Obiezione di coscienza per resistere alla guerra e stimolare un’alternativa difensiva nonviolenta

di ERMETE FERRARO (*)

Un ventennio senza leva

Più o meno 45 anni fa – quando in Italia si era nel pieno dell’esperienza del servizio civile alternativo a quello militare – scrissi in un articolo che sarebbe stato necessario “passare dall’obiezione di coscienza alla coscienza dell’obiezione”. Il senso di quella frase era che bisognava superare la fase meramente oppositiva e la routinizzazione della pratica del servizio civile, aumentando la consapevolezza che c’era un’alternativa nonviolenta da costruire. Ebbene, la situazione in cui ci troviamo è con tutta evidenza assai diversa da quella di allora ed è innegabile che, sebbene siamo sospesi tra una tremenda crisi climatica ed un allarmante crescendo bellico, la consapevolezza della drammaticità di questo momento e delle alternative da perseguire non sembra davvero adeguata.

Non c’è bisogno di ricorrere a profonde analisi sociologiche e psicologiche, infatti, per constatare come quasi tutte le ipotesi opposte alla logica consumistico-predatoria nei confronti dell’ambiente e di controllo militare delle zone d’influenza strategica ed economica siano progressivamente state derubricate a utopie per anime belle su cui ironizzare o, peggio ancora, a subdole minacce alla stabilità del sistema da denunciare e reprimere. Lo svilimento della politica a gestione furbesca e ‘pragmatica’ dell’esistente, del resto, non avrebbe potuto consentire di guardare lontano e più in profondità, ben oltre una realtà data quasi per scontata ed immutabile, ispirata com’è dal pensiero unico e dalle ‘monoculture della mente’.

Venti anni fa, in Italia si decise di archiviare per legge il servizio militare obbligatorio, aprendo la strada alla professionalizzazione delle forze armate e, al tempo stesso, chiudendo la fondamentale esperienza del servizio civile degli obiettori di coscienza e la sperimentazione di un modello alternativo di difesa. Quel “tutti a casa” governativo, in effetti, ha fatalmente provocato un progressivo assopimento delle coscienze rispetto all’intrinseca pericolosità per la pace e la sicurezza mondiale del complesso militar-industriale. Inoltre ha ridotto la possibilità di agire – per usare la terminologia gandhiana – sia sul piano ‘ostruttivo’ (con l’obiezione di coscienza come disobbedienza civile e rifiuto del servizio in armi), sia su quello ‘costruttivo’ (con una diffusa sperimentazione di forme di difesa civile, non armata e nonviolenta, di protezione civile popolare e d’interventi sociali dal basso, ispirati ai principi di equità e solidarietà.

Se è innegabile che nel nostro Paese l’affrancamento dei cittadini, soprattutto quelli più giovani, dalla coscrizione militare ha riconosciuto un’esigenza largamente avvertita, va però precisato che, sul piano legislativo, non è mai stato cancellato l’obbligo costituzionale di adempiere al “sacro dovere” di difendere la patria. [i]  Il servizio militare, quindi, non è stato abolito bensì solo ‘sospeso’, lasciando salva la possibilità del Governo (non del Parlamento…) di ripristinarlo nei seguenti casi: “a) se è deliberato lo stato di guerra ai sensi dell’articolo 78 della Costituzione; b) se una grave crisi internazionale nella quale l’Italia è coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale giustifica un aumento della consistenza numerica delle Forze armate”. [ii] Un’evenienza tutt’altro che remota, che potrebbe sconvolgere improvvisamente la placida inerzia degli italiani nei confronti dell’istituzione Forze Armate.

Vent’anni dopo…

I due decenni trascorsi hanno progressivamente fatto svanire non solo la consapevolezza del cittadino medio su come stanno effettivamente le cose in materia di difesa nazionale, ma anche affievolito la coscienza di ciò che ogni cittadino potrebbe fare – qui e ora – per contrastare l’incalzante militarizzazione della società, dell’economia e della cultura (a partire dalla pervasiva infiltrazione nella scuola e nell’università…) e per opporsi allo sdoganamento della stessa follia bellicista.  Ci sono voluti i venti di guerra, che soffiano sempre più forte sullo scenario europeo (mediterraneo e nord-orientale) per svegliare l’opinione pubblica dal sonno della coscienza e dai mostri che ha nel frattempo generato.  Ecco perché sempre più persone s’interrogano su come contrapporre una reale scelta di pace alla barbarie delle guerre, ma senza trovare risposte valide, diverse dagli appelli generici ed un po’ ipocriti di politici incapaci di offrire visioni globali.

