UNA CHIESA ADULTA PER UNA SOCIETA’ ECOLOGICAMENTE RESPONSABILE

card. sepe Quello che cito nell’intestazione, con una piccola ma significativa aggiunta, è il sottotitolo della lettera pastorale indirizzata alla Comunità ecclesiale di Napoli dal suo Pastore, il card. Crescenzio Sepe. [1]  Desidero infatti riallacciarmi a quanto l’Arcivescovo della metropoli campana ha voluto comunicare con questo documento, nel quale si sintetizzava il percorso pastorale avviato dalla Diocesi in questi anni, in particolare col Giubileo, collegandolo sia alla celebrazione dell’anno della Fede – proclamata da S.S. Benedetto XVI – sia alle prospettive si aprono per la Chiesa di Napoli dopo quest’intensa riflessione.

“Se vogliamo, infatti, indicare una possibile direzione di marcia per il nostro popolo – spiegava Sepe – non possiamo andare a rimorchio, vivere di abitudini e luoghi comuni, seguire con affanno il passo degli altri […] Quando i credenti disertano il campo, l’umanità va avanti per conto suo, privandosi delle illuminanti direttive del Vangelo.” [2]

In un mio precedente articolo [3], ho già affrontato la questione della responsabilità ambientale verso il Creato in un’ottica cristiana, proprio perché ritengo che l’assenza di riflessioni e direttive chiare ed univoche in proposito, da parte di chi ha il compito di guidare i credenti fuori da ‘abitudini’ e luoghi comuni’, generi proprio l’effetto che il Card. Sepe vorrebbe scongiurare.

Pur non mancando articoli del Catechismo specifici, documenti dei vari episcopati, esortazioni apostoliche ed encicliche papali che affrontino il problema del rapporto tra fede cristiana ed impegno dei credenti per la salvaguardia del Creato, mi sembra però innegabile che le gravi e pressanti questioni ambientali siano state finora affrontate a prescindere dal Vangelo e dal Magistero della Chiesa, ossia alla luce dell’ecologia scientifica e/o di considerazioni economiche e socio-politiche, ma molto poco sulla base di imperativi etici o religiosi. D’altra parte, non si tratta tanto di ciò che viene più o meno esplicitamente proclamato dai pulpiti, quanto di ciò che i credenti hanno fatto, fanno ed intendono fare, concretamente, perché si cambi finalmente direzione. Ma se essi continueranno a “disertare il campo”– come denunciava l’Arcivescovo – non c’è da meravigliarsi se l’umanità continua a percorrere strade ben diverse, poco e per nulla illuminate dalla sconvolgente logica evangelica, che richiederebbe invece una “metànoia”, cioè un radicale cambiamento di mentalità.

Il card. Sepe nella sua lettera pastorale si riferiva in generale ai molteplici problemi sociali ed economici di Napoli, ma se restringiamo l’attenzione a quelli strettamente legati al degrado ambientale della città e dell’intero territorio della Campania, è ancor più evidente che non si può far finta di nulla e che invece occorre intervenire, subito e con autorevolezza, sulle cause stesse di quelle gravissime situazioni,  da quelle strutturali (riconducibili quindi al modello di sviluppo ed alle disuguaglianze socio-economiche) a quelle legate a ‘stili di vita’ ecologicamente non sostenibili.

“Un così profondo sentire religioso – denunciava l’arcivescovo, non senza toni autocritici – coesiste con gravi e colpevoli condizioni di sottosviluppo. Abbiamo mancato, noi per primi, l’obiettivo di formare coscienze responsabili e attente alla vita sociale. […] Una fede chiusa nelle mura del tempio non può essere feconda né per noi né per gli altri […] Il mio rinnovato invito, pertanto, è di ‘uscire dal tempio’, andare incontro alla gente che vive in situazioni di marginalità morale e materiale, senza la preoccupazione e la paura di ‘gettarci nella mischia’ e di ‘sporcarci le mani’.” [4]

Sono parole molto significative, soprattutto in questi giorni di novembre, in cui un vero e proprio “fiume in piena” di persone ha attraversato il centro di Napoli, sotto la pioggia, per lanciare un grido di dolore e di denuncia contro il “biocidio” che sta uccidendo la nostra terra e la nostra gente. Quasi un centinaio di migliaia di manifestanti hanno espresso la rabbia di milioni di cittadini campani che non vogliono più che sversamenti di rifiuti tossici, discariche abusive e roghi costituiscano l’assurda normalità di quella che una volta era chiamata “Campania Felix”. Essa oggi si presenta come un territorio violato, i cui abitanti avvertono sulla propria pelle il pericolo di un inquinamento micidiale, che ha già provocato troppi morti e malati e che, di riflesso, sta anche mettendo in ginocchio l’agricoltura, l’allevamento ed il commercio di generi alimentari.

