IL PRINCIPE DELLA PACE (שַׂר־שָׁלֹֽום )

imagesCAXBNCX7In un articolo di poco più di tre mesi fa (“Il peccato delle armi”- 15.09.2012), citavo in apertura alcune parole del discorso che Papa Benedetto XVI aveva pronunciato nel corso della conferenza stampa in occasione della sua visita a Beirut: “ Cosa possiamo fare contro la guerra? Naturalmente sempre difendere il messaggio della pace, coscienti che la violenza non risolve mai un problema, e rafforzare le forze della pace. […] Direi anche che deve finalmente cessare l’importazione di armi, perché senza l’importazione della armi la guerra non potrebbe continuare…”.

Erano, quelle del Pontefice, espressioni molto esplicite di condanna di quello che definiva un “peccato grave”, cioè dell’infame commercio di armi che alimenta le guerre e dalle guerre è alimentato, in una tragica catena che non accenna a spezzarsi. Basta, infatti, dare solo uno sguardo ad un sito che censisce i conflitti armati in corso (http://www.guerrenelmondo.it/?page=static1258218333) per scoprire che nel solo anno che si sta chiudendo la guerra è divampata in ben 24 stati dell’Africa (con 111 tra milizie e gruppi combattenti coinvolti); in 15 stati dell’Asia (con 89 gruppi armati); in 8 stati della nostra Europa (con 57 milizie in armi); in 8 stati del c.d. Medio Oriente (con 92 gruppi combattenti) e perfino in 5 stati dell’America del Sud (con 24 cartelli della droga e milizie varie). In totale, quindi, solo nel 2012 ben 60 stati hanno subito e stanno subendo, in un modo o nell’altro, la piaga dei conflitti armati, con l’utilizzo di ben 372 milizie armate e gruppi separatisti coinvolti…! 

In un recente documento, intitolato “Un Natale armato” il missionario comboniano P. Alex Zanotelli ha messo il dito anche sulla piaga dell’assurda e colpevole incoerenza di chi governa il nostro Paese, ricordando a tutti noi che: “Nel 2000 l’Italia aveva promesso all’ONU che avrebbe versato lo 0,7% del suo PIL per sconfiggere la povertà. L’Italia , all’ultimo posto nella graduatoria, ha disonorato in questi dodici anni gli impegni presi arrivando allo 0,2% del PIL mentre spende il 2% del PIL in armi. Siamo giunti così alla follia di spendere, lo scorso anno, 26 miliardi di euro (dati SIPRI) a cui bisogna aggiungere 15 miliardi di euro per gli F-35. Si tratta di 41 miliardi di euro: una vera e propria manovra! Nessun taglio alle armi, anzi la Difesa avrà un miliardo in più da spendere nell’acquisto di sofisticati strumenti di morte. Mentre  il governo Monti ha tagliato fondi alla scuola, alla sanità, al terzo settore….”.

La nota di P. Zanotelli si conclude esprimendo una comprensibile amarezza per il silenzio della C.E.I di fronte ad una politica “…che sceglie ancora una volta la morte invece della vita”, amarezza e sconforto che è difficile non condividere, se solo si pensa alla “buona notizia” di pace e di riconciliazione che portò due millenni fa quel Gesù di Nazareth di cui abbiamo appena, festosamente, ricordato la nascita. La verità è che il “Natale armato” di chi ci governa non ha niente a che fare col Natale di Colui che è stato chiamato“Principe della Pace” (שַׂר־שָׁלֹֽום  Ser-Shalôm) – Is 9,6). E’ vero che lo stesso Gesù rispose a Pilato che l’interrogava: “Il mio regno non è di questo mondo” (Gv 18,36). Questo non vuol dire però questo mondo non abbia bisogno della Sua pace, come affermò in un’altra occasione, ma piuttosto che la pace di questo mondo è ben altra cosa da quella che Egli ci proponeva, frutto dell’amore fraterno e della riconciliazione. ( “Εἰρήνην ἀφίημι ὑμῖν εἰρήνην τὴν ἐμὴν δίδωμι ὑμῖν οὐ καθὼς ὁ κόσμος δίδωσιν ἐγὼ δίδωμι ὑμῖν” > “Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo io ve la do…” – Gv 14,27). In che cosa consista la “Shalôm –Eiréne” di Gesù, e quindi di quale “Regno” egli sia Principe, ce lo spiega invece san Paolo, in un passo della sua lettera ai Romani: Il regno di Dio… è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini. Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole. (Rom 14,17-19).