Il M.I.R. (Movimento Internazionale della Riconciliazione) – la più antica organizzazione italiana per la nonviolenza –s’interroga da molto tempo sul ruolo di un più ampio movimento per la pace che, oltre ad essersi assottigliato quantitativamente anche per un mancato ricambio generazionale, non ha forse saputo affermare a fondo e con decisione l’imprescindibilità della stessa pace dal disarmo e dalla smilitarizzazione. L’attenzione alla tutela del diritto ad obiettare al servizio militare – in assenza della coscrizione obbligatoria in Italia – di recente si era giustamente spostata sulla difesa di obiettori, disertori e resistenti alla guerra in altri contesti (paesi autoritari, dittature militari, stati interessati da conflitti armati), provocando involontariamente una rimozione del problema al nostro livello. Ora però, in un clima arroventato dal conflitto armato russo-ucraino e da quello israelo-palestinese, da più parti sono state avanzate proposte di opposizione attiva alla guerra.

  Infatti, sebbene la nostra Costituzione la ‘ripudi’, “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di soluzione delle controversie internazionali[iii], non si è affatto ridotto il ruolo del sistema militare e dell’industria che lo alimenta. Al contrario, esso risulta sempre più presente non solo in ambiti connessi alla difesa nazionale, ma anche in contesti molto diversi (ricerca scientifica, telecomunicazioni e tecnologie digitali, tutela dell’ordine pubblico, protezione civile, sanità…), sui quali i militari stanno da anni esercitando la loro ‘mimetica’ influenza, presentandosi come provvidenziali ‘salvatori della Patria’. L’inasprirsi di situazioni esplicitamente belliche – unitamente alla pressione della NATO affinché i paesi membri aumentino le spese militari ed insieme con una diffusa tendenza ad ipotizzare il ritorno alla coscrizione militare obbligatoria – sta finalmente svegliando dal suo torpore la pubblica opinione rispetto alla possibilità di dover fronteggiare di nuovo una chiamata o richiamo alle armi.

Ma le proposte finora avanzate all’interno del movimento pacifista e disarmista, cui si accennava prima, sono state finora piuttosto deboli, frammentarie e caratterizzate da una carica più simbolica che fattiva. Una volta archiviate – benché non abrogate – sia la legge 230/1998 che prevedeva l’istituzione dell’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, sia la n. 64/2001, finalizzata ad istituire alternative difensive al servizio militare, il vuoto istituzionale in materia era ormai evidente. Si è cercato allora di colmarlo nel primo decennio degli anni 2000 con le campagne pacifiste a sostegno di alcune proposte più complessive cui ha aderito anche il M.I.R. – come quella legislativa d’iniziativa popolare su Un’altra difesa è possibile [iv] e quella che sostiene l’istituzione nel nostro Paese di un innovativo Ministero della Pace [v] .

A volte ritornano

Eppure la via legislativa, sebbene importante, non è stata capace di mobilitare il mondo pacifista disarmista e antimilitarista, anche perché entrambi le proposte son rimaste impantanate nei meandri della burocrazia istituzionale. In quest’ultimo periodo, quindi, l’obiettivo si è spostato nuovamente sull’affermazione del diritto ad obiettare al servizio militare, cercando di svegliare le coscienze assopite di troppi connazionali, convinti che si tratti di una questione astratta e non attuale. Proprio dal M.I.R. infatti, era partita una riflessione su come impostare in modo efficace una campagna per rilanciare l’obiezione ad una coscrizione militare tuttora sospesa, ma non abolita. Le accelerazioni impresse dalle campagne lanciate dal Movimento Nonviolento prima [vi] e dai Disarmisti Esigenti poi [vii] hanno però impedito un confronto più ampio e trasversale, perseguendo una strada più simbolica che effettiva. Avendo ipotizzato una dichiarazione di obiezione di coscienza preventiva impostata più che altro come manifestazione d’impegno personale o come sottoscrizione di una petizione di principio, infatti, non costituiscono un atto formale nei confronti del Ministero della difesa, come viceversa sarebbe auspicabile anche alla luce della stessa normativa vigente in materia.

Se è vero, come suggerisce il titolo del paragrafo, che si profila sempre più concretamente l’ipotesi del ritorno ad un reclutamento generalizzato che sembrava superato, la risposta del variegato arcipelago pacifista dovrebbe essere di conseguenza meno simbolica e più concreta, oltre che auspicabilmente collettiva ed unitaria. Ma quali sono le considerazioni che ho avanzato all’interno del M.I.R. a tal proposito?

