SINISTRA ARCOBALENO: MA E’ LA SOMMA CHE FA IL TOTALE…?
di Ermete Ferraro
Non posso farci niente, ma leggendo i 14 punti del programma de "la Sinistra – l’Arcobaleno" mi si rafforza nella mente l’idea di un "cartello" elettorale più che di un’effettiva aggregazione, capace di far trasparire una visione comune dell’alternativa che si propone agli italiani. Per carità, nulla da eccepire alla sostanza dei punti programmatici (fatta eccezione per alcuni non identificabili con la mia identità e sensibilità di credente, che non ho mai considerato un abito da indossare o di cui spogliarmi quando mi fa comodo), piuttosto la semplice constatazione che presentare una proposta composita e multicolore è ben diverso dal proporre qualcosa i cui vari colori riescano davvero a fondersi in una luce comune.
Si rischia, in questo ultimo caso, di proporre un programma più "arlecchino" che "arcobaleno", che nasce dalla pura e semplice giustapposizione delle impostazioni e priorità di ciascuna componente della coalizione, facendo bene attenzione al peso elettorale di ciascuna e riservando a ciascun "colore" solo lo spazio spettante, come accade quando di giunge ad una sorta di compromesso o di accordo a tavolino tra soggetti che restano diversi, pur sentendosi comunque legati da un patto di collaborazione. Attenzione, chi mi conosce sa bene quanto ci tengo alla "diversità culturale" di ogni persona e/o gruppo, che non si annulla certo quando l’una o l’altro decidono di cercarsi dei "compagni di strada". Il fatto è che non penso che questo stare insieme debba ridursi a ciò che, col linguaggio aziendalista di moda, potremmo chiamare una joint venture. E questo per la semplice ragione, pratica oltre che etica, che una coalizione di questo tipo non riuscirebbe ad essere molto credibile né riuscirebbe ad attirare consensi tra chi cerca qualcosa di veramente nuovo ed alternativo, per uscire dall’apatia e dallo sconforto provocati da una politica sempre più alla deriva.
Ripeto, non si tratta di essere o meno d’accordo con l’uno o l’altro aspetto del programma: non si tratta dei dieci comandamenti e nessuno è tenuto a condividere ogni affermazione allo stesso modo e con la stessa convinzione. Il vero problema è che – come vado ripetendo da un bel po’ di tempo, ma con scarso successo – la semplice sommatoria di istanze civili, sociali, ambientali e di pace non costituisce un vero e proprio "programma costruttivo" – per citare Gandhi – perché solo una comunanza d’intenti ed una reale integrazione delle proposte può dar luogo ad un soggetto politico davvero alternativo. Già se si considera il solo aspetto del collegamento tra battaglie pacifiste ed ecologiste, il fatto di metterle insieme non dà necessariamente origine ad una proposta autenticamente "ecopacifista". Essa, infatti, può nascere dall’individuazione di una matrice comune – ad esempio, l’idea di sfruttamento e di colonizzazione – che da qualche millennio ha reso l’uomo violento verso la natura almeno quanto lo è stato verso i suoi simili. Non ne parliamo, poi, se a questa dimensione ci si limita ad addizionare quella della lotta per la giustizia sociale (propria della sinistra storica) oppure le istanze libertarie dei movimenti per i diritti civili. Non è sempre vero che, per citare Totò, "è la somma che fa il totale", almeno nel senso che una pura logica combinatoria di elementi diversi non è sufficiente a dare un risultato complessivo soddisfacente.
Se manca il collante di un modello di sviluppo profondamente diverso, che abbia il coraggio di parlare di "decrescita"; se non si vuole proporre un tipo di convivenza civile che sappia puntare più sulla "comunità" che sulla "società"; se si continua a depurare ipocritamente il pacifismo della componente antimilitarista, per non sfidare apertamente il complesso militare-industriale con una strategia di difesa civile e di resistenza nonviolenta; se la tutela dei diritti individuali perpetua il mito illuminista di un liberalismo che sa diventare libertario, ma rifugge inorridito da ogni limite etico e da una vera solidarietà; se, insomma, ci si limitasse a far convivere in un programma elettorale istanze che non prefigurino una visione globale altra ed un modo differente di fare politica, beh, possiamo pure appoggiare e votare questa coalizione, ma corriamo il rischio di scontare, prima o poi, le riserve mentali di ciascuno e la mancanza di un’effettiva unità.
E’ un po’ brutto mettersi a fare dei conti, ma se di somma si deve trattare forse non è poi tanto secondario soffermarsi su alcune valutazioni e considerazioni. Ai diritti dei lavoratori sono stati dedicati 3 punti su 14 (sicurezza, lotta alla precarietà, salari fisco e redistribuzione del reddito); altri 2 punti si occupano dei diritti civili (laicità ed autodeterminazione femminile); seguono poi altri 3 aspetti tipicamente ‘verdi’ (pace e disarmo, patto per il clima, investimenti per il risanamento ambientale). Alle tematiche sociali care alla Sinistra (servizi sociali e sanitari, diritto alla casa, inclusione degli stranieri, investimenti sulla formazione, difesa della democrazia e tutela del diritto all’informazione) sono dedicati i rimanenti 6 punti, che vanno a sommarsi ai primi 3. Risultato? Nove + tre + due = quattordici: un totale che somma le varie istanze, dosando gli ingredienti della coalizione, ma non offre una chiave di lettura comune che consenta d’inserirle in un progetto unitario di società.
