ‘ripudiare’, davvero insolito sul piano giuridico-istituzionale.  

«Che la formula scelta per il divieto suoni particolarmente forte non è dubbio; è nota l’attenzione particolare posta nella scelta del verbo ripudia, preferito, infine, ad altri verbi (rinuncia, condanna) perché – come disse il presidente della Commissione, Meuccio Ruini – ha «un accento energico ed implica così la condanna come la rinunzia alla guerra». Riconoscendo che ogni tipo di contrasto può essere risolto col ragionamento, viene ribadito nelle diverse fasi dei lavori, anche in Assemblea plenaria, l’intento di eliminare la guerra per sempre, il rifiuto dell’atto di violenza…»  [1]

Le parole infatti hanno un peso. Sono molto più che emissioni articolate di voce, in quanto danno corpo ai nostri pensieri, concretezza alle nostre idee e – in quanto ‘atti linguistici’ [2] – servono non solo a dire, ma anche a ‘fare’. Ecco perché non solo esprimono sentimenti ed intenzioni, ma agiscono e conseguono effetti pratici. Nel caso specifico, la condanna decisa ed assoluta della guerra nella Costituzione è racchiusa nel verbo ‘ripudiare’ che di per sé indica un’azione concreta, di cui però non tutti sono consapevoli. Basta allora leggerne la definizione che ne dà un autorevole dizionario:

«Ripùdio s. m. [dal lat. repudium, prob. connesso con pes pedis «piede» (propr., l’atto di respingere con il piede)]. – 1. L’azione, l’atto e il fatto di ripudiare chi è legato a noi affettivamente o socialmente: r. della famiglia; r. di un amico, di un’amicizia. In partic., nel diritto matrimoniale di alcuni popoli (per es. nell’Antico Testamento, nel diritto romano, nella legge sacra musulmana), la dichiarazione che un coniuge (il marito) fa all’altro coniuge, con o senza formalità, di volere rompere il vincolo coniugale: è una forma di divorzio unilaterale. 2. Rifiuto di ammettere, riconoscere, conservare come proprio qualche cosa che ci appartiene: r. di un libro, di un romanzo, di un’opera, di cui si è autore; r. della propria fede, di una promessa; r. dell’eredità, rinuncia all’eredità; r. del debito pubblico, esplicita dichiarazione di uno stato di non volere riconoscere il debito complessivo o alcuni debiti contratti da precedenti governi. Per estens., rifiuto deciso, netta opposizione ad accettare qualche cosa: r. di ogni compromesso, di ogni forma d’imposizione». [3]

Non si tratta di un puro diniego né siamo di fronte ad un semplice rifiuto verbale. Quel verbo dal suono antico, infatti, rappresenta un vero e proprio atto fisico. Evoca concretamente l’atto di respingere qualcosa o qualcuno col piede, di allontanarla/o con un calcio, rescindendo bruscamente un legame o relazione precedente. Siamo quindi di fronte ad un verbo che, se vogliamo, è connotato da una certa violenza e che, comunque, indica una volontà determinata, una decisione netta e definitiva. Certo, se pensiamo alla pratica giuridico-religiosa del ‘ripudio’, tipica della tradizione ebraica ed islamica, l’idea che questa parola ci suggerisce risulta piuttosto sgradevole, indicando una rottura unilaterale del vincolo coniugale, un divorzio privo di consenso e di reciprocità, intriso di spirito patriarcale e maschilista. Nell’adottarlo – in base alla prescrizione di un passo del Deuteronomio [4] – gli uomini Ebrei, con questa pratica molto sbrigativa di rescissione del matrimonio che chiamavano כְּרִיתוּת (kerithùth), sancivano la condanna d’un comportamento ritenuto talmente illecito da annullare l’accordo precedentemente stipulato (il verbo karath significa proprio tagliare un legame, rompere un patto). Secondo il testo veterotestamentario, infatti, la donna scacciata avrebbe dovuto commettere qualcosa di ‘vergognoso’ o ‘impudico’ (il termine originale è עֶרְוָה (ervâ), che in ebraico significa ‘nudità’ esposte). [5]  Se quindi consideriamo la scelta del verbo ‘ripudiare’ nell’art. 11 della Costituzione italiana in senso metaforico, appare chiaro che la ‘vergogna’, l’oscenità cui si fa riferimento, è costituita dalla guerra in sé. Attualmente il termine ebraico per indicare il divorzio unilaterale è ‘gerushim’, dalla radice ‘gerush’ in cui appare ‘ger’, che significa ‘straniero’, per cui – prescindendo ancora da considerazioni etiche e giuridiche su tale istituto – il ‘ripudio’ indica anche in questo caso il disconoscimento di un rapporto precedente, che viene così reciso nettamente, annullato del tutto a causa di un comportamento ‘estraneo’.