(1)  Il Codice dell’Ordinamento Militare (C.O.M). comprende già dal 2010 tutta la normativa concernente il “servizio militare obbligatorio” (sospeso dal 2005), il suo eventuale ripristino in seguito alla dichiarazione dello “stato di guerra” o di “grave crisi internazionale nella quale l’Italia è coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale”. Anche in questo caso si prevede che il cittadino maschio arruolato possa dichiarare la ‘preferenza’ per un servizio civile non armato e/o per la vera e propria ‘obiezione di coscienza’, optando per un servizio civile (in enti, comuni e perfino all’estero, in missioni umanitarie non armate).

(2) Modalità e tempistiche per le operazioni riguardanti le operazioni di chiamata alla leva e di successivo arruolamento sono già prescritte dal C.O.M., ma dovrebbero comunque essere notificate ai cittadini mediante i prescritti manifesti comunali, specificando che il ‘servizio obbligatorio’ a cui sono chiamati riguarda coloro che saranno arruolati nelle tre armi della Difesa, ma anche quelli che scelgano di prestare un servizio civile alternativo a quello militare, in particolare se si dichiarano ‘obiettori di coscienza’, per la stessa durata di 10 mesi (prorogabili in caso di emergenza bellica) e con gli stessi diritti e doveri. La mancanza di adeguata e completa pubblicizzazione (con manifesto cartaceo e/o in via telematica) delle fasi del reclutamento e, in particolare, del diritto di obiettare entro 15 giorni dall’arruolamento, costituisce pertanto una grave omissione rispetto al compito demandato ai Sindaci – Ufficiali di governo – ma anche da parte degli Uffici Leva territoriali del Ministro della Difesa (cui spetta stabilire il modello di manifesto, indicando i titoli di dispensa, ritardo, rinvio, e le relative modalità, nonché le altre informazioni di cui all’articolo 1974).

(3) Considerando la grave mancanza di trasparenza amministrativa (manifesti di chiamata alla leva, opuscolo informativo, relazioni annuali al Parlamento), pur trovandoci ancora in condizioni ordinarie, è facilmente ipotizzabile che “in considerazione della eccezionalità e urgenza determinate dallo stato di guerra o di grave crisi internazionale” si procederà, come peraltro previsto, senza applicare gli articoli 7, 8, 10-bis, della stessa legge sulla trasparenza. Conseguentemente, la chiamata alla leva e quella successiva, sarebbero “sottratti all’obbligo di motivazione […] omessa in caso di assoluta indifferibilità e urgenza”, accogliendo le richieste solo se “compatibili con le esigenze di urgenza o segreto”.

Che fare?

L’avvio non condiviso di campagne nazionali sull’obiezione di coscienza da parte di alcuni soggetti della costellazione pacifista ha determinato per il M.I.R. l’oggettiva difficoltà di avviare quanto stava programmando da tempo, per non creare sovrapposizioni e situazioni contrastanti che potrebbero disorientare i nostri stessi interlocutori. D’altronde, considerata la centralità che questo aspetto riveste nella complessiva proposta nonviolenta, ecopacifista ed antimilitarista del nostro Movimento, non ci è sembrato giusto né opportuno desistere né limitarci a confluire acriticamente nelle campagne già avviate. Apprezziamo quanto alcuni amici della Fraternità dell’Arca [viii] stanno facendo per ricucire pazientemente il tessuto delle organizzazioni pacifiste su questo tema e ci auguriamo che questo sforzo dia risultati apprezzabili. Abbiamo comunque deciso di partire con specifiche iniziative di rilancio dell’obiezione di coscienza alla guerra e al militarismo, per adesso agendo sperimentalmente in alcune aree territoriali. La natura di queste iniziative è duplice: da un lato puntiamo a denunciare la palese mancanza di adeguata informazione da parte delle istituzioni a ciò preposte, dall’altro vogliamo andare oltre la controinformazione, per sensibilizzare i più giovani all’esigenza – etica e politica – di fare da subito impegnative e fattive scelte personali, dichiarando preventivamente il loro rifiuto del servizio militare e l’opzione per un servizio civile non genericamente ‘volontario’, ma mirante a un modello alternativo di difesa.