In prima fila al corteo di sabato 16 novembre c’era un coraggioso sacerdote, che da anni sta denunciando quest’insopportabile attentato alla vita della gente ed all’integrità del territorio. Un altro animatore di questo crescente movimento è un combattivo missionario, da sempre impegnato a coniugare la pace con la giustizia e la salvaguardia delle risorse naturali dall’avidità di chi se ne crede padrone. Ma appare comunque troppo poco – bisogna onestamente riconoscerlo – per poter affermare che la Chiesa, che i credenti, abbiano finalmente preso posizione contro l’insostenibile civiltà che depreda le risorse naturali, lasciando tragici strascichi di morte, malattie e di avvelenamento della terra.

“Non trascureremo certamente i nostri ideali in tutti i settori della nostra esistenza, ma ora bisogna concentrarsi sul valore dell’etica pubblica, là dove si giocano i destini di tutti noi.” [5]  Ha perfettamente ragione, il nostro Arcivescovo, quando con queste parole ci richiama a preoccuparci soprattutto dell’etica pubblica. Eppure secoli di “civiltà cattolica” non sembrano aver contrastato affatto fenomeni come la speculazione sulle risorse naturali di un territorio, l’appropriazione indebita dei suoi beni comuni o lo sfruttamento di coloro che vi abitano.

D’altra parte, lo stesso Sepe, poche righe dopo, esclamava con tono angosciato. “ Così, ad esempio, possiamo domandarci come è avvenuto che alcune colpe venissero fortemente stigmatizzate dalla coscienza dei cristiani, mentre altre sono state di fatto ignorate? Perché non abbiamo usato il necessario rigore nel condannare chi sistematicamente saccheggia le risorse economiche della società o danneggia irreparabilmente l’ambiente? Sotterrare rifiuti tossici è una colpa più grave di tante altre, enfatizzate da una certa tradizione morale, perché causa l’insorgenza di malattie mortali per innumerevoli cittadini….” [6]

Ecco, appunto: chiediamo perché tutto questo non è stato fatto e, soprattutto, come mai troppi occhi ed orecchi sono rimasti chiusi alle denuncie che da vent’anni almeno erano state fatte da alcuni abitanti e da qualche organizzazione ambientalista.  Il cardinale ha affermato opportunamente che la sola cosa che può avviare un “recupero decisivo”, facendoci uscire dal degrado, morale ed ambientale, è la “crescita della coscienza civica e della volontà di partecipazione”.  Bene. Eppure è difficilmente negabile che troppo spesso l’autorità civile – e talvolta quella religiosa – sia apparsa invece spaventata proprio dall’accresciuta consapevolezza ecologica e dalla richiesta della gente di contare davvero, lasciando spesso, al contrario, campo libero all’arroganza dei poteri forti dell’economia ed alla violenza criminale del potere mafioso.

Ma anche quando qualcuno ha osato alzare la voce contro gli scempi ambientali che hanno martoriato le nostre regioni, quasi mai dalla denuncia è emersa un’effettiva preoccupazione per la gravità in sé dello sconvolgimento degli equilibri ecologici e per la violazione delle leggi della Natura. E’ generalmente prevalsa la sola preoccupazione per le conseguenze umane – economiche  sociali o sanitarie – dei danni ambientali, perpetuando in una visione miopemente antropocentrica. Anche quando questi allarmi sono stati lanciati dalle Chiese cristiane, raramente l’obiettivo è apparsa la pur dichiarata “salvaguardia dell’integrità del Creato”, nella misura la preoccupazione fondamentale restava comunque il benessere minacciato dell’umanità, anziché la grave violazione del patto stretto con l’Uomo dall’Autore di ogni cosa, che del Creato ci ha resi amministratori attenti ma non padroni assoluti.  Credo che nessun peccato possa essere dichiarato a ragione “mortale” più di quello perpetrato contro la stessa Vita. Ecco perché il “biocidio” e la distruzione della preziosa Biodiversità del nostro pianeta mi sembrano i veri  peccati mortali, contro i quali avrebbero da tempo dovuto alzarsi – con tutto il loro peso e autorevolezza – le voci dei responsabili delle comunità cristiane, in Campania come in Brasile, negli Stati Uniti come in Cina.

