Credere, rinverdire e combattere?

Il neo-ambientalismo dei Grigioverdi

a1332f42-7f51-4824-bb30-910d15832a0906MediumLa notizia risale a pochi giorni fa. Si è svolta il 13 e 14 novembre a Roma, presso la Scuola Ufficiali, la Terza Conferenza Internazionale sull’Ambiente, organizzata dall’Arma dei Carabinieri, cui hanno preso parte il Ministro dell’Ambiente Costa e il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Nistri.  Il convegno era suddiviso in tre sezioni dal titolo ecologicamente accattivante: il valore della biodiversità; la conservazione della biodiversità; l’attività di polizia a tutela della biodiversità. [i] Non è certo strano, a questo punto, che un ecopacifista come me si sia sentito stimolato ad approfondire il senso di questo incontro e, soprattutto, la logica più ampia che da qualche anno ha portato incredibilmente a collegare le problematiche ambientali con le finalità e competenze del Ministero della difesa. Nel suo intervento, dopo aver candidamente ammesso che la salute e la sicurezza della popolazione dovrebbero essere ‘preservati’ dalle attività militari, la Ministra Trenta ha elogiato gli sforzi che sono stati compiuti per “abbattere l’impatto energetico” delle attività di sua competenza e per migliorare il loro livello di “sostenibilità”.

«Vogliamo fare in modo che tutto sia perfettamente nella norma e che la salute e la sicurezza dei cittadini, nonché le esigenze ambientali del territorio, siano perfettamente preservati da quella che è un’attività necessaria per le Forze Armate e per il Paese […] Ad oggi, sono numerosi i programmi di riqualificazione energetica che abbiamo realizzato […] per abbattere l’impatto energetico delle nostre attività peculiari. Il bilancio di queste collaborazioni è stato finora senza dubbio positivo, perché oltre a garantire importanti risultati in termini di ottimizzazione delle risorse energetiche, hanno consentito un prezioso affinamento dei livelli tecnologici del sistema difesa e di sostenibilità dello strumento militare stesso». [ii]

Pur sorvolando sul modo ambiguo con cui, anche in questo caso, si fa ricorso al termine ‘sostenibilità’ (per sua natura viziato dal limite di essere fluido, elusivo ed opaco, come ho già avuto modo di sottolineare [iii] ) le argomentazioni della Ministra sembrerebbero, più che un riconoscimento di merito, un’excusatio non petita per l’innegabile impatto, non solo energetico, che le attività militari da sempre hanno esercitato sull’ambiente e su coloro che abitano in territori da esse interessati, o meglio occupati.

Sul sito dei Carabinieri – organizzatori della Conferenza – la questione era già stata affrontata, sostituendo il concetto di sostenibilità con quello ancor più vago e sfuggente di armonizzazione.

«Quando siamo in presenza di due interessi dotati di pari rango costituzionale come quello alla difesa militare e quello alla tutela dell’ambiente l’uno non può avere preminenza sull’altro. Proprio per questo il rapporto tra attività militari e protezione ambientale è argomento particolarmente rilevante e complesso. L’approccio della Difesa in materia si fonda sul perfezionamento di strumenti normativi finalizzati ad armonizzare le esigenze operative ed addestrative con quelle della salvaguardia ambientale e dei territori interessati dalla presenza di attività militari, come pure sulla realizzazione di concrete azioni preventive e correttive a tutela della salute e dell’ambiente».[iv]

E’ evidente che, in presenza di più interessi salvaguardati dalla nostra Costituzione, bisogna evitare che uno prevalga sull’altro. Mentre però è indiscutibile che, secondo l’art. 9, “ la Repubblica (…)  tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”, l’art. 52 della nostra Carta costituzionale recita: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”. Esso prosegue parlando d’un  “servizio militare… obbligatorio, nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge” e specificando che “L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”. Resta comunque arbitrario identificare il valore costituzionale della ‘difesa’ con quella di tipo militare. Ad affermarlo non sono io – che dell’opposizione al militarismo ed alla guerra ho fatto oggetto di circa quaranta anni d’impegno – ma la stessa legislazione italiana e vari pronunciamenti nel merito della Corte Costituzionale, come si riconosceva già 12 anni fa in un documento della Presidenza del Consiglio dei Ministri relativo alla Difesa civile non armata e nonviolenta.

