Misura, providenzia e meritanza
Misura, providenzia e meritanza
fanno esser l’uomo sagio e conoscente
e ogni nobiltà bon sen[n]’avanza
e ciascuna ric[c]heza fa prudente. 4
Nè di ric[c]heze aver grande abundanza
faria l’omo ch’è vile esser valente,
ma della ordinata costumanza
discende gentileza fra la gente. 8
Omo ch’è posto in alto signoragio
e in riccheze abunda, tosto scende,
credendo fermo stare in signoria. 11
Unde non salti troppo omo ch’è sagio,
per grande alteze che ventura prende,
ma tut[t]ora mantegna cortesia. 14
Estratto da "http://it.wikisource.org/wiki/Misura%2C_providenzia_e_meritanza"
Stamattina, sfogliando in metropolitana l’edizione napoletana del quotidiano “City”, mi sono imbattuto nell’affascinante rappresentazione marmorea di Federico II riportata sopra, forse l’unica che ne riproduca esattamente l’aspetto. Da cittadino dell’infelice Napoli del XXI secolo, di fronte a quello sguardo severo ed aperto al tempo stesso, mi è venuto allora spontaneo chiedermi che diavolo avrebbe pensato quel grande ed illuminato sovrano delle miserande vicende odierne della città dove nel 1224 egli fondò la Universitas Studiorum che ne porta ancora il nome.
Quali considerazioni avrebbe fatto quello che fu denominato stupor mundi di fronte a quella capitale del Mediterraneo, che è stata trasformata in città emblema del malgoverno e della devastazione ambientale? Credo che avrebbe avuto un bel po’ di motivi per stupirsi lui di come si sia riusciti a ridurre Napoli a capitale internazionale della munnezza e del malaffare… L’autore delle Constitutiones Regni Utriusque Siciliae (o "Costituzioni Melfitane") sarebbe rimasto certamente sconcertato nel constatare che perfino il sannitico "maestro giustiziere" del nostro incredibile Stato repubblicano è stato costretto a dare le dimissioni, perchè messo sotto accusa proprio da quei "giustizieri" di cui avrebbe dovuto essere il ministro…
A colpirmi, però, sono stati anche i versi del suo sonetto che ho riportato in apertura, nel quale – lasciando stare per un po’ i temi dell’amor cortese – Federico di Svevia si soffermava invece sulle virtù politiche che riteneva fondamentali, e che ne costituiscono il titolo: "Misura, providenzia e meritanza". Si tratta, purtroppo, di tre requisiti di cui oggi egli rischierebbe di non trovar più nemmeno le tracce fra coloro che esercitano funzioni di governo… Come si fa, infatti, a parlare di misura di fronte alla smisurata arroganza di questa classe dirigente, incredibilmente incapace di ammettere, almeno in parte, le proprie responsabilità? Che cosa c’entra questa smarrita virtù dei tempi antichi con l’attuale, e altrettanto smisurata, sete di controllo di ogni aspetto della pubblica amministrazione da parte di gruppi d’interesse e di pressione? E poi: chi fra i politici attuali ci terrebbe a mostrarsi "sagio e conoscente", quando l’esercizio del potere è ormai stato privato d’un pur minimo legame con la saggezza e la conoscenza?
E di quale providenzia potrebbe andare in cerca quel grande e lungimirante sovrano in un’epoca come quella che stiamo vivendo, in cui prevedere le conseguenze dei propri atti e delle proprie scelte sembra diventato inutile – se non addirittura dannoso – alla pratica politica? Quello che è certo è che, se i nostri amministratori (ordinari e straordinari) avessero minimamente esercitato la virtù della "providenzia", non saremmo certo giunti a questo punto, non solo in materia di rifiuti ma anche di gestione delle risorse territoriali, di contrasto alla disoccupazione e di provvedimenti per frenare il degrado quotidiano delle nostre città.
Non ne parliamo poi della meritanza, di cui il povero Federico II stenterebbe a trovare i segni in una società che ha progressivamente reciso ogni rapporto tra occupazione di funzioni di responsabilità ed effettivo merito e competenza per esercitarle. Per lui era evidente che la gentileza fra la gente non deriva affatto dalla abundanza di richeze – cui viceversa sembrano tendere tutti – ma piuttosto dall’ordinata costumanza di chi conosce il proprio dovere e lo esercita ordinariamente, abitualmente. Il guaio è che chi si trova in una posizione di signoragio – cioè di potere e di controllo delle risorse – s’illude di potervi restare a lungo, saldo e stabile, ma spessoè costretto a sperimentare quanto sia facile "scendere tosto" da quell’artificioso piedistallo, come tutti recentemente abbiamo potuto verificare, scorrendo le cronache politico-giudiziarie di tanti nostri governanti.
Federico II ammoniva più di otto secoli fa che l‘omo sagio dovrebbe stare molto attento a non fare troppi "salti", ma chi cavolo glielo va a raccontare ai nostri politici di mestiere, per i quali "saltare" opportunisticamente da una parte all’altra sembra una sorta di caratteristica innata? Ecco, allora, che le altezze raggiunte da troppi di loro rischiano di trasformarsi in trampolini per ulteriori salti, con conseguenze spesso disastrose anche per loro stessi…
Fissando il volto fiero di quell’imperatore che seppe guardare molto lontano ma senza perdere la saggia concretezza di chi sa quello che fa, proviamo allora a sognare di poter essere amministrati da persone dotate di senso della misura, di capacità di previdenza e di effettivi meriti… Immaginiamo per un attimo di trovarci di fronte a chi non confonde il "signoragio" (cioè il puro e semplice esercizio del potere) con quella "signoria", che è frutto invece di una reale, effettiva, riconosciuta, capacità di governo… Proviamo, infine, a figurarci una realtà dove la gentileza e la cortesia sostituiscano per un po’ le vagonate di volgarità e di arroganza provinciale da cui siamo circondati…. Beh, non ci resta che darci da fare, dal basso e in prima persona, perché tutto questo non resti solo una fantasticheria ma possa diventare, almeno in parte, realtà. La nostra realtà.
Ti ringrazio per avermi invitato qui! Sono onorato di avere un amico blogger mio compaesano, con cui, grazie a Dio, non condivido solo la “munnezza” ma soprattutto un amore per la propria città ! Mi piace molto come scrivi e prometto che tornerò a trovarti per leggerti con l’attenzione che meriti, quando esami permettendo, sarò più libero. Grazie ancora e tanti saluti…
By Enzo
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la sapienza degli antichi entri nel cuore dei giovani di oggi… anche tramite il nostro buon esempio e la nostra testimonianza. dinanzi all’arroganza del potere dobbiamo contrappore l’umiltà del servizio. un caro augurio e sempre un grazie sincero, tuo marce
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Avere un vero amico è già cosa rara, dotto e sapiente e amico anche più raro. Che sia anche di fede vera rarissimo. Però che stress, per leggerti e capirti mi dovrei comprare un’ enciclopedia.
Riccardo Rossi
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