“Tutte le virtù – ha scritto il teologo cattolico Karl Golser – possono essere riviste in chiave ecologica. La giustizia diventa sforzo di considerare il grande ordine nel quale siamo inseriti e di coltivare un rapporto riverente con ogni essere creato e anche con le generazioni future. La prudenza è impegno costante di ottenere il sapere ecologico adeguato alla nostra responsabilità e di attuarlo anche nelle nostre scelte quotidiane. La fortezza diventa coraggio civile per un impegno corrispondente alle nostre convinzioni. La temperanza è parsimonia nell’ uso delle risorse e moderazione nei nostri ecosistemi così sensibili.” [7]

Credo che sia finalmente arrivato il momento di dare dei chiari segnali in questa direzione, ciò che Antonio D’Acunto ha auspicato nel suo bell’articolo [8], nel quale si augurava che Papa Francesco inaugurasse con una sua enciclica questo nuovo modo di affrontare l’etica ambientale, per ridare centralità all’amore per il Creato ed alla sua salvezza, in nome delle virtù di cui il Vangelo è portatore. A questo auspicio ho associato anche la mia voce, nel citato articolo sulle basi di un’ecologia cristiana per quella che ho chiamato“un’agàpe cosmica”, vale a dire l’amore rispettoso per la vita e l’intera creazione.

Una buona base di partenza, come avevo suggerito in un mio precedente saggio [9] , potrebbe essere attenersi all’esalogo dell’Eco-giustizia, stilato dal collegio teologico dell’Università di Adelaide (Aus) [10].  I principi-guida dovrebbero essere: 1) il valore intrinseco della creazione; l’interconnessione fra tutti gli esseri viventi; 3) il c.d. principio della voce, che riconosce una personalità alla nostra madre Terra; 4) il fine ultimo, tipico della la teleologia cristiana; 5) la mutua custodia, che promuove la solidarietà reciproca fra gli esseri viventi; e infine 6) il principio della resistenza, per cui la natura oppone una giusta resistenza agli scempi perpetrati dall’uomo.

Se davvero – come è stato recentemente annunciato [11] – Papa Francesco sta preparando la sua prima vera enciclica, dedicandola proprio alla responsabilità ambientale dell’umanità, questo costituirà sicuramente una grossa novità per una visione cristiana dell’ecologia. E’ proprio Lui che – ricordava l’Arcivescovo di Napoli nella sua lettera pastorale – ci ha invitati tutti a chiedere “la grazia di dare fastidio alle cose che sono troppo tranquille nella Chiesa”. Possiamo quindi essere fiduciosi che una ventata di rinnovamento saprà spazzare anche la supponenza antropocentrica che ancora pervade le realtà ecclesiastiche sulle questioni ambientali, aiutandoci a capire che la principale responsabilità dei credenti è quella verso l’Autore della Vita, in quanto possiamo affermare francescanamente che ogni violenza contro la natura – che di Dio “porta significatione” – è di fatto rivolta direttamente alla Sua sapienza creatrice.

Ecco perché ci sembra giusto interpellare – prima ancora che il Pontefice che su tale impegno per i Cristiani sta incentrando la sua prossima enciclica – il Pastore della Chiesa che è a Napoli, affinché dalla nostra diocesi partano segnali inequivocabili in tale direzione.

Una chiesa adulta per una società responsabile” – ricordavo non a caso all’inizio – era l’obiettivo della lettera pastorale del nostro Arcivescovo. Ciò che ci sta a cuore, e per cui sempre più ci adopereremo, è che la Chiesa di Napoli diventi adulta anche nella sua visione dei problemi ambientali, così da rendere davvero la nostra società ecologicamente responsabile.