  • Nel primo caso, ai gruppi e sedi locali del M.I.R. interessati e motivati in tal senso si propone di sollecitare interrogazioni e/o interpellanze nei rispettivi consigli comunali, chiedendo per quali motivi non siano state applicate le norme vigenti in materia d’informazione sui diritti e doveri dei cittadini iscritti nelle liste di leva ed eventualmente arruolati o richiamati a svolgere un servizio obbligatorio, ai sensi dell’art. 52 della Costituzione.  Considerando le diffuse inadempienze, sarebbe possibile seguire anche la strada giudiziaria, diffidando formalmente Sindaci e Responsabili territoriali degli Uffici di Leva a darne a breve adeguata informazione. Laddove non si raggiungessero per questa via apprezzabili risultati, si potrebbero presentare alla magistratura esposti-denunce contro le persistenti omissioni, che danneggiano una notevole fascia della popolazione, compresa tra 18 e 45 anni, e quindi pari a circa il 28% degli italiani.  Ovviamente – è bene precisarlo – un percorso di questo genere servirebbe soprattutto a stimolare i pubblici funzionari ed a sensibilizzare i media sulla questione, con ovvie ricadute positive sull’opinione pubblica, tuttora largamente ignara e disinformata.
    • Nel secondo caso – naturalmente più specifico per un movimento nonviolento che persegua una metodologia fondata sull’azione dal basso e la resistenza civile – proponiamo di lanciare una campagna informativa dal basso sul significato ed il valore dell’obiezione di coscienza. Per questo possono essere utilizzati comunicati stampa, volantinaggi davanti alle scuole ed alle facoltà universitarie e tutti gli altri strumenti disponibili, per raggiungere anche mediaticamente non solo i giovani arruolabili, ma anche persone adulte potenzialmente richiamabili alle armi, ricorrendo ad esempio ai canali ‘social’, su cui pubblicare messaggi ma anche brevi video.
    • Tali azioni di denuncia e di propaganda dell’obiezione di coscienza, come strumento concreto per opporsi in prima persona alla guerra e al militarismo e perseguire una difesa civile e nonviolenta, prevedono ovviamente che chi le promuove sia anche in grado di offrire risposte reali alle persone che rispondano effettivamente a tale appello. Ciò significa che va approntato quanto prima un modello di dichiarazione formale di obiezione di coscienza che si richiami alla normativa vigente (il citato Codice dell’Ordinamento Militare, ma anche le precedenti leggi in materia di OdC e di Servizio Civile), facendo riferimento in particolare a quanto previsto dal comma 1 dell’art. 2097 dello stesso C.O.M. Vanno comunque esposte con chiarezza le motivazioni personali del rifiuto di prestare il servizio militare e,  soprattutto, è opportuno esplicitare la volontà di contribuire ad organizzare in forma strutturata e duratura una Difesa civile, non armata e nonviolenta, formandosi ad essa in alternativa al servizio militare.
    • Allo stato, esistono già due facsimili di dichiarazioni, ma è del tutto evidente che si tratta di documenti che hanno un valore più politico-militante che di dichiarazione formale. Nel primo caso, inoltre, vengono individuati come destinatari delle dichiarazioni via P.E.C. il Presidente della Repubblica, quello del Consiglio, il Ministro della Difesa ed il Capo di S.M. dell’Esercito Italiano. Nel secondo, si tratta invece di una ura e semplice ‘petizione’ senza alcun valore ufficiale, da inoltrare eventualmente via P.E.C. anche al Quirinale, al Capo del Governo ed al Ministro della Difesa. Ebbene, se si vuole andare oltre un atto meramente simbolico ed ‘ufficializzare’ davvero la propria dichiarazione di obiezione di coscienza, essa andrebbe firmata e inviata per raccomandata A/R o P.E.C esclusivamente agli interlocutori effettivi, cioè gli Uffici Leva Militare dei rispettivi Comuni, i Centri Documentali (ex Distretti Militari) competenti per territorio e l’8° reparto della Direzione Generale della previdenza militare e della leva (Previmil).
    • Va ulteriormente precisato che una dichiarazione ‘preventiva’ di obiezione al servizio militare costituisce comunque un’anomalia dal punto di vista strettamente formale. In teoria, infatti, si dovrebbe attendere l’eventuale ripristino del servizio di leva obbligatorio, la chiamata alla visita di leva, formulando la domanda di OdC entro 15 giorni dall’effettivo arruolamento. Tenuto conto, però, che in uno stato di emergenza tempi e modi della procedura sarebbero inevitabilmente accorciati e semplificati, a danno della trasparenza amministrativa (come previsto dal già citato c. 4 dell’art. 1948 del C.O.M.), pur riconoscendo che si tratta sicuramente di un atto squisitamente politico, va sottolineato che ad una dichiarazione preventiva di OdC, sebbene burocraticamente irrituale, sarebbe difficile non riconoscere un effettivo valore, come esplicita manifestazione di volontà rispetto ad una possibilità già prevista da un Codice vigente e da leggi mai abrogate.