«In particolare […] si è già segnalato che sia la legge 230 del 1998 sia la legge 64 del 2001 espressamente dichiarano che il servizio civile «risponde al dovere di difesa» e «concorre alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari». E’ appena il caso di precisare che queste formule legislative sono state in più occasioni considerate costituzionalmente legittime dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha contribuito ad estendere il concetto di difesa oltre i contorni della sola difesa militare [..] Si può quindi oggi senza dubbio affermare che quando la Costituzione fa riferimento al «dovere di difesa» intende rapportarsi a più forme di adempimento: sia in senso militare ed armato, sia in senso disarmato e non militare (perciò “civile”» .[v] 

Ecologisti con elmetto e mimetica

mimeticaL’Italia è arrivata un po’ tardi all’affermazione d’un nesso tra attività militari e tutela dell’ambiente. Questa ambigua operazione mediatica (che ho sintetizzato con la metafora della ‘mimetica’ dei soldati, che serve a ben altro che a far sentire quelli che l’indossano in armonia col contesto naturale… ) ha origine fuori dal nostro Paese. Basta visitare i siti web di altri ministeri della difesa per imbattersi in varie perorazioni dell’importanza delle forze armate nella salvaguardia ambientale. Cominciamo dalla vicina Francia, sul cui sito del Ministère des Armées si legge:

«Il Ministero della Difesa ha una particolare responsabilità nel campo dell’ambiente. Esso infatti occupa importanti spazi naturali, possiede il primo parco immobiliare dello Stato, sfrutta le installazioni classificate per la protezione dell’ambiente, definisce, mette in opera e gestisce la fine vita dei sistemi d’arma […] (Il Piano d’Azione ambientale interforze) persegue vari obiettivi: – Integrare la dimensione ambientale all’interno degli equipaggiamenti di difesa; – smantellare i materiali materiale nel rispetto dell’ambiente; preservare la biodiversità dei terreni militari; – mettere in opera infrastruttura ed attività rispettose dell’ambiente». [vi]

Ciascuno di questi punti viene esemplificato con le azioni promosse per ridurre l’impatto ambientale degli armamenti, i notevoli consumi energetici ed i pericolosi ‘rifiuti’ prodotti dalla ‘rottamazione’ di armi, veicoli, natanti e velivoli in uso alla ‘difesa nazionale’. Altri obiettivi dichiarati sono il miglioramento della gestione dei consumi energetici degli immobili militari e le iniziative per conciliare le attività di addestramento nei poligoni di tiro con la tutela della flora e della fauna. La preoccupazione della Défense d’Oltralpe per la salvaguardia della biodiversità dei tanti siti occupati (di cui ben 41.000 ettari d’interesse naturalistico) è davvero toccante. Peccato però che nelle svariate convenzioni avviate per salvare quei territori dall’impatto delle attività militari (in Francia come anche in Italia) si badi più al risparmio delle risorse energetiche e ad una generica protezione ambientale che a garantire sicurezza e salute agli abitanti di quei territori…

Se ci spostiamo in Canada, si nota che quel governo federale afferma il suo impegno nel “rinverdire la Difesa” .

«La Difesa (DND) assegna un’alta priorità al suo programma ambientale ed è impegnata a condurre le sue operazioni in modi tali da proteggere la salute umana e l’ambiente. Il Ministero continua la sua evoluzione come organizzazione responsabile e sostenibile, affrontando i problemi ambientali passati e continuando a cercare opportunità per mantenere la salubrità dell’ambiente in futuro […] La DEES (Strategia Ambientale ed Energetica della Difesa) fornisce una Chiara visione ed identifica obiettivi concreti per ridurre gli impatti ambientali relative alle attività della Difesa. Il Ministero, insieme con le Forze Armate, si adopererà per adempiere quattro obiettivi-chiave: – meno spreco energetico; energia più pulita; una ridotta impronta ambientale della Difesa; prestazioni energetiche ed ambientali meglio gestite». [vii]

Anche in questo caso, dietro la ‘foglia d’acero’ dell’ambientalismo e della cura della salute dei Canadesi sembrerebbero celarsi interessi economici, relativi al risparmio di risorse finanziarie, e politici, allo scopo di minimizzare l’innegabile impatto ambientale delle attività militari.