© 2013 Ermete Ferraro https://ermeteferraro.wordpress.com  


[1] Crescenzio Card. Sepe, Lettera Pastorale “Canta e cammina” – Una Chiesa adulta per una società responsabile, Napoli, 25.8.2013

[2] Ibidem, p. 6

[4] C. Sepe, op. cit., pp. 11…14

[5] Ibidem, p.15

[6] Ibidem

[7] Fabrizio Condò e Gianni Maritati, “Ma c’è un’ecologia cristiana”, in  Il Messaggero di sant’Antonio > http://www.santantonio.org/messaggero/pagina_stampa.asp?R=&ID=187

[9] Ermete Ferraro, Adam-Adamah: : un’agàpe cosmica, pubblicato su “Filosofia Ambientale” > http://wds.bologna.enea.it/articoli/08-01-10-ferraro-agape-cosmica.pdf

EDIFICI IN CEMENTO, MA SENZA FINESTRE

Non capita tutti i giorni che il Capo del Cattolicesimo faccia discorsi ufficiali nella patria del Protestantesimo, da un lato rivalutando il messaggio di Lutero e, dall’altro, esprimendo la propria comprensione per chi abbandoni la Chiesa, essendone stato scandalizzato. A me sembrano importanti “segni dei tempi”, dai quali risalta certamente il coraggio di chi sa fare una dolorosa autocritica, ma anche l’autorevolezza di chi non ha rinunciato a ricordare a chi ha potere che ad esso esiste un limite oggettivo ed invalicabile. Eppure – sebbene sia stato definito “coraggioso…fondamentale, non fondamentalista” dalla “Suddeutsche Zeintung” e “sorprendente….straordinario” dallo “Spiegel” – il discorso del Papa tedesco al Bundestag non sembra invece aver suscitato particolare impressione nel nostro distratto e provinciale Paese, dominato dagli scandali della politica e dalla politica degli scandali. Casomai – con un po’ d’italica piccineria – ci si è chiesti se nell’appello alla morale come guida della politica ci fossero per caso velate allusioni alla sciagurata situazione politica dell’Italia…La sostanza teologica ed etica del discorso di Benedetto XVI non mi pare che abbia impressionato i commentatori nostrani, piuttosto superficiali e tendenti a soffermarsi su particolari secondari anziché sulla sostanza dell’allocuzione papale. Ma che cosa ha detto di tanto importante al Parlamento tedesco l’autorevole ospite, autodefinitosi un “connazionale”, ma soprattutto il “Vescovo di Roma, che porta la suprema responsabilità per la cristianità cattolica” ? Io credo che la parte fondamentale del discorso del Pontefice – ovviamente rivestita della forma dotta richiesta ad un teologo che va a parlare ad un’assemblea di politici generalmente laici e, comunque, piuttosto scettici e diffidenti nei confronti delle ‘prediche’ – è costituita dal richiamo al valore del “diritto naturale” come fondamento dell’etica umana. “Contrariamente ad altre grandi religioni – ha affermato il Papa – il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, mai un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto – ha rimandato all’armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio.” Già quest’affermazione – nel nostro contesto, distratto e teologicamente ignorante – avrebbe dovuto suscitare una certa impressione, visto che la maggioranza degli stessi credenti sono convinti che la base dell’ordinamento statale faccia capo esclusivamente alla Rivelazione e/o alla Tradizione, ma non certo alla Natura. Il Papa-teologo, al contrario, ci ha ricordato che la cultura giuridica occidentale è stata da molti secoli permeata da questo connubio tra fede e natura, ribadendo che: “ Per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato decisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto religioso, richiesto dalla fede nelle divinità, e si siano messi dalla parte della filosofia, riconoscendo come fonte giuridica valida per tutti la ragione e la natura nella loro correlazione.”