KRISIS: E’ TEMPO DI SCEGLIERE

CRISISNon ho sottoscritto l’appello “Campania e crisi. Per un nuovo protagonismo dei popoli del mediterraneo” [i] , lanciato dal nascente movimento che ha deciso di denominarsi “Maggio” –  né sono riuscito a partecipare alla sua prima assemblea napoletana.

Fra i suoi firmatari ritrovo più di una decina di amici e compagni, ma temo che ciò non sia sufficiente a farmi aderire a questo appello dal nome così suggestivo, ma che mi sembra ancora molto esile, in quanto frutto di una certa alchimia fra più ‘anime’ politiche, che hanno in comune l’avversario più che un vero progetto.

Non vorrei però essere ingeneroso con chi si sta sforzando di riprendere il filo del discorso interrotto alle scorse elezioni europee, dovendo peraltro tener conto della frammentazione del quadro politico della sinistra c.d. ‘antagonista’ e delle caratteristiche  ben diverse di una consultazione elettorale regionale. Ecco perché ho provato a rileggere più volte il documento, evidenziandone alcuni passi salienti e certe parole d’ordine con colori differenti.

Il risultato è un testo in cui prevale ovviamente il rosso dell’opposizione alle politiche neoliberiste  contro i lavoratori, con alcune pennellate di azzurro (il colore che ho simbolicamente attribuito alla componente neo-meridionalista della coalizione) e di arancione (questione ‘beni comuni’ ed aziende pubbliche). Il colore verde dell’ecologia, per continuare nella metafora, compare invece solo in due passi dell’appello, quando si parla degli interessi camorristici su smaltimento di rifiuti tossici e gestione delle bonifiche e, poco più avanti, quando si fa cenno alle politiche regionali favorevoli all’incenerimento dei RSU.

Non che mi aspettassi un quadro più policromo, ma non posso accontentarmi di una pura e semplice giustapposizione di coloriture politiche, in cui l’ambientalismo (io preferisco chiamarlo ecologia sociale) è ancora una volta ridotto a componente aggiuntiva e poco significativa di questa ‘alternativa’. Non si tratta neppure di spazio ed importanza di certi temi che ovviamente mi stanno a cuore. Il fatto è che tra i quattro colori citati non c’è alcuna reale armonizzazione né tanto meno una effettiva fusione. Altrettanto generico, poi, risulta il riferimento al protagonismo dei popoli del Mediterraneo, sebbene tale obiettivo sia inserito nel titolo stesso dell’appello.

Certo, anche un importante riferimento politico come SYRIZA [ii] dopo oltre 10 anni – rimane sostanzialmente ciò che dichiara di essere (Synaspismòs vuol dire infatti ‘coalizione’). Ancora una volta la scienza etimologica ci viene incontro per chiarirci che ‘coalizione’ non significa solo mettersi insieme contro qualcosa e/o qualcuno, bensì ‘crescere insieme’ (dal lat. co-alesco). Temo però che quest’ultimo decennio – nonostante le pesanti lezioni subite… – non abbia insegnato molto alla c.d. sinistra antagonista. Direi che la tendenza prevalente resta purtroppo quella di perseguire obiettivi di piccolo cabotaggio, alleanze puramente tattiche, raggruppamenti solo strumentali e, proprio per questo, estremamente deboli e privi di radicamento.

Ma una sinistra che ambisca ad essere radicale – nel senso originario, greco, del termine – dovrebbe invece seminare di più e più in profondità, cercando non solo di costruire alleanze tanto per sopravvivere, bensì di volare alto, di farsi portatrice di una vera alternativa, che non può che essere globale e radicata nel comune sentire della gente.

