di Ermete Ferraro
E’ francamente sconcertante constatare che la c.d. riforma “progressista” della scuola – che segue a ruota la precedente riforma c.d. “conservatrice” – riesca a produrre ulteriore confusione e contraddizioni nella mente di chi anche questo settembre è andato a scuola convinto di essere un insegnante, scoprendo però che sono nuovamente cambiate le regole del gioco. E’ sicuramente apprezzabile che chi guida la scuola italiana si preoccupi di evitare l’invecchiamento – e relativa sclerosi – del cervello dei docenti, mantenendolo costantemente sveglio e in esercizio con questi giochini di attenzione e di prontezza.
A Napoli, l’attitudine che probabilmente si vorrebbe suscitare nei docenti con questi “test” sarebbe sintetizzata più efficacemente citando il detto popolare: “attaccà ‘o ciuccio addò vô ‘o patrone”, visto che l’aggiornamento previsto per un docente sembra consistere principalmente nell’adeguamento del proprio lessico professionale alle direttive del Ministro in carica.
Vero è che oggi non va più di moda parlare di “direttive” e di “programmi” in senso prescrittivo, ma piuttosto – senz’altro più elegantemente e democraticamente…- di “indicazioni nazionali ”. La sostanza, però, non cambia ed anche io – come migliaia di docenti vecchi e nuovi, esperti o incerti, stagionati o alla prima esperienza – in questi giorni mi sono trovato a spendere parecchie ore nella lettura, interpretazione e commento del Documento del Ministro della P.I. Ebbene, al di là della condivisione di alcune premesse ed affermazioni generali e dell’ovvia soddisfazione per il superamento di alcune “trovate” della precedente responsabile dell’Istruzione (tornata pubblica, se non altro nell’intestazione del Ministero), lo sconcerto mi ha assalito ben presto, di fronte a queste ennesime indicazioni. Lasciando stare le possibili considerazioni critiche sul suo impianto generale e sulla strutturazione dei cicli, mi colpisce la sconcertante incongruenza tra premesse dichiarate e proposte avanzate.
Già il precedente governo di centrodestra era stato capace di partorire una riforma della scuola italiana che, ben lungi dall’enfatizzare valori tradizioni e specificità nazionali, aveva addirittura ridotto le ore d’insegnamento della lingua italiana, cancellato di fatto la storia antica dalla scuola media e sbriciolato la vecchia “Educazione Civica” in una miriade di “educazioni” frammentarie, da ospitare, non si sa come, in un curricolo orario che non le prevedeva affatto.
Il Ministro Fioroni, invece, aveva esordito presentando la sua riforma della riforma con alcuni suggestivi slogans, fra i quali tutti ricordano quello sul ritorno all’apprendimento della grammatica, della storia e della geografia, in sostituzione delle “tre I” morattiane. Molti docenti, allora, avevano tirato un bel sospiro di sollievo, sperando di tornare ad una centralità di saperi e competenze meno artificiosamente tecnologiche e globalizzanti e più vicine al contesto reale di tanti nostri alunni. Un contesto, non dimentichiamolo, in cui non l’Inglese, ma l’Italiano, continua troppo spesso ad essere la prima lingua straniera comunitaria; in cui l’Informatica s’identifica per tanti studenti quasi solo con i videogiochi del computer, per non parlare poi dell’Impresa, che a molti fa venire in mente, più che la creazione di qualificati posti di lavoro, la quasi eroica sfida che un sacco di persone devono affrontare ogni giorno per trovarlo, un lavoro qualsiasi…
Ecco, però, che se vai a leggerti bene le Indicazioni Nazionali dell’onorevole Fioroni, scopri invece che alla scuola media la grammatica è già data per appresa dagli alunni durante gli anni delle elementari; che l’unica storia che sembra oggetto di studio alle medie e quella che va dal Medioevo ad oggi, dedicando al ‘900 addirittura l’intero terzo anno, e che la revisione dei programmi di geografia di un governo “progressista” ha addirittura messo in ombra gli aspetti più specificamente “economici” di tale disciplina.
Dopo aver parlato tanto della centralità della “grammatica”, nei programmi del triennio delle medie sembrano sparite del tutto la fonologia, la morfologia e l’analisi della struttura e delle funzioni della frase semplice. Vogliamo davvero far finta che siano già state imparate alle elementari, quando la realtà quotidiana ci presenta sempre più casi in cui occorre partire dall’alfabetizzazione di base degli alunni?
E poi, si dedica ben poco spazio alle evoluzioni lessicali della lingua italiana ed allo studio del processo comunicativo e dei suoi disturbi, finendo col mettere definitivamente in soffitta l’impostazione che vedeva nello studio delle lingue soprattutto l’occasione per una più generale educazione alla comunicazione.
Mi sembra assurdo che la presentazione delle vicende storiche e della loro lettura critica nella scuola media continui a dare per scontata la conoscenza delle civiltà antiche e classiche, come se bastasse un’infarinatura “elementare” su queste fondamentali epoche storiche, pressati dall’urgenza di focalizzare l’attenzione sul solo Novecento, anche a costo di non comprenderne le radici nel periodo illuminista e nelle varie “rivoluzioni” tecnologiche e nelle precedenti scoperte geografiche.
Ancora più paradossale è che questa nuova riforma della scuola di base finisca col mutilare la Geografia proprio del suo aspetto più stimolante e critico, cioè quello economico, non mettendo neppure in discussione il fatto che di modelli di sviluppo ce ne sono tanti e che scoprire le diversità geografiche non è solo una questione di differenze territoriali e/o culturali, ma anche di disparità e disuguaglianze stridenti. E’ solo un caso, oppure si cerca di esorcizzare la constatazione che quello che accettiamo supinamente da un secolo è la causa prima delle ingiustizie, dei conflitti armati e dei disastri ambientali, trattati come fenomeni a parte, cui porre saggiamente rimedio, magari grazie al provvidenziale progresso tecnologico-scientifico?
Insomma, ci voleva proprio un governo di centrosinistra per dare la mazzata definitiva all’insegnamento dell’Italiano come “educazione linguistica”, a quello della Storia come percorso complesso e concatenato di cui la contemporaneità è solo il punto d’arrivo provvisorio, ed a quello della Geografia come introduzione ad una mentalità consapevole e critica sul concetto di sviluppo e sul problematico rapporto uomo-ambiente?
Ma, dopo tutto (per parafrasare una nota canzone di Bennato): Sono solo indicazioni…