Tornando alla radice greco-latina del sostantivo ‘ripudio’ e del verbo da esso derivato, il suo impatto quasi fisico dipende dal sostantivo πούς , ποδός (pous, podòs), evocante l’atto di respingere col piede, di allontanare da sé con un’energica pedata. In latino questo vocabolo si è un po’ trasformato, ma la radice permane nel vocabolo pes, pedis, dal quale sono derivate una notevole quantità di altre parole collegate al termine originario.  Già i greci, ad esempio, usavano il nome ἐμποδιος (ed il verbo εμποδίζω)per indicare ciò che blocca, ostruisce, impedisce, esattamente come, in latino, impedimentum ed impedio. L’impedimento, dunque, è ciò che ‘ci sta fra i piedi’, che non ci fa andare avanti, che ci ostacola nel nostro cammino. Anche qui viene subito da pensare, a proposito dell’art. 11, che ciò che l’umanità dovrebbe finalmente ‘togliersi dai piedi’ è proprio la guerra, sinonimo di morte e distruzione e negazione di una vita tranquilla, serena e produttiva. Per procedere spedito verso un autentico progresso (dal lat. expeditus, esatto contrario di impeditus, da cui deriva fra l’altro anche il sostantivo inglese speedy), l’essere umano deve smetterla di ripetere gli errori del passato in modo pedissequo, di osservare le vecchie regole in maniera pedestre. Tutti noi dovremmo smetterla di accogliere quasi con tripudio il dato che pone l’Italia (che dovrebbe invece ‘ripudiare’ la guerra) al decimo posto nel mondo per esportazione di armamenti bellici. Noi italiani, per un minimo di coerenza, dovremmo indignarci quando qualcuno, dall’alto del suo podio istituzionale, continua a raccontarci fandonie sulle cosiddette ‘missioni di pace’, attualmente ben 41 spedizioni armate all’estero che ci costano quasi 25 miliardi di euro (+8,1%). [6]

Ancora una volta, questo 2 giugno la Festa della Repubblica ci è stata presentata come un’altra trionfale celebrazione delle forze armate, tradendo in tal modo la lettera e lo spirito della Costituzione che dovrebbe ispirarne le scelte. Il ‘ripudio della guerra’ è diventata un’espressione vuota, priva del solenne ed inequivocabile significato impressole 73 anni fa. Troppi pappagalli della politica, dai loro treppiedi, continuano a ripetere frasi assurde quanto retoriche, avallando la mistificazione che, in nome della difesa atlantica ed ora europea – ha portato l’Italia ad essere incatenata ad un complesso militare-industriale e militarmente impegnata in vari continenti, senza che questo possa configurarsi come quella “difesa della Patria” che, secondo l’art. 52 della Carta costituzionale, dovrebbe essere “sacro dovere del cittadino”. [7] Se è vero, infatti, che il testo dell’art. 11 citato prosegue recitando che: (“l’Italia) consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo, è però difficilmente dimostrabile che un apparato militare che ci costa quasi 25 miliardi (68,5 milioni al giorno…) serva davvero per “assicurare pace e giustizia” e non ad alzare ulteriormente il livello delle già diffuse tensioni internazionali.

Dobbiamo allora superare e correggere il sesquipedale errore (nel senso di esagerato e prolungato, ma anche di grossolano) che, oltre a farci identificare il concetto di ‘difesa’ con quella armata [8], sta introducendo surrettiziamente anche l’idea che le forze armate servano pure a difenderci da calamità e pandemie. Ecco perché, nei confronti di un complesso militare-industriale che costituisce un vero e proprio impedimento alla realizzazione di un modello di sviluppo equo, ecologico e pacifico, tocca a noi, con la nostra obiezione di coscienza, ripudiare la guerra in tutte le sue manifestazioni, anche meno evidenti. In primo luogo divorziando da un legame internazionale che dal 1949 ci priva della nostra indipendenza come stato, asservendoci alla difesa degli indifendibili interessi del 10% dell’umanità che divora le risorse del restante 90% , pretendendo di controllare tutto e tutti.

© 2021 Ermete Ferraro


NOTE

[1]  Lorenza Carlassare, “L’art. 11 Cost. nell’intento dei Costituenti”, Costituzionalismo.it, fasc. 1/2013, p. 3 > https://www.costituzionalismo.it/wp-content/uploads/Costituzionalismo_437.pdf

[2]  Per una sintetica definizione, cfr. Pier Cesare Rivoltella, “L’atto linguistico”, La comunicazione >  https://www.lacomunicazione.it/voce/atto-linguistico/  e Clara Ferranti, Teoria degli atti linguistici, Corso di Sociolinguistica, Università di Macerata, 2014 > http://docenti.unimc.it/clara1.ferranti/teaching/2014/13354/files/teoria-degli-atti-linguistici-slide

[3] Voce ‘ripudio’ in Vocabolario on line Treccani > https://www.treccani.it/vocabolario/ripudio/

[4]  “Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa.” (Deuteronomio 24,1)

[5]  Cfr. il testo originale del brano citato ed i relativi commenti lessicali in https://www.blueletterbible.org/kjv/deu/24/1/t_conc_177001 .  Sul divorzio nell’Antico Testamento v. anche l’interessante articolo: Alessandro Conti Puorger, “Il primo matrimonio col Signore”, Bibbiaweb.net > https://www.bibbiaweb.net/lett159d.htm

[6]  Vedi i dati forniti dall’osservatorio Milex > https://www.milex.org/2021/04/23/anticipazione-milex-spesa-militare-italiana-2021-sfiora-25-miliardi/  e da Analisi Difesa > https://www.analisidifesa.it/2020/07/le-missioni-militari-italiane-tra-nuovi-impegni-e-ritiro-dallafghanistan/

[7] V. testo dell’art. 52 della Costituzione della R.I. > https://www.senato.it/1025?sezione=123&articolo_numero_articolo=52

[8]  Vedi la sentenza della Corte Costituzionale n. 64 del 24.5.1985: “La Corte infine afferma che il dovere di difesa della Patria è “ben suscettibile di adempimento attraverso la prestazione di adeguati comportamenti di impegno sociale non armato,” e che “a determinate condizioni il servizio militare armato può essere sostituito con altre prestazioni personali di portata equivalente , riconducibili anch’esse all’idea di difesa della Patria” in: Giorgio Giannini, La difesa della Patria e la difesa non armata civile e nonviolenta, p. 4 > http://www.serviziocivileunpli.net/wp-content/uploads/2010/09/Difesa-della-Patria-non-armata-e-non-violenta.pdf