. Eppure, ha aggiunto Benedetto XVI, sembrerebbe che i cattolici si “vergognino” quasi perfino di menzionare la dottrina del “diritto naturale”, come se fosse ormai fuori moda o, comunque, poco aderente alla cultura positivista e scientista che, dall’Illuminismo ad oggi, sembra diventata una sorta di ‘pensiero unico’. A tal proposito, un punto centrale del discorso del Papa mi è parso quando egli ha usato un’immagine molto efficace ed originale per stigmatizzarne i limiti: “La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in tale mondo autocostruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risorse” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto.” Ecco: penso che bisognerebbe finalmente “spalancare le finestre” che l’arroganza di un razionalismo scientista ci ha fatto chiudere, nell’illusione che l’umanità sia ormai capace di “auto costruirsi” la propria realtà, facendo a meno non solo di Dio (che già qualcuno aveva dichiarato “morto”…) ma perfino dei fondamenti biologici naturali, ormai controllabili con le biotecnologie e l’ingegneria genetica. Tra gli applausi dei pur scettici Grünen – cui aveva riconosciuto il merito di aver saputo lanciare “un grido che non si può ignorare né accantonare”, rivendicando che “la terra stessa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indicazioni” – il Papa ha poi sottolineato, con tutta la propria autorità etica e religiosa, che: “…l’importanza dell’ecologia è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente. Vorrei però affrontare con forza un punto che – mi pare – venga trascurato oggi come ieri: esiste anche un’ecologia dell’uomo. Anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli rispetta la natura, la ascolta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sé. Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana.” Credo che un’autentica “ecologia umana” – cui sia Giovanni Paolo II sia Benedetto XVI si sono più volte richiamati – sia la strada giusta su cui incamminarci, se vogliamo davvero far pace con Dio e, al tempo stesso, con quel Creato che ne è la tangibile e straordinaria manifestazione. Alla saggezza universale e globale della Natura, infatti, non si può continuare a contrapporre la sapienza della sola razionalità umana, che in essa vede esclusivamente una materia da controllare e dominare, per sottoporla alle proprie esigenze, spesso assai poco nobili. Il movimento ecologista – in Italia ma anche nella stessa Germania dove si è ampiamente affermato – mi sembra che abbia perso da tempo la sua carica di rivoluzione etica, prima ancora che politica. Ha infatti smarrito la sua caratteristica di azione capace di sconvolgere le regole del cinismo antropocentrico, proprio per “spalancare le finestre” all’aria pura, che un preteso “sviluppo” di cemento ed asfalto ha dapprima inquinato e poi cercato di rinchiudere fuori dei nostri appartamenti dai vetri sigillati. Ecco perché penso che sia molto importante promuovere un nuovo ambientalismo, fondato su un’ecologia che non è meno ‘profonda’ solo perché è al tempo stesso “umana”. Un ambientalismo ispirato da valori alti e altri, rispettoso della biodiversità naturale come di quella culturale, e capace di permeare un nuovo modello di civiltà e di comunità. Ritengo allora che chi crede sia tenuto a meditare la profondità e la novità del messaggio lanciato dal Papa al Bundestag, ma anche che chi non crede non possa restare indifferente al richiamo ad un “diritto naturale”, cui la convivenza civile e lo stesso ‘progresso’ dovrebbero ispirarsi. E’ ora di smetterla di perseverare nell’arrogante pretesa di chi vuole illudersi – per usare ancora le parole del pontefice – che il nostro mondo “auto costruito” non attinga comunque alle preziose ed esauribili “risorse di Dio”, per cui decidiamoci a comportarci di conseguenza! La “madre Terra” e “frate Sole” hanno ancora tante cose da insegnarci e, rispettandone il valore e la centralità di chi li ha creati, non facciamo altro che rispettare la nostra dignità di uomini.
© 2011 Ermete Ferraro <!–