Fatta questa premessa, credo che sia importante riflettere su quanto ha voluto comunicarci S.S. Benedetto XVI nel suo tradizionale messaggio di fine d’anno, in occasione della Giornata Mondiale della Pace 2013. Anche in questo documento troviamo espressioni inequivocabili di “ripudio della guerra”, alle quali però troppi Cristiani – e specificamente Cattolici – sembrano dare da troppo tempo solo il valore simbolico di “predica” natalizia… Eppure il Papa è molto chiaro:

“L’etica della pace è etica della comunione e della condivisione. È indispensabile, allora, che le varie culture odierne superino antropologie ed etiche basate su assunti teorico-pratici meramente soggettivistici e pragmatici, in forza dei quali i rapporti della convivenza vengono ispirati a criteri di potere o di profitto, i mezzi diventano fini e viceversa, la cultura e l’educazione sono centrate soltanto sugli strumenti, sulla tecnica e sull’efficienza…” .

Non mi sembra che qui si parli in generale o metaforicamente: ai credenti viene proposta un’etica profondamente alternativa a quella mercantile e tecnocratica che ci viene presentata ormai come l’unica alla quale dovremmo adattarci. Potere e profitto, così come tecnica ed efficienza sono i due binomi ai quali s’ispira “questo mondo”, ma da essi non scaturirà altro che oppressione e guerra!

Le ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia insinuano il convincimento che la crescita economica sia da conseguire anche a prezzo dell’erosione della funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà della società civile, nonché dei diritti e dei doveri sociali. Ora, va considerato che questi diritti e doveri sono fondamentali per la piena realizzazione di altri, a cominciare da quelli civili e politici.  Tra i diritti e i doveri sociali oggi maggiormente minacciati vi è il diritto al lavoro…”

Quest’altro brano del Messaggio del Papa è ancora più esplicito e si riferisce proprio alla ferrea convinzione – disseminata da quasi tutti i media , compresi molti che si dichiarano cattolici – che la crisi attuale sia superabile solo mediante una “crescita economica” che premi proprio il profitto, anche a costo di spazzare via i diritti e doveri sociali, insieme con le reti di solidarietà che cercano di arginarne in qualche modo i guasti per la società, a partire dai più deboli e fragili.

Sia uno sviluppo integrale, solidale e sostenibile, sia il bene comune esigono una corretta scala di beni-valori, che è possibile strutturare avendo Dio come riferimento ultimo.[…] Per uscire dall’attuale crisi finanziaria ed economica – che ha per effetto una crescita delle disuguaglianze – sono necessarie persone, gruppi, istituzioni che promuovano la vita favorendo la creatività umana per trarre, perfino dalla crisi, un’occasione di discernimento e di un nuovo modello economico…”

Quest’ultimo passo del messaggio per la Giornata della Pace 2013 ci offre un altro importante spunti di riflessione ed una netta risposta alle citate “ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia”. L’unico “sviluppo” che un Cristiano può e deve perseguire – ci dice il Pontefice – non può che essere “integrale” (cioè di tutta la persona), “solidale” (in quanto fondato su solidi legami di fratellanza e d’aiuto reciproco) e “sostenibile” (ossia attento agli equilibri sociali come a quelli ambientali). Il suo obiettivo non può essere, quindi, che il “bene comune”, radicato in quella “comunione e condivisione” che sono l’esatto opposto dei criteri liberisti incentrati su “potere e profitto”.

