Ho la fortuna d’insegnare in una scuola media che è uno dei 27 istituti scolastici napoletani prescelti per l’installazione di impianti fotovoltaici per produrre energia elettrica da fonte solare. Nel 2010 il progetto comunale riguardava 42 scuole della città, ipotizzando un risparmio di emissioni di CO2 pari a 2.800 tonnellate in venti anni. L’11.1.2010, infatti, la Regione Campania – applicando un finanziamento previsto dal D.M. 21.5.2002 – aveva emanato il decreto dirigenziale n. 3, col quale accordava al progetto “Scuole Solarizzate” del Comune di Napoli un contributo di quasi 868.320 Euro, pari al 20% dell’investimento totale previsto (4.341.600 Euro). Nel successivo capitolato d’appalto, però, la somma è stata ridotta a 2.822.040 Euro, per cui l’investimento si è limitato solo a 27 istituti cittadini, con un finanziamento regionale sceso a 408.300 Euro, a seguito del dirottamento dei restanti 460.000 Euro per un progetto sui parchi. Il progetto, pur ridimensionato, resta comunque significativo. Esso prevede infatti che dai 390 kWp installati sulle 27 scuole napoletane si ottenga una produzione di energia pari a 535.500 kW per anno, evitando in tal modo d’immettere in atmosfera 416 tonnellate di CO2 annue, vale a dire 8.320 tonnellate in 20 anni.
A distanza di 4 anni, però, dell’effettiva attuazione di quel progetto si sa piuttosto poco, a parte che – con delibera di giunta del 9.2.2012 – ne è stato approvato il ‘completamento’. Lo stesso presidente della quinta municipalità di Napoli, da me invitato a partecipare ad un incontro pubblico sull’argomento, tenuto lo scorso 2 aprile proprio nella mia scuola, ha candidamente ammesso di non avere dati precisi nemmeno sui tre istituti scolastici di sua competenza. Certo, in ogni scuola ‘solarizzata’ è stato installato un tabellone luminoso, dal cui display è possibile ricavare informazioni sulla potenza dell’impianto, l’energia prodotta e l’inquinamento da CO2 evitato. Si tratta però d’un monitoraggio parziale dei risultati dell’operazione realizzata dal Comune di Napoli che, soprattutto, riduce la questione a meri dati tecnici, che peraltro nessuno si preoccupa di portare a conoscenza delle comunità locali, che in tal modo non viene informata né coinvolta. Nel corso dell’incontro cui accennavo prima, infatti, è apparso chiaro è che la consapevolezza di genitori e docenti in materia – anche in una scuola collocata in un contesto socio-culturalmente ed economicamente evoluto – resta piuttosto limitata. Gli impianti fotovoltaici installati nelle scuole, insomma, restano qualcosa che sta “sui tetti” di quelle realtà educative, ma forse non è mai sceso dentro le menti ed i cuori di coloro che ne sono i fruitori. Del resto, anche questo termine risulta improprio, visto che l’energia elettrica prodotta dai pannelli solari non viene utilizzata direttamente dagli utenti di ciascun istituto scolastico, ma è immessa in rete, alimentandone il flusso unificato e centralizzato, come un ruscello che si perda in un grande fiume.
Nella locandina che pubblicizzava l’incontro ho inserito, rielaborandolo, il logo di un’associazione statunitense (Solar Schools – http://www.nrdc.org/about/ ), il cui sintetico ed efficace slogan è: “Powering classrooms, empowering communities”. Ho provato a tradurlo con “Dare energia alle aule, dare più potere alle comunità”, per sottolineare che un programma di solarizzazione delle scuole non dovrebbe mai essere banalizzato come un mero investimento o una ‘modernizzazione’ tecnologica.
Dietro la valorizzazione e diffusione dell’energia solare – avremmo voluto spiegare anche ai tanti genitori e docenti della mia scuola che purtroppo non sono intervenuti all’incontro – c’è in realtà un cambiamento epocale, una vera e propria rivoluzione, non solo energetica. E’ quella “Civiltà del Sole” di cui la Rete associativa di cui faccio parte da tre anni si fa divulgatrice e promotrice, denunciando ambiguità e ritardi delle istituzioni, che purtroppo stanno rallentando l’attuazione dell’innovativa legge popolare su cui abbiamo raccolto circa 20.000 firme e che siamo riusciti a far approvare dalla Regione Campania poco più di un anno fa.