–>Non capita tutti i giorni che il Capo del Cattolicesimo faccia discorsi ufficiali nella patria del Protestantesimo, da un lato rivalutando il messaggio di Lutero e, dall’altro, esprimendo la propria comprensione per chi abbandoni la Chiesa, essendone stato scandalizzato. A me sembrano importanti “segni dei tempi”, dai quali risalta certamente il coraggio di chi sa fare una dolorosa autocritica, ma anche l’autorevolezza di chi non ha rinunciato a ricordare a chi ha potere che ad esso esiste un limite oggettivo ed invalicabile. Eppure – sebbene sia stato definito “coraggioso…fondamentale, non fondamentalista” dalla “Suddeutsche Zeintung” e “sorprendente….straordinario” dallo “Spiegel” – il discorso del Papa tedesco al Bundestag non sembra invece aver suscitato particolare impressione nel nostro distratto e provinciale Paese, dominato dagli scandali della politica e dalla politica degli scandali. Casomai – con un po’ d’italica piccineria – ci si è chiesti se nell’appello alla morale come guida della politica ci fossero per caso velate allusioni alla sciagurata situazione politica dell’Italia…La sostanza teologica ed etica del discorso di Benedetto XVI non mi pare che abbia impressionato i commentatori nostrani, piuttosto superficiali e tendenti a soffermarsi su particolari secondari anziché sulla sostanza dell’allocuzione papale. Ma che cosa ha detto di tanto importante al Parlamento tedesco l’autorevole ospite, autodefinitosi un “connazionale”, ma soprattutto il “Vescovo di Roma, che porta la suprema responsabilità per la cristianità cattolica” ? Io credo che la parte fondamentale del discorso del Pontefice – ovviamente rivestita della forma dotta richiesta ad un teologo che va a parlare ad un’assemblea di politici generalmente laici e, comunque, piuttosto scettici e diffidenti nei confronti delle ‘prediche’ – è costituita dal richiamo al valore del “diritto naturale” come fondamento dell’etica umana. “Contrariamente ad altre grandi religioni – ha affermato il Papa – il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, mai un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto – ha rimandato all’armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio.” Già quest’affermazione – nel nostro contesto, distratto e teologicamente ignorante – avrebbe dovuto suscitare una certa impressione, visto che la maggioranza degli stessi credenti sono convinti che la base dell’ordinamento statale faccia capo esclusivamente alla Rivelazione e/o alla Tradizione, ma non certo alla Natura. Il Papa-teologo, al contrario, ci ha ricordato che la cultura giuridica occidentale è stata da molti secoli permeata da questo connubio tra fede e natura, ribadendo che: “ Per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato decisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto religioso, richiesto dalla fede nelle divinità, e si siano messi dalla parte della filosofia, riconoscendo come fonte giuridica valida per tutti la ragione e la natura nella loro correlazione.”. Eppure, ha aggiunto Benedetto XVI, sembrerebbe che i cattolici si “vergognino” quasi perfino di menzionare la dottrina del “diritto naturale”, come se fosse ormai fuori moda o, comunque, poco aderente alla cultura positivista e scientista che, dall’Illuminismo ad oggi, sembra diventata una sorta di ‘pensiero unico’. A tal proposito, un punto centrale del discorso del Papa mi è parso quando egli ha usato un’immagine molto efficace ed originale per stigmatizzarne i limiti: “La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in tale mondo autocostruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risorse” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto.” Ecco: penso che bisognerebbe finalmente “spalancare le finestre” che l’arroganza di un razionalismo scientista ci ha fatto chiudere, nell’illusione che l’umanità sia ormai capace di “auto costruirsi” la propria realtà, facendo a meno non solo di Dio (che già qualcuno aveva dichiarato “morto”…) ma perfino dei fondamenti biologici naturali, ormai controllabili con le biotecnologie e l’ingegneria genetica. Tra gli applausi dei pur scettici Grünen – cui aveva riconosciuto il merito di aver saputo lanciare “un grido che non si può ignorare né accantonare”, rivendicando che “la terra stessa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indicazioni” – il Papa ha poi sottolineato, con tutta la propria autorità etica e religiosa, che: “…l’importanza dell’ecologia è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente. Vorrei però affrontare con forza un punto che – mi pare – venga trascurato oggi come ieri: esiste anche un’ecologia dell’uomo. Anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli rispetta la natura, la ascolta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sé. Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana.” Credo che un’autentica “ecologia umana” – cui sia Giovanni Paolo II sia Benedetto XVI si sono più volte richiamati – sia la strada giusta su cui incamminarci, se vogliamo davvero far pace con Dio e, al tempo stesso, con quel Creato che ne è la tangibile e straordinaria manifestazione. Alla saggezza universale e globale della Natura, infatti, non si può continuare a contrapporre la sapienza della sola razionalità umana, che in essa vede esclusivamente una materia da controllare e dominare, per sottoporla alle proprie esigenze, spesso assai poco nobili. Il movimento ecologista – in Italia ma anche nella stessa Germania dove si è ampiamente affermato – mi sembra che abbia perso da tempo la sua carica di rivoluzione etica, prima ancora che politica. Ha infatti smarrito la sua caratteristica di azione capace di sconvolgere le regole del cinismo antropocentrico, proprio per “spalancare le finestre” all’aria pura, che un preteso “sviluppo” di cemento ed asfalto ha dapprima inquinato e poi cercato di rinchiudere fuori dei nostri appartamenti dai vetri sigillati. Ecco perché penso che sia molto importante promuovere un nuovo ambientalismo, fondato su un’ecologia che non è meno ‘profonda’ solo perché è al tempo stesso “umana”. Un ambientalismo ispirato da valori alti e altri, rispettoso della biodiversità naturale come di quella culturale, e capace di permeare un nuovo modello di civiltà e di comunità. Ritengo allora che chi crede sia tenuto a meditare la profondità e la novità del messaggio lanciato dal Papa al Bundestag, ma anche che chi non crede non possa restare indifferente al richiamo ad un “diritto naturale”, cui la convivenza civile e lo stesso ‘progresso’ dovrebbero ispirarsi. E’ ora di smetterla di perseverare nell’arrogante pretesa di chi vuole illudersi – per usare ancora le parole del pontefice – che il nostro mondo “auto costruito” non attinga comunque alle preziose ed esauribili “risorse di Dio”, per cui decidiamoci a comportarci di conseguenza! La “madre Terra” e “frate Sole” hanno ancora tante cose da insegnarci e, rispettandone il valore e la centralità di chi li ha creati, non facciamo altro che rispettare la nostra dignità di uomini.
© 2011 Ermete Ferraro <!–