Anche questa volta le parole di Benedetto XVI suonano condanna della guerra, frutto delle “crescenti disuguaglianze” e della sete di potere ed auspicio per una visione altra dello sviluppo umano e sociale, basato su un “nuovo modello economico”. Purtroppo, sappiamo già che – passati i brindisi augurali ed i fuochi pirotecnici – il dibattito nel nostro Paese tornerà stancamente sui soliti temi, perpetuando la banalità del male e diffondendo sempre più l’orwelliano “bispensiero” di chi chiama pace la guerra e giustizia la disuguaglianza sociale.

Se chi ha appena ricordato la nascita dell’Uomo-Dio  non saprà accogliere anche le parole scomode di chi oggi parla in Suo nome, sarà inutile farci gli auguri per quello che difficilmente sarà un anno davvero “nuovo”. Ma io e pochi “folli” come me ci crediamo ancora e per questo chiudo citando quanto suggeriva il “passeggere” leopardiano al “venditore di almanacchi “: – Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?…-
Auguri!

(c) 2013 Ermete Ferraro (https://ermeteferraro.wordpress.com )

IL PECCATO DELLE ARMI

« Cosa possiamo fare contro la guerra? Naturalmente sempre difendere il messaggio della pace, coscienti che la violenza non risolve mai un problema, e rafforzare le forze della pace. […] Direi anche che deve finalmente cessare l’importazione di armi, perché senza l’importazione della armi la guerra non potrebbe continuare, invece dell’importazione delle armi che è un peccato grave si dovrebbe importare idee di pace, creatività, trovare soluzioni da accettare ognuno nella sua alterità e dobbiamo quindi nel mondo rendere visibili il rispetto delle religioni, gli uni degli altri, rispetto dell’uomo come creatura di Dio, l’amore del prossimo come fondamentale per tutte le religioni». http://www.korazym.org/index.php/attivita-del-papa/2-il-papa/2998-la-conferenza-stampa-di-benedetto-xvi-durante-il-volo-per-beirut-testo-integrale.html   

   Questa netta e coraggiosa dichiarazione di Benedetto XVI, pronunciata giorni fa nella conferenza stampa in occasione della sua partenza per il Libano, è stata riportata da molti quotidiani e notiziari radiotelevisivi, però pochi sono stati i commenti su queste inequivocabili parole del Papa. Evidentemente è meglio glissare su quest’affermazione, tanto più autorevole in quanto il suo autore non è un semplice missionario o un attivista nonviolento, ma il massimo esponente del Cattolicesimo. La frase estrapolata dall’intervista rispondeva ad una domanda relativa al conflitto siriano: non si trattava quindi d’un generico monito sul piano etico contro il commercio d’armi, bensì d’un chiaro riferimento al nuovo bagno di sangue alimentato dalla dittatura di Assad, ma anche da quelli che lucrano su quel conflitto, piazzando cinicamente armi ad entrambi i contendenti. Senza vendita di armamenti la guerra non potrebbe continuare, ha argomentato il Pontefice, e perciò l’export di armi è un oggettivo e grave peccato. Direi che, mai come in questo caso, il termine “peccato mortale” suona particolarmente appropriato, visto che non si tratta solo di un’azione spregevole sul piano morale e religioso, ma d’un vero e proprio attentato alla stessa vita. Il primo imperativo morale per un cristiano di fronte a questa strage di vite umane, quindi, dovrebbe essere rifuggire da questo peccato e farsi portatore di idee di pace. Le uniche proposte per un credente nel Vangelo di Cristo, ha ribadito Benedetto XVI,  non possono mai essere distruttive, ma creative, rispettose e fondate sull’amore.