Ammettiamolo: la pretesa di raccogliere dove non si è seminato (il mondo del volontariato sociale e del terzo settore, i cristiani orientati verso un socialismo evangelico, gli ambientalisti che non si occupano solo di fiori e di uccelli, i gruppi antimilitaristi e pacifisti, i marginali e gli emarginati delle nostre periferie, etc.) risulta oggettivamente poco credibile. E, si badi bene, quando parlo di ‘seminare’ mi riferisco al recupero di una modalità di azione politica di base, ad una ‘grass-roots action’ di cui si sono perse le tracce, e che lascia invece campo libero al populismo di destra e di sinistra. Con la citata espressione d’origine anglosassone, quindi, non mi riferisco alla sopravvivenza di demagogici movimenti di piazza, il cui scopo è blandire il solito sottoproletariato o i migranti con promesse irrealizzabili, ma piuttosto ad una Politica altra e alta, che valorizzi le risorse locali, i momenti di partecipazione dal basso, gli organi di decentramento amministrativo (ora ridotti a vuote scatole da spartirsi).

La stessa idea di ‘crisi’ esclusivamente come contingenza negativa, economicamente e socialmente oltre che politicamente, suona piuttosto banale e priva di slancio in positivo. L’etimologia di questa parola greca (krisis) ci riporta piuttosto ad una situazione in cui occorre valutare, giudicare, scegliere, separando (in gr. krìno) gli aspetti negativi dalle potenzialità buone. La crisi è un’occasione per operare ciò che il lessico cattolico chiamerebbe un opportuno ‘discernimento’, per poi finalmente assumere delle valide decisioni (de-cidere in latino significa appunto: risolvere un conflitto, un contrasto).

La crisi della Campania è un dato oggettivo e fin troppo evidente. Attribuirne le cause alla sola gestione Caldoro ed al centro-destra campano sarebbe sciocco, oltre che poco credibile, per cui dovrebbe emergere dall’appello una ben più netta condanna delle politiche consociative e neoliberiste di PD ed associati, che sono riuscite in breve tempo a fare oggettivamente più danni di quanti ne abbiano fatti Berlusconi & Co. nel suo lungo periodo di egemonia.

Mi va benissimo, inoltre, il recupero della questione meridionale e della bandiera della riscossa del Sud dalla macroscopica truffa perpetrata da un secolo e mezzo ai danni della gente delle regioni meridionali. E’ innegabile che “Il Mezzogiorno vive sulla pelle delle sue popolazioni tale diseguaglianza e le scelte del governo Renzi stanno aumentando il divario con il Nord Italia” e mi sembra quindi sacrosanta la protesta contro questo “federalismo truccato” che ruba ai poveri per dare ai ricchi. Non credo però che la mai risolta questione meridionale possa essere liquidata con un paio di slogan né che sventolare bandiere nostalgiche possa risolvere i problemi di un Sud dove i suoi stessi ‘figli’, politicamente parlando, si sono troppo spesso dimostrati figli di ben altra genitrice…

Insomma: un programma per le regionali non può ridursi al solito, triste e monotono “cahier des doléances”. Fare una semplice sommatoria di guasti e problemi (dalle disuguaglianze al controllo sociale; dalla ‘desertificazione’ industriale ed agricola al malaffare camorristico che ci taglieggia e ci avvelena; dalle privatizzazioni alle politiche di austerità ed ai tagli ai servizi sociali) non produce risultati positivi, ma solo sconforto e desolazione.

D’altra parte, penso che un nuovo modello di sviluppo e di società non può essere caratterizzato solo dal rifiuto del liberismo imperante e della ‘gabbia dei sacrifici’  cui ci costringono le politiche di austerità europee e nazionali.

Allora, a costo di essere tacciato di ‘benaltrismo’ sento di dover dire che, appunto, ci vuole…ben altro. Ci vogliono idee guida, principi solidi, visioni prospettiche di un futuro che non può essere ridotto alla pura e semplice aspirazione a fare meno sacrifici, magari per continuare a perseguire quell’assurda ‘crescita’ che troppo spesso viene contrapposta ad ‘austerità’.

Da ecopacifista antimilitarista, inoltre, in questo appello non ho trovato neppure una riga dedicata all’opprimente militarizzazione e nuclearizzazione del territorio e del mare della Campania, al servizio esclusivo di NATO ed USA, dei cui effetti ben pochi sembrano rendersi conto.