–>Non capita tutti i giorni che il Capo del Cattolicesimo faccia discorsi ufficiali nella patria del Protestantesimo, da un lato rivalutando il messaggio di Lutero e, dall’altro, esprimendo la propria comprensione per chi abbandoni la Chiesa, essendone stato scandalizzato. A me sembrano importanti “segni dei tempi”, dai quali risalta certamente il coraggio di chi sa fare una dolorosa autocritica, ma anche l’autorevolezza di chi non ha rinunciato a ricordare a chi ha potere che ad esso esiste un limite oggettivo ed invalicabile. Eppure – sebbene sia stato definito “coraggioso…fondamentale, non fondamentalista” dalla “Suddeutsche Zeintung” e “sorprendente….straordinario” dallo “Spiegel” – il discorso del Papa tedesco al Bundestag non sembra invece aver suscitato particolare impressione nel nostro distratto e provinciale Paese, dominato dagli scandali della politica e dalla politica degli scandali. Casomai – con un po’ d’italica piccineria – ci si è chiesti se nell’appello alla morale come guida della politica ci fossero per caso velate allusioni alla sciagurata situazione politica dell’Italia…La sostanza teologica ed etica del discorso di Benedetto XVI non mi pare che abbia impressionato i commentatori nostrani, piuttosto superficiali e tendenti a soffermarsi su particolari secondari anziché sulla sostanza dell’allocuzione papale. Ma che cosa ha detto di tanto importante al Parlamento tedesco l’autorevole ospite, autodefinitosi un “connazionale”, ma soprattutto il “Vescovo di Roma, che porta la suprema responsabilità per la cristianità cattolica” ? Io credo che la parte fondamentale del discorso del Pontefice – ovviamente rivestita della forma dotta richiesta ad un teologo che va a parlare ad un’assemblea di politici generalmente laici e, comunque, piuttosto scettici e diffidenti nei confronti delle ‘prediche’ – è costituita dal richiamo al valore del “diritto naturale” come fondamento dell’etica umana. “Contrariamente ad altre grandi religioni – ha affermato il Papa – il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, mai un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto – ha rimandato all’armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio.” Già quest’affermazione – nel nostro contesto, distratto e teologicamente ignorante – avrebbe dovuto suscitare una certa impressione, visto che la maggioranza degli stessi credenti sono convinti che la base dell’ordinamento statale faccia capo esclusivamente alla Rivelazione e/o alla Tradizione, ma non certo alla Natura. Il Papa-teologo, al contrario, ci ha ricordato che la cultura giuridica occidentale è stata da molti secoli permeata da questo connubio tra fede e natura, ribadendo che: “ Per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato decisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto religioso, richiesto dalla fede nelle divinità, e si siano messi dalla parte della filosofia, riconoscendo come fonte giuridica valida per tutti la ragione e la natura nella loro correlazione.”