Che cosa propongono nel merito i loro potenti vicini statunitensi ? Anche in questo caso le dichiarazioni di principio non mancano. Sul sito del Dipartimento della Difesa USA si leggono le seguenti affermazioni.

«Il DOD – pur non sostenendo una formale mission dedicata alla ricerca sul cambiamento globale, sta sviluppando politiche e piani per gestire e rispondere agli effetti del cambiamento climatico sulle missioni della Difesa, sulle risorse e sull’ambiente operativo […]  Il DOD è responsabile della gestione ambientale di centinaia di installazioni in tutti gli Stati Uniti e deve continuare a incorporare considerazioni geostrategiche ed energetiche nella pianificazione della forza, nello sviluppo dei requisiti e nei processi di acquisizione […] Il programma di ricerca CRREL risponde alle necessità dei militari, ma gran parte della ricerca avvantaggia anche il settore civile ed è finanziata da clienti non militari». [viii]

Rispetto al consueto pragmatismo statunitense, il tono dell’omologo Ministero dell’Australia a proposito della ‘gestione ambientale’ è solo apparentemente più ispirato e non autoreferenziale.

« La difesa riconosce che è un custode dell’ambiente ed è impegnata nella gestione ambientale sostenibile. L’ambiente è un fattore critico per le capacità dell’ADF e deve essere protetto per garantire che le attività di difesa possano essere sostenute nel futuro. La strategia ambientale per la difesa del 2016 […] si concentra su cinque obiettivi strategici per gestire le sfide e le opportunità ambientali attuali ed emergenti.[…] Obiettivo strategico 1: La difesa fornirà un territorio sostenibile relativamente alle aree, le attività e le attività marittime, terrestri e aerospaziali della Difesa; Obiettivo strategico 2: la difesa comprenderà e gestirà i suoi impatti ambientali; Obiettivo strategico 3: La difesa ridurrà al minimo i futuri rischi di inquinamento e gestirà i rischi di contaminazione esistenti; Obiettivo strategico 4: La difesa migliorerà l’efficienza del suo consumo di risorse e rafforzerà la sicurezza delle risorse; Obiettivo strategico 5: La difesa riconoscerà e gestirà i valori del patrimonio immobiliare della Difesa». [ix]

Un generale a 5 stelle a difesa dell’ambiente

costaTornando alla Terza Conferenza sull’Ambiente organizzata dall’Arma dei Carabinieri, ritengo comunque interessante cercare di capirne la strutturazione e l’obiettivo, non tanto sul piano culturale e scientifico, quanto per comprendere meglio la strategia ‘ambientalista’ delle forze armate italiane. Ci aiuta un articolo apparso sul sito de La Dea della Caccia, che si autodefinisce “il magazine delle passioni venatorie, natura ambiente e non solo”. Per fare onore all’impegnativo titolo dato al convegno: “Biodiversità: motore della vita sulla Terra” , esso ne prevedeva la trattazione su tre piani: il suo valore, la sua conservazione e l’attività di polizia a sua tutela.

Come si vede, i lavori avevano un taglio molto specifico e scientifico ed inoltre non era solo rituale l’intervento alla Conferenza del Ministro dell’Ambiente Sergio Costa – ex Comandante in Campania del Corpo Forestale dello Stato, che il governo Renzi volle forzosamente militarizzare, traslocandolo all’interno della Benemerita e rinominandolo ‘Carabinieri per l’Ambiente’. A questo “generale a 5 Stelle” ho già dedicato una nota sul mio blog [x], ma non posso fare a meno di sottolineare che, quattro anni fa,  fu l’allora Comandante Regionale della Forestale Sergio Costa:

«…ad insorgere e ad invitare senza mezze parole dal suo profilo Facebook a farsi sentire. “Da oggi in poi, fintanto che il Governo non cambierà idea, io avrò sul mio profilo Fb lo stemma del Corpo Forestale dello Stato e non lo cambierò. Aiutate il CfS e scrivete sul profilo Facebook del Premier Matteo Renzi che non concordate sul progetto”». [xi]

Fatto sta che colui che aveva dichiarato: «Siamo l’unica forza di polizia specializzata nei settori di ambiente e natura e questo deriva dal fatto che veniamo preparati sin da giovani. Una peculiarità che perderemmo se finissimo nella polizia o nei carabinieri» [xii]  nel 2016 è poi diventato Generale di Brigata dei Carabinieri e nel 2018 è stato designato dal M5S a ricoprire il delicato ruolo di Ministro dell’Ambiente. Dello stemma della Forestale – col suo motto “Pro natura opus et vigilantia” – resta ormai solo il ricordo, che l’iniziativa ‘ambientalista’ intrapresa dai Carabinieri cerca però di rilanciare in qualche modo, anche con una certa enfasi retorica.

