(7) BASILICHE E TORRI

(7) Mercoledì 12: ultimo giorno di permanenza a Venezia, con la sensazione di avere ancora troppe cose da vedere e troppo poco tempo per farlo. Dopo il breakfast all’albergo, tra l’ipotesi di girare ancora un po’ per la città e quella di scendere subito in picchiata verso sud, un po’ per caso e un po’ per accontentare Anna decido di optare per una terza soluzione. Imbocco infatti la superstrada che, dopo 35 chilometri lungo la ridente campagna patavina e la riviera del Brenta – costellata di splendide ville biancheggianti tra il verde – ci porta a Padova. Entrati in città, delle grandi cupole tondeggianti ci fanno credere di esserci approssimati alla Basilica del Santo e, lasciata l’auto al parcheggio, ci avviciniamo alla facciata. Scopriamo però che si tratta di un altro imponente santuario, dedicato a Santa Giustina ma racchiudente, in uno degli altari della vasta navata, nientedimeno che la preziosa teca col corpo di San Luca. La testa l’evangelista, purtroppo, l’aveva già persa da molto tempo, essendo stata donata a non so quale Imperatore d’Austria, che la fece collocare nella cattedrale di Praga… Raggiungiamo a piedi, qualche centinaio di metri più avanti, l’orientaleggiante, celeberrima, struttura della Basilica di Sant’Antonio, la cui grandiosa struttura è caratterizzata dalla grande cupola seduta stranamente proprio sopra la facciata. C’immergiamo in reverente silenzio nel santuario antoniano, circondati da centinaia di devoti turisti provenienti da tutte le parti del mondo. La chiesa è bellissima, ma l’interesse dei visitatori è prevalentemente religioso, più che artistico, e converge verso il cuore della Basilica, la cappella absidale con le preziose reliquie del grande predicatore francescano, il cui cadavere risulta però stranamente dissezionato in tante parti, fra cui la famosa "lingua", simbolo della sua evangelica e miracolosa eloquenza. Sul lato destro della navata, invece, c’è la cappella con l’urna che ne contiene le spoglie mortali, lì collocate dopo una recente ricognizione e traslazione. Una volta usciti nel bel chiostro del santuario – dove si trova il book-shop e la rivendita dei pii ricordini antoniani, nonché lo stand del diffusissimo "Messaggero di Sant’Antonio" – Irene riesce perfino qui a trovare appagamento alla sua esaltazione pausiniana. Sullo scaffale, infatti, occhieggia il volto della diva Laura dalla prima pagina del numero di maggio dell’edizione inglese della rivista (The Messenger of St. Antony), che le ha dedicato un’ampia intervista.  Dopo la fila per procurarmi questo prezioso ed inaspettato "santino", concludiamo il nostro breve pellegrinaggio antoniano e ci dirigiamo lestamente al vicino Orto Botanico. Non è che questa meta entusiasmi moltissimo la figliolanza, ma le ragazze hanno modo di ricredersi una volta dentro questo bel giardino scientifico dell’antichissima università, che racchiude essenze di tutti i tipi, dalle piante medicinali a quelle carnivore, dagli alberi secolari alle piantine di mentuccia. La parentesi botanica è interessante e gradevole – anche se il nostro Orto napoletano non ha nulla da invidiare a quello patavino – ma non possiamo prolungarla oltre un’oretta. Ci tocca, infatti, procurarci dei saporiti panini e dei dolci locali un po’ fiacchi, che ci consentono di rifocillarci e di ripartire, lasciando la Padania per raggiungere la Toscana via autostrada, ripassando per Bologna e scendendo poi a Firenze. L’idea è quella – forse suggeritaci inconsciamente da un entusiamo per le repubbliche marinare – di fermarci a Pisa, deviando un po’ dall’Autosole e spingendoci verso la gradevole costa tirrenica, pur evitando accuratamente le mete turistiche balneari come le celeberrime perle della Versilia. Una volta a Pisa, non avendo prenotato, prendiamo due stanze in un simpatico albergo, distante solo qualche centinaio di metri dalla fantastica Piazza dei Miracoli. Nel frattempo, Anna è stata colta da uno dei suoi malori – frutto di qualcosa di un po’ indigesto, del caldo e dello stress del viaggio – e si abbatte sul letto, in preda a nausea e mal di testa, sancendo la fine della giornata turistica, peraltro giunta a tarda ora. Restiamo per un po’ mestamente a farle compagnia, ma poi un vago appetito s’impadronisce di noi (ovviamente non di Anna e di Laura, ancora di malumore per il taglio brusco alla visita veneziana) e quindi Irene, Chiara ed io ci dirigiamo verso il fulcro monumentale di una città peraltro piuttosto insipida e solitaria. Giungiamo nella fatidica piazza proprio in tempo per osservare e fotografare (come centinaia e centinaia di turisti, fra cui molti spagnoli, cinesi e francesi…) quelle tre meraviglie architettoniche di marmo bianco, che troneggiano sui prati verdissimi e che, alla luce del sole che tramonta, assumono bellissime sfumature dorate e rosate. Schiviamo un folto nugolo di "vucumprà" africani, che fuggono a gambe levate con le loro mappatelle di articoli taroccati, seguiti lentamente da una gazzella della Finanza e pronti a riprendere posizione subito dopo… Questo ci fa sentire subito a casa nostra e continuiamo a gironzolare per la piazza, con uno sguardo privilegiato alla celeberrrima Torre pendente, replicata in un numero incredibile di souvenirs lungo l’ininterrotta fila di botteghe, nelle fogge più assurde, alcune di pessimo gusto. Mi rifiuto decisamente di emulare le centinaia di visitatori, che si lasciano immortalare in improbabili pose plastiche, fingendo di reggere la torre ma componendo solo un esilarante quadro di follia, e mi limito a qualche tradizionale scatto con le ragazze. Ceniamo poco più avanti, in una trattoria affollata ma non degna di menzione, cercando comunque di tenerci leggeri per non fare compagnia ad Anna a boccheggiare sul letto…

di erferraro Inviato su Senza categoria Contrassegnato da tag

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