. Eppure, ha aggiunto Benedetto XVI, sembrerebbe che i cattolici si “vergognino” quasi perfino di menzionare la dottrina del “diritto naturale”, come se fosse ormai fuori moda o, comunque, poco aderente alla cultura positivista e scientista che, dall’Illuminismo ad oggi, sembra diventata una sorta di ‘pensiero unico’. A tal proposito, un punto centrale del discorso del Papa mi è parso quando egli ha usato un’immagine molto efficace ed originale per stigmatizzarne i limiti: “La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in tale mondo autocostruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risorse” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto.” Ecco: penso che bisognerebbe finalmente “spalancare le finestre” che l’arroganza di un razionalismo scientista ci ha fatto chiudere, nell’illusione che l’umanità sia ormai capace di “auto costruirsi” la propria realtà, facendo a meno non solo di Dio (che già qualcuno aveva dichiarato “morto”…) ma perfino dei fondamenti biologici naturali, ormai controllabili con le biotecnologie e l’ingegneria genetica. Tra gli applausi dei pur scettici Grünen – cui aveva riconosciuto il merito di aver saputo lanciare “un grido che non si può ignorare né accantonare”, rivendicando che “la terra stessa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indicazioni” – il Papa ha poi sottolineato, con tutta la propria autorità etica e religiosa, che: “…l’importanza dell’ecologia è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente. Vorrei però affrontare con forza un punto che – mi pare – venga trascurato oggi come ieri: esiste anche un’ecologia dell’uomo. Anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli rispetta la natura, la ascolta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sé. Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana.” Credo che un’autentica “ecologia umana” – cui sia Giovanni Paolo II sia Benedetto XVI si sono più volte richiamati – sia la strada giusta su cui incamminarci, se vogliamo davvero far pace con Dio e, al tempo stesso, con quel Creato che ne è la tangibile e straordinaria manifestazione. Alla saggezza universale e globale della Natura, infatti, non si può continuare a contrapporre la sapienza della sola razionalità umana, che in essa vede esclusivamente una materia da controllare e dominare, per sottoporla alle proprie esigenze, spesso assai poco nobili. Il movimento ecologista – in Italia ma anche nella stessa Germania dove si è ampiamente affermato – mi sembra che abbia perso da tempo la sua carica di rivoluzione etica, prima ancora che politica. Ha infatti smarrito la sua caratteristica di azione capace di sconvolgere le regole del cinismo antropocentrico, proprio per “spalancare le finestre” all’aria pura, che un preteso “sviluppo” di cemento ed asfalto ha dapprima inquinato e poi cercato di rinchiudere fuori dei nostri appartamenti dai vetri sigillati. Ecco perché penso che sia molto importante promuovere un nuovo ambientalismo, fondato su un’ecologia che non è meno ‘profonda’ solo perché è al tempo stesso “umana”. Un ambientalismo ispirato da valori alti e altri, rispettoso della biodiversità naturale come di quella culturale, e capace di permeare un nuovo modello di civiltà e di comunità. Ritengo allora che chi crede sia tenuto a meditare la profondità e la novità del messaggio lanciato dal Papa al Bundestag, ma anche che chi non crede non possa restare indifferente al richiamo ad un “diritto naturale”, cui la convivenza civile e lo stesso ‘progresso’ dovrebbero ispirarsi. E’ ora di smetterla di perseverare nell’arrogante pretesa di chi vuole illudersi – per usare ancora le parole del pontefice – che il nostro mondo “auto costruito” non attinga comunque alle preziose ed esauribili “risorse di Dio”, per cui decidiamoci a comportarci di conseguenza! La “madre Terra” e “frate Sole” hanno ancora tante cose da insegnarci e, rispettandone il valore e la centralità di chi li ha creati, non facciamo altro che rispettare la nostra dignità di uomini.
© 2011 Ermete Ferraro

<!–

–>