VIZI E VIZIETTI (1)

foto: Pete Leonard/Zefa/CorbisUna recente indagine demoscopica – promossa dal mensile Messaggero di sant’Antonio – ci mostra la faccia meno simpatica e buonista degli Italiani, svelandone impietosamente i vizi più diffusi ed avvertiti. Al primo posto c’è la maleducazione, che spesso si manifesta sotto forma di arroganza e di cui si lamentano il 90% degli intervistati. Al secondo posto, con l’80% , troviamo l’individualismo – connotato come consumismo materialistico – mentre il terzo posto, in questo poco onorevole podio, spetta alla indifferenza, il tipico menefreghismo nostrano, denunciato dal 77% dei nostri connazionali come mancanza di senso della responsabilità. La disonestà si classifica quarta (74%) e, in quinta posizione col 71%, emerge lo scarso rispetto per la natura. Pur volendo tralasciare gli ultimi quattro “vizi” emersi dall’indagine (dipendenze, carrierismo, infantilismo, intolleranza), il quadro dei difetti degli Italiani è già abbastanza desolante…
Che dite? Che non c’era bisogno di fare un’indagine per giungere a queste conclusioni? Che basta uscire di casa, in una giornata qualunque, per imbattersi in continue e diffuse manifestazioni dei tipici vizi italioti? Che ne siamo talmente consapevoli che ormai ci ridiamo su, riflettendoci spensieratamente nei personaggi dei cine-panettoni e nelle battute dei cabarettisti?
Beh, l’immagine degli Italiani maleducati, individualisti, strafottenti, imbroglioni e poco attenti all’ambiente effettivamente non è proprio nuova. Il sondaggio del Messaggero, però, ci fa toccare con mano l’incongruenza e l’assurdità di una comunità nazionale che da un lato appare cosciente dei difetti della sua stragrande maggioranza, ma, dall’altro, sembra non rendersi conto che dentro quelle così larghe percentuali – se non altro per probabilità statistica – sono compresi gli stessi intervistati, che di quei “vizi” si sono lamentati…
di erferraro Inviato su Senza categoria Contrassegnato da tag ,

VIZI E VIZIETTI (segue)

Non ho capito: state dicendo che, comunque, tra scostumatezza e disonestà c’è una bella differenza? Pensate che l’indifferenza è ancora meno grave e che, coi tempi che corrono, è difficile sostenere che l’individualismo sia il segno distintivo dei soli Italiani?
 Quello che è certo è che la radice comune di tutti questi difetti la ritroviamo proprio in una visione materialistica, individualistica ed amorale delle relazioni umane, in cui la solidarietà e l’empatia non trovano più alcuno spazio. Le persone sono diventate solo le comparse – e l’ambiente naturale la scenografia – di recite individuali, di tanti monologhi in cui si esercita il l’ipertrofico Ego di chi ha ormai smarrito la dimensione verticale e orizzontale della relazione.
C’è forse da meravigliarsi, allora, se quasi un terzo dei nostri compatrioti si comportano in modo ecologicamente irresponsabile, quando sappiamo che la mancanza di senso di responsabilità e di limiti morali sono alla base di tutti gli altri “vizi” emersi dall’inchiesta? Che c’è di strano se l’unica molla per farci cambiare strada non è la coscienza etica dei nostri gravi errori, ma la paura che le conseguenze di essi possano compromettere la nostra sicurezza e la nostra salute?
Ho appena terminato di scrivere un saggio sul rapporto Dio-uomo-terra che emerge dalla lettura dei Salmi e, tra le considerazioni che ne derivavano, c’è quella che riguarda la vera tragedia cosmica che emerge dalla Bibbia. Il male non fa parte della natura, non è stato creato da Dio, è una macchia quasi inspiegabile, che infanga una realtà uscita dalle sue mani “bella/buona”.
Pensate: nella lingua ebraica ci sono tre vocaboli diversi per indicare il concetto di “peccato”. La prima (hatta’) indica il ‘fallire il bersaglio’ perseguito, e quindi si può rendere etimologicamente con errore; il secondo (awon) rende piuttosto l’idea di una curvatura, una deviazione, e quindi di uno sbaglio (= abbaglio), che induce a cambiare strada; il terzo (pesha’) rappresenta un vero e proprio atto di ribellione alla legge, un volontario de-linquere.
Dice: ma che c’entra questo con l’indagine demoscopica della rivista antoniana? Io credo che c’entra, anche se la parola “peccato” in quel contesto non è stata tirata in ballo. Penso, infatti, che se il Padreterno ci ha lasciato la libertà di errare, di sbagliare e perfino di ribellarci alla Sua legge, forse è un po’ da vigliacchi non assumerci le nostre responsabilità, nascondendoci dietro il comodo paravento del “costume”, della “consuetudine” che fa la regola… Certo, non si può negare che gli Italiani abbiano questi “vizi”, ma non ridiamoci tanto su, perché dentro quell’universo statistico ci siamo anche noi. Cambiare le cose, allora, spetta a ciascuno di noi perché, come ha detto qualcuno, dobbiamo essere noi stessi il cambiamento che ci aspettiamo dagli altri.
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