Non ho neppure riscontrato un minimo riferimento a quella che giudico la vera madre di tutte le rivoluzioni, quella energetica, che da anni – insieme col compianto Antonio D’Acunto – come Rete Campana per la Civiltà del Sole e della Biodiversità [iii] stiamo perseguendo con creatività e tenacia, per affermare appunto quella che abbiamo chiamato “Civiltà del Sole”. Nell’appello non si accenna neppure all’enorme potenziale – ecologico ma anche economico – di una netta svolta verso il solare e le altre fonti energetiche rinnovabili, né mi sembra di leggervi un sia pur vago cenno alla prima decisione da assumere se si vuole davvero ‘cambiare verso’, quella cioè di gettare a mare il modello attuale di sviluppo – iniquo ed energivoro – per imboccare risolutamente la strada della ‘decrescita felice’, eliminando sprechi e consumismo e recuperando la dimensione comunitaria, solidale e nonviolenta della società. [iv]

Syriza_2007_forestsNon ho incontrato neppure un riferimento chiaro ed esplicito ad uno dei peggiori reati politici che abbiano colpito la Campania, quel ‘biocidio’ in nome del quale pur erano scesi in piazza centinaia di migliaia di cittadini, ma che sembra ormai derubricato ad esclusiva competenza dei giudici antimafia e dei dipartimenti ambientali e sanitari, in vista dell’auspicata bonifica delle terre avvelenate dai rifiuti e dai roghi. Anche quando si parla di questioni ambientali, d’altra parte, la dimensione resta antropocentrica e non si avverte alcun reale interesse per la gravissima perdita di biodiversità (vegetale, animale ed anche culturale) che è invece una delle ricchezze della Campania.

Contrastare il “blocco di potere rappresentato dalla destra di Caldoro e dal PD” oppure opporsi, giustamente, al populismo razzista ed antimeridionalista di Salvini, sono affermazioni ovviamente sottoscrivibili, ma rischiano di restare battaglie di retroguardia, prive di un messaggio realmente alternativo, capace di accendere nei cittadini la speranza in un modo profondamente diverso di gestire la regione d’Italia che è terza per numero di abitanti e prima per densità abitativa. Quella Campania che, viceversa, potrebbe diventare non solo il centro di riscossa di un Meridione capace di recuperare la propria dignità culturale e sociale, ma anche la capitale della‘Civiltà del Sole’, i cui i pilastri sono nella scelta di fonti energetiche pulite diffuse e che non creano dipendenza, nel perseguimento del decentramento energetico, nella salvaguardia e valorizzazione della biodiversità e nella costruzione di un modello di sviluppo e di lavoro a misura d’uomo, ma anche compatibile con i delicati equilibri ecologici.

Concludo questa mia riflessione con le ispirate parole del carissimo Antonio D’Acunto, nella speranza che questo suo messaggio sappia farci uscire dalla banalità della politics e ci apra alla grandezza della Policy.

«Ma qui c’è anche l’assoluta necessità, che è anche la ragione ideale dei valori e  delle aspirazioni,  di un progetto politico  radicalmente alternativo al renzismo. Un progetto che, proprio perché parte dall’Ecologia e dalle sue leggi, affronta la crisi di oggi nelle cause di fondo che l’hanno generata, ricreando le condizioni per il benessere dell’Umanità nella sua globalità e del Pianeta, nell’infinita sua Biodiversità e Bellezza. Un progetto che parte dalla ricerca costante di  scelte e tecnologie per soddisfare i bisogni di oggi, che non solo non sottraggono valori al futuro, ma generano al contrario potenziali arricchimenti, cioè una Civiltà del Sole e della Biodiversità, costruita sull’Amore ed il Rispetto per il Pianeta,  per la sua Bellezza, e per  le sue forme di Vita,  e conseguentemente della sua limitatezza e delle necessità che essa impone; rinnovabilità e rigenerazione per ogni attività umana.» [v]

[i] http://contropiano.org/articoli/item/28497

[ii] http://syriza.net.gr/index.php/en/

[iii] http://www.laciviltadelsole.org

[iv] https://ermeteferraro.wordpress.com/2014/06/08/ecosocialismo-si-grazie/

[v]  Antonio D’Acunto, Un soggetto politico eco-progressista http://www.laciviltadelsole.org/interventi–documenti.html