Basterebbe leggersi il testo della fondamentale "Carta della Terra" per avere un’idea concreta e precisa di ciò che significa non limitarsi a sommare dei punti, ma cercare una logica alternativa a quella da cui ci lasciamo portare avanti per inerzia. In quel documento si parla di scelte, di radicali modifiche, di responsabilità universale, di rapporto tra locale e globale, di rispetto dell’integrità ecologica e di sviluppo equo e solidale. Certo, si parla anche di diritti, ma non si tacciono i valori e non ci si vergogna di usare parole come rispetto, armonia, nonviolenza, celebrazione della vita. Come ecopacifista, infine, lasciatemi dire che i 3 punti riservati al ‘verde’ in questo arcobaleno non solo sono pochi, ma neppure tanto incisivi. Parlare solo di disarmo nucleare, di tagli alle spese per armamenti e di riconversione civile, infatti, non basta a configurare un’alternativa nonviolenta credibile né ad escludere presenti e futuri coinvolgimenti dell’Italia in vecchi e nuovi scenari di guerra. Rifiutare l’energia nucleare, riproponendo fonti rinnovabili e pulite, ripubblicizzare i servizi idrici e combattere i reati ambientali è sì una valida proposta di priorità, ma non affronta il nodo di un modello di sviluppo energivoro e predatorio, né gli contrappone un’alternativa a livello di produzione e di consumo. E’ giusto, infine, rifiutare la logica delle ‘grandi opere’ in nome degli investimenti per il trasporto pubblico, la raccolta differenziata dei rifiuti ed altre pratiche virtuose ed ecologiche, ma non mi pare che si cerchi di andare oltre le priorità, per configurare il volto di un Paese e di un territorio dove si scelga di vivere con ritmi e modalità alternative, badando all’essenziale e bandendo il consumismo e la frenesia di uno sviluppo malato di "crescita".
Ma forse mi sbaglio e il programma diffuso dai media e sugli stessi siti della Sinistra Arcobaleno, per amore di sintesi, ha omesso un’introduzione più ampia e generale. Forse c’è ancora tempo per evitare che i vari colori di questo arcobaleno lascino intravedere le cuciture un po’ affrettate che li tengono insieme. Forse il dibattito è appena iniziato e non c’è nessuna intenzione di soffocarlo, anche a costo di far nascere prematura ed un po’ squilibrata questa nuova creatura. Sinceramente lo spero, anche se l’assenza dal dibattito di alcuni nomi storici che hanno segnato in Italia il cammino di una coalizione rosso-verde non mi sembra un segnale molto positivo. Staremo a vedere ma, intanto, come primo gesto concreto di unione, prima che sia troppo tardi per farlo, battezziamo in modo meno ambiguo questa creatura, levando quei due orribili e cacofonici articoli (la Sinistra e l’ Arcobaleno) che stanno lì quasi a sottolineare che si tratta di una somma che non riesce a farsi totale…
Apprezzabile il tuo intento di voler comprendere e riflettere sulla questione ma io sarò molto banale nel mio commento, affermando che sono semplicemente schifata da tutti qst “signori” (a qualunque colore, gruppo, parte, somma o frazione di numero appartengano) da stare valutando seriamente l’idea di astenermi dal voto. Sono stufa di essere presa in giro, di vedere disattese le più elementari aspettative (dignità ,pari opportunità , lavoro, condizioni di vita, sicurezza, ordine pubblico, smaltimento rifiuti ecc…) e credo proprio che nn andrò a votare. Se somma ci sarà di certo nn contribuirò al totale. Basta con qst schifo, con le ipocrisie di regime, con i fantocci che si dichiarano di destra o di sinistra ma, nella sostanza, sono figli della stessa madre. Se dipendesse da me li manderei tutti, nessuno escluso, a rimuovere l’immondizia dalla Campania, tanto per cominciare e li farei “vivere” con i lauti stipendi (per cui pagare le tasse è bello, come disse il Genio) che ci consentiranno di essere, quanto prima, i nuovi barboni d’Europa.
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io non mi astengo dal voto, voglio contribuire con la mia goccia nell’oceano, lottando. Tu da che parte stai? io sto con i 4 operai morti oggi, non sto con chi è responsabile della loro morte, nè mai ci sarò. Vedi tu da che parte stare. I vostri crocifissi sono in fondo a quel serbatoio, oggi.
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Cara Pina, il tuo commento non è banale ma, lasciamelo dire, lascia trasparire un atteggiamento di smobilitazione di una carica d’impegno etico e civile che è quanto mai necessaria in questi “tempi cupi”. La mia esperienza in politica mi ha fatto prendere sempre le distanze da “lorsignori”, ma non mi ha impedito di svolgere il mio ruolo con coerenza ed entusiasmo. Sono certo che sia ancora possibile, anche se occorre fare chiarezza ed uscire dalle ipocrisie. Il mio intervento era un invito ad andare oltre le parole degli slogans e a fare delle scelte autentiche. Sfidiamo, allora, i politici e staniamoli, ma cerchiamo di non rifuggire dalla politica in sé, perché sarebbe il modo migliore per consegnarla ancora una volta a chi ne ha fatto una lucrosa professione.
Quanto a Berardo, ne comprendo e ne condivido l’indignazione, ma non la formula semplicistica “tu da che parte stai?”. Scegliere di stare da una parte, caro Berardo, non vuol dire farlo in modo acritico. Ma sono convinto che anche tu sai distinguere tra chi vende chiacchiere – anche dalle parti “nostre” – e chi invece può davvero esprimere un’alternativa credibile.
Ermes
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