Il fatto è, comunque, che una ‘civiltà del sole’ non si basa soltanto sulla crescita quantitativa della percentuale di energia ricavata da fonti rinnovabili, ma richiede un profondo cambiamento degli stili di vita, del rapporto con l’ambiente naturale e di effettive e diffuse ‘buone pratiche’ nei consumi domestici, nei trasporti e in tanti altri aspetti della nostra realtà quotidiana. Non serve a molto, infatti, solarizzare i tetti degli edifici se chi vi abita e vi lavora continua a comportarsi come ha sempre fatto, sprecando elettricità in mille modi. Chi abbia dimestichezza con gli uffici, e quindi anche con le scuole, sa bene che troppo spesso corridoi ed aule restano inutilmente illuminate anche con una luce esterna più che sufficiente. Che la miriade di apparecchi elettrici ed elettronici (computer, lavagne elettroniche, fotocopiatrici, stampanti, fari delle palestre etc.) rimangono frequentemente accesi o comunque in posizione di ‘stand by’ . Che il riscaldamento centralizzato funziona talvolta anche con 23 gradi di temperatura esterna, costringendo alunni ed insegnanti a spalancare le finestre – sotto le quali i termosifoni sono spesso collocati – e quindi disperdendo assurdamente calore nell’aria. Ma tutto ciò è l’evidente contrario di quel risparmio energetico che, insieme all’efficienza, dovrebbe invece rappresentare per una comunità consapevole l’obiettivo principale da conseguire, fra l’altro a costo zero. Recenti studi in Germania hanno quantificato lo spreco energetico, dovuto alle apparecchiature elettriche lasciate in ‘stand by’ attorno ai 20 TW/h. Si tratterebbe nientemeno che di venti mila miliardi di wattora che l’incuria degli utenti riesce a sperperare ogni anno, con l’aggravante che ciò avviene per alimentare apparecchiature elettriche… spente!
Ricerche e studi in proposito non mancano certo e sono concordi nel denunciare questo spreco assurdo di risorse energetiche, frutto di abitudini sbagliate e di diffusa ignoranza. Eppure una delle ragioni per cui le scuole sono state prescelte come sede per impianti fotovoltaici ritengo sia stata proprio la loro caratterizzazione educativa, la loro valenza formativa. Se ci guardiamo un po’ intorno, però, non mi pare che questo obiettivo sia stato raggiunto. Il consumismo sfrenato della nostra civiltà si alimenta in buona parte col consumo spensierato di energia elettrica (pensiamo solo al proliferare di cellulari, smart-phone, tablet , i-pad ed altri costosi aggeggi).Ecco perché la diffusione d’impianti fotovoltaici e di altre fonti energetiche alternative e rinnovabili (eolico, geotermico etc.) non può e non deve diventare il pretesto per ammantare di ecologia un uso irrazionale delle risorse o, peggio, per continuare a credere che la scienza e la tecnologia risolveranno tutti i nostri problemi.
E’ pur vero, d’altra parte, che ci sono tantissime esperienze di educazione ambientale sia all’estero (USA, GB, Germania, Paesi Scandinavi…) sia in Italia, che fanno leva proprio sul ruolo formativo della scuola per promuovere conoscenze migliori e per promuovere buone pratiche. Guai se il sole arrivasse solo ai pannelli installati sui tetti delle scuole, senza giungere ad ‘illuminare’ anche le teste di studenti, docenti ed altri lavoratori che vi trascorrono mediamente sei ore al giorno! Ancor meglio sarebbe se l’energia del sole così raccolta servisse ad alimentare le stesse scuole, dando senso all’efficace slogan citato prima. Fornire direttamente energia alle aule sarebbe il primo importante passo, cui dovrebbe comunque seguire il secondo: dare più potere alle comunità locali, decentrando le risorse energetiche e facendole gestire direttamente a chi vive in quel territorio.
Il guaio è che questi non sono obiettivi che si raggiungono schiacciando un bottone. Ci vuole convinzione e tenacia, ma soprattutto la consapevolezza che, per parafrasare don Milani, dobbiamo tutti agire come se ogni cosa dipendesse da noi. Ecco, nel milaniano “I CARE” mettiamoci anche l’impegno affinché ciascuno faccia quanto può, al suo livello, per realizzare davvero l’auspicata “Civiltà del Sole’.
© 2014 Ermete Ferraro (http://ermeteferraro.worpress.com )