Da pacifista, devo dire che ho particolarmente apprezzato questa dichiarazione, che suona come condanna senza se e senza ma della più disastrosa delle attività economiche mondiali, purtroppo tutt’altro che in crisi in questo pur travagliato periodo. Non si tratta infatti di un’argomentazione sottile e sopra le righe né di un’affermazione rivestita di veli diplomatici. Il Capo della Chiesa Cattolica ha affermato  – stavo per dire “papale papale”…- che chi importa (ed esporta) strumenti di guerra commette un grave peccato. Che non si tratti di un concetto neutro mi pare evidente, soprattutto se ci fermiamo un attimo a riflettere  sulla mostruosità dell’attuale corsa agli armamenti e sulla devastante diffusione di focolai di guerra ovunque. La classifica mondiale dei “peccatori” contro la vita e la pace resta tuttora guidata dagli Stati Uniti, i cui verdi bigliettoni recano da sempre impresso il blasfemo motto “In God we trust” (Noi crediamo in Dio).  Da recenti dati del SIPRI (http://www.sipri.org/yearbook/2012/files/SIPRIYB12Summary.pdf ) emerge con evidenza che le esportazioni di armi degli USA (che per il 2011 sono stati in testa anche alla classifica delle spese militari, con l’incredibile cifra di 711 miliardi di dollari…) rappresentano addirittura il 30% del totale di questo dannato traffico. Segue a ruota la Federazione Russa col 24%, ma poi si scende (si fa per dire…) al 9% di Germani a ed all’8% della Francia. Secondo l’autorevole istituto di ricerca sulla pace di Stoccolma, la cattolica Italia si piazza comunque nona in questa peccaminosa “top 10” di mercanti d’armi, esibendo per di più con deprecabile fierezza anche il suo ottavo posto nella classifica mondiale delle aziende produttrici di strumenti di morte. Esso è stato infatti detenuto nel 2010 dall’azzurra Finmeccanica, con 14.410 milioni di dollari di fatturato in vendita di armamenti ed un profitto netto di 738 milioni di dollari (solo un quarto di quello portato a casa dalla statunitense Lockeed Martin).

Quasi quarant’anni fa Alberto Sordi fu protagonista e regista del film “Finché c’è guerra c’è speranza”, nel quale interpretava magistralmente il ruolo di Pietro Chiocca, un commerciante di pompe idrauliche ‘convertitosi’ al molto più lucroso mestiere di mercante d’armi, col quale manteneva nel lusso la sua esosa famigliola. Eppure proprio dalla moglie e dai figli gli arriverà una reazione di sdegnato disprezzo, quando un noto quotidiano ne sbatterà la foto sulle sue pagine, accanto allo sferzante titolo “Ho incontrato un mercante di morte”. Ma Pietro Chiocca non ci sta e reagisce duramente e smaschera la loro ipocrita ed egoistica reazione,concludendo con queste parole: « Perché vedete… le guerre non le fanno solo i fabbricanti d’armi e i commessi viaggiatori che le vendono. Ma anche le persone come voi, le famiglie come la vostra che vogliono vogliono vogliono e non si accontentano mai! Le ville, le macchine, le moto, le feste, il cavallo, gli anellini, i braccialetti, le pellicce e tutti i cazzi che ve se fregano! …Costano molto, e per procurarsele qualcuno bisogna depredare!  Ecco perché si fanno le guerre!…».

Ebbene, in questo squallido mondo di mercanti d’armi e di tanti che su di quest’odioso traffico hanno fondato e fondano la loro prosperità, ben venga la chiarezza di chi, semplicemente e senza giri di parole, ha dichiarato dall’alto della propria autorevolezza che tutto ciò è un “grave peccato”, che va quindi condannato. Ancor più apprezzabile mi è parso che il Pontefice non si sia limitato a deprecare l’esportazione di armamenti, ma abbia auspicato che i cristiani diventino finalmente esportatori di idee di pace, di rispetto delle diversità, di slancio creativo. Certo, questo significa che da parte della Chiesa Cattolica ci si aspetterebbe la stessa, lodevole, chiarezza e coerenza anche in altre circostanze. Ad esempio, nel caso dell’Italia, respingendo l’untuosa protezione da parte di politici che ostentano la loro bigotteria solo quando si tratta di aborto o d’eutanasia, senza però minimamente preoccuparsi di proporre e votare atti di aggressione armata e di esaltare la nostra industria bellica. Certo, la guerra ed il commercio di armi sono un peccato. Peccato però che, a quanto pare, nessuno sembra essersene accorto…

© 2012 Ermete Ferraro (https://ermeteferraro.wordpress.com )