CAMPI DI…DECENTRAMENTO

Sarebbe divertente, se non fosse irritante, fare un piccolo bilancio dell’attuazione di quel decentramento amministrativo che a Napoli si è sempre identificato con la pietosa bugia di una classe politica che non ha mai avuto l’intenzione di “mollare” neanche un po’ del suo inconcludente “potere”, ma ha pur bisogno di concedere qualcosa ad una sempre più numerosa torma di aspiranti ed apprendisti amministratori pubblici. C’erano una volta le 21 circoscrizioni, che cittadini e stampa chiamavano abitualmente “parlamentini” e dalla seconda metà degli anni ’80 avevano accorpato i vecchi quartieri ed i tradizionali rioni, a loro volta forniti del loro bravo “municipio”, inteso a quel tempo solo come sede periferica dell’amministrazione comunale. A distanza di oltre venti anni dalla loro istituzione, però, i consigli circoscrizionali napoletani davano ancora la sensazione di quei figli che non sono riusciti ad emanciparsi ma, tutto sommato, si trovano bene a vivere all’ombra della “casa paterna”, senza troppe responsabilità né fastidi. Naturalmente c’è sempre stato chi – presidente o consigliere circoscrizionale che fosse – aveva tentato di prendere sul serio il proprio mandato, cercando di non nascondersi dietro il comodo alibi della “mancanza di deleghe”. Ovviamente, questi sconsiderati erano stati prontamente emarginati e messi in condizione di non nuocere, soprattutto se si erano permessi di “disturbare il conducente” cosa, si sa, assolutamente vietata e pericolosa… Un anno e un mese fa, però, era sembrato che finalmente qualcosa si stesse muovendo davvero. Con la costituzione di 10 nuove “Municipalità”, infatti, pareva che si realizzasse, sia pur con ritardo imbarazzante, un certo decentramento delle competenze amministrative. Si era parlato (e deliberato…) di affidare alle neonate Municipalità: (a) manutenzione urbana di rilevanza locale; (b) attività sociali di assistenza sul territorio; (c) attività scolastiche, culturali e sportive di ambito territoriale; (d) gestione dei servizi amministrativi a rilevanza locale. Figuratevi che, per far sembrare la cosa più credibile, ci avevano fatto credere che ogni “municipio” avrebbe avuto il suo mini-sindaco (il Presidente) e quattro assessori quattro… Oddìo, presidente e assessori (moltiplicati per dieci) effettivamente sono stati insediati – grazie alle elezioni amministrative del maggio 2006 e nel più totale rispetto del “codice d’onore” della Cupola della “Onorata Società dei Partiti” – e c’è qualcuno disposto a giurare che ci siano tuttora, anche se nascosti da qualche parte, negli anfratti dei loro “palazzetti”. Il guaio è che di questo baldanzoso esercito di 10 sindachini e 40 assessorini (affiancato dai previsti 50 dirigentini municipali), ad un anno e passa dalle elezioni, risulta però sempre più difficile raccontare le imprese. Certo, i manifesti affissi nelle nostre strade dovrebbero costituire una prova che i consigli municipali si riuniscono – anche abbastanza spesso, peraltro… – così come le giunte di municipalità, le commissioni consiliari, le consulte territoriali e tutto il colorito ambaradàn che caratterizzava già i vecchi “parlamentini”. Anche le non indifferenti cifre poste in bilancio comunale per la corresponsione delle “spettanze” a consiglieri, presidenti e assessori dovrebbero dimostrarci che, nonostante le apparenze, questi organismi decentrati ci sono e che (forse a nostra insaputa) agiscono e, addirittura, ci rappresentano. Eppure a questi 10 avamposti della democrazia partecipata, direi quasi dei “campi di decentramento”, il Comune di Napoli non ha trasferito ancora “il resto di niente”, per fare una colta citazione. Niente competenze reali. Niente deleghe effettive. Niente distacchi di personale che non sia puramente burocratico. O meglio: ci ha messo quasi un anno, ma alla fine ha trasferito alle Municipalità alcune fettine del proprio bilancio, con le quali “risorse” presidenti e assessori dovrebbero nientedimeno “governare il territorio”. Peccato che, nell’anno ormai trascorso, il distacco fra cittadini ed istituzione decentrata sia cresciuto ancor di più. Peccato che, nel frattempo, siano state assunte tante decisioni e deliberate tante opere ed iniziative non solo sulla testa dei cittadini, ma delle stesse Municipalità. Può darsi che i nostri amministratori comunali non volessero umiliarli con mere e banali richieste di “pareri” su tali questioni (che con le Circoscrizioni, peraltro, erano già obbligatori…), ma sta di fatto che i dieci Sindachini dieci e le loro giuntarelle ci hanno comunque fatto la classica figura che a Napoli amava definirsi “d’’o Sì Nisciuno”. Eppure molti dei problemi della nostra città si potrebbero leggere ed affrontare molto meglio stando dentro i quartieri, vivendo ogni giorno le contraddizioni e le assurdità di un territorio sempre più in preda all’aggressione di uno pseudo-sviluppo che fa solo danni e gratifica i soliti happy few, provocando disagio e rabbia alla maggioranza. Eppure è palesemente ridicolo – se non grottesco – un decentramento che è iniziato con la designazione dall’Alto dei presidenti di municipalità ed è proseguito facendo trascorrere un anno ai neonati organi decentrati a rifarsi statuti e regolamenti, ad imbastire sedute consiliari più o meno inutili (gettone a parte…) e ad aspettare le “grazie” della Giunta e del Consiglio Comunale per sapere quanti euro potranno essere spesi e come, visto che le deleghe restano tuttora piuttosto virtuali. Molti sanno che, sui cancelli di un famigerato campo di concentramento nazista, i tedeschi – sebbene notoriamente privi di sense of humour , sia pur “nero” – avevano fatto iscrivere le seguenti parole: “Arbeit Macht Frei” , ossia: “Il lavoro rende liberi”. Mi permetto di suggerire che sui cancelli dei nostri dieci palazzetti municipali, adibiti a “campi di decentramento”, venga apposta la seguente frase: “La responsabilità rende liberi”, a perpetua memoria dell’esigenza di spendere meno parole e compiere più fatti, memori peraltro del saggio detto popolare napoletano, secondo il quale “Chiacchiere e tabacchère ‘e lignamme ‘o Banco ‘e Napule nunn’’e ‘mpìgna”. Ermete Ferraro

di erferraro Inviato su Senza categoria Contrassegnato da tag

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