    In conclusione

    Alcune prime esperienze in tal senso sono state finora intraprese, all’interno del M.I.R. Italia, dalla sede di Moncalieri (TO) dove, grazie al suo stimolo, nel Consiglio Comunale da un gruppo consigliare è stata presentata una interrogazione scritta in merito ai motivi della mancata informazione dei cittadini sugli adempimenti relativi al servizio di leva.

    Un’altra azione è stata portata avanti dalla sede di Napoli, in occasione della Giornata dell’OdC, con un comunicato stampa pubblicizzato anche dai media [x], che preannunciava successivi interventi di controinformazione e pubblicizzazione dell’OdC. Essi sono stati realizzati, finora, con volantinaggi davanti a quattro istituti scolastici superiori, che hanno consentito di raggiungere diverse centinaia di giovani del biennio col nostro messaggio e con informazioni dirette. In collaborazione con il Comitato Pace e Disarmo Campania (cui il M.I.R. Napoli aderisce da molto tempo), si prevede poi di proseguire con altri volantinaggi, di formulare e presentare una formale diffida legale al Sindaco di Napoli affinché adempia agli obblighi d’informazione in materia di Leva e di svolgere quanto prima una significativa manifestazione pubblica sull’obiezione come strumento di opposizione concreta e fattiva alla guerra ed al militarismo.

    Ovviamente ci auguriamo che altre realtà territoriali del M.I.R. intraprendano iniziative simili e, soprattutto, che il movimento per la pace italiano riesca a dialogare al suo interno e ad esprimersi unitariamente con una campagna comune, coinvolgendo gli Enti di Servizio Civile, gli aderenti alla Rete Italiana Pace e Disarmo e, per quanto ci riguarda più specificamente, anche le organizzazioni di matrice religiosa, in un’ottica ecumenica di nonviolenza attiva e di costruzione della pace.

    (*) Ermete Ferraro è responsabile locale e presidente nazionale del M.I.R. Italia.

    Note


    [i] Cfr. art. 52 della Costituzione della Repubblica Italiana > https://www.senato.it/istituzione/la-costituzione/parte-i/titolo-iv/articolo-52

    [ii] Cfr. art. 1929 del Codice dell’Ordinamento Militare > https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2010-15-03;66~art1485!vig=

    [iii] Cfr. art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana > https://www.senato.it/istituzione/la-costituzione/principi-fondamentali/articolo-11#:~:text=L’Italia%20ripudia%20la%20guerra,la%20giustizia%20fra%20le%20Nazioni%3B

    [iv]  Cfr. la documentazione relativa su https://www.difesacivilenonviolenta.org/

    [v]  V. l’iter su https://www.ministerodellapace.org/

    [vi]  Cfr. Movimento Nonviolento, “Chiamata all’obiezione di coscienza, contro la guerra” > https://www.azionenonviolenta.it/chiamata-allobiezione-di-coscienza-contro-la-guerra/

    [vii] Cfr. testo della petizione su https://www.petizioni.com/obiezione_alla_guerra_e_al_servizio_militare_impegno_per_la_difesa_nonviolenta

    [viii] Vedi in particolare https://www.trefinestre.com/obiezione-1-  e  https://globaluserfiles.com/media/196794_6b3efea84eeb37a10948839609949420727494b3.pdf/o/opuscolo%20odc.pdf

    [ix] Per il Movimento Nonviolento, l’ultimo modello prodotto è scaricabile dal suo sito > https://www.azionenonviolenta.it/wp-content/uploads/2024/04/Obiezione-DEF-3.pdf . La dichiarazione- petizione da sottoscrivere, proposta da Disarmisti Esigenti, L.D.U., L.O.C. ed altri, è invece scaricabile da https://www.petizioni.com/obiezione_alla_guerra_e_al_servizio_militare_impegno_per_la_difesa_nonviolenta

    [x] Cfr. in particolare i seguenti articoli: https://www.pressenza.com/it/2024/05/giornata-dellobiezione-di-coscienza/https://www.anteprima24.it/napoli/obiezione-di-coscienza-campagna-parte-da-napoli-na/  – https://www.miritalia.org/2024/05/14/giornata-dellobiezione-di-coscienza-limpegno-del-m-i-r-per-ravvivare-la-coscienza-dellobiezione/ – e l’intervento in diretta di Ferraro a ‘Prima pagina’ (Radio 3 RAI) , dal min. 1:03:05  della registrazione > https://www.raiplaysound.it/audio/2024/05/Prima-pagina-del-15052024-45f73665-f89c-4efe-a489-e6218866c576.html

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