«La causa più rilevante di perdita di biodiversità è la distruzione o l’alterazione di habitat, nonché il prelievo illegale di specie animali e vegetali in natura. Quindi l’attività di controllo e di contrasto finalizzata a prevenire e reprimere i crimini ambientali contribuisce in modo significativo alla tutela della biodiversità. In materia ambientale l’attività preventiva è senza dubbio decisiva per evitare la perdita di biodiversità in quanto la repressione, seppur inevitabile, interviene successivamente all’azione criminale che ha cagionato il danno alle componenti ambientali che, quasi sempre, risultano irreparabilmente compromesse generando, a volte, anche rischi concreti per la salute pubblica. Altrettanto fondamentale, per la tutela dell’ambiente, è una capillare e mirata attività di educazione ambientale. In questo ambito l’Arma dei Carabinieri, da sempre attenta alle esigenze dei territori e prossima alle popolazioni rurali e montane, svolge un ruolo importante per aiutare a comprendere e rispettare consapevolmente l’ambiente e, nel contempo, agisce con prontezza e fermezza  per contrastare le illegalità sia di tipo organizzato che comune, anche quando i reati hanno una matrice internazionale…». [xiii]

E’ qui evidente il taglio conferito al Convegno, il cui aspetto più rilevante è quello inerente alle attività di polizia a tutela dell’ambiente, sul piano sia preventivo sia repressivo. Tutto bene, però va detto che questa specifica finalità dei Carabinieri non giustifica né la militarizzazione di un preesistente corpo civile di polizia giudiziaria, né autorizza le Forze Armate nel loro insieme a fregiarsi del titolo di difensori dell’ambiente, i cui equilibri ecologici sono viceversa pesantemente compromessi proprio dalle attività militari, per non parlare di quelle esplicitamente belliche.

Tutela ecologica VS devastazione ambientale

poligoniFa quindi amaramente sorridere che, in quel contesto, la ministra Trenta abbia disinvoltamente dichiarato:

«Potrebbe sembrare un paradosso, ma se le aree su cui insistono da 50/60 anni molti poligoni militari sono oggi considerate Siti di Interesse Comunitario e rappresentano molto spesso un polmone verde per le regioni che le ospitano, la ragione è da ravvisarsi anche nel fatto che esse sono state interdette a quella edilizia speculativa che ha invece devastato tante zone pregiate del nostro territorio, soprattutto in prossimità delle coste». [xiv]

Ebbene sì, onorevole professoressa e capitana della riserva, quello da lei enunciato è effettivamente un paradosso, che vorrebbe farci credere che le tante aree impiegate per devastanti ed inquinanti esercitazioni militari sarebbero considerate di interesse naturalistico proprio in quanto ‘protette’ dalla rassicurante presenza militare. Continuando in tale assurdo sillogismo, ne deriva che, per tutelare i valori ambientali di tanti territori del nostri Paese, la soluzione più efficace sarebbe quella di assoggettarli a sempre nuove servitù militari…!

La triste verità, invece – per citare un articolo apparso nel 2015 sul sito dell’UNRIC (un organismo dell’UNU) – è che “l’ambiente è una vittima della guerra troppo spesso dimenticata[xv]. La tragica realtà che abbiamo tuttora davanti agli occhi, ci dimostra che, mutuando il titolo d’un saggio francese di ecologia politica, “la natura è un campo di battaglia[xvi] sul quale si esercitano le forze oscure di un capitalismo selvaggio e cinico, che non esita a ricorrere al ‘razzismo ambientale’,  colpendo soprattutto i più marginali, ed a ‘finanzializzare’ cinicamente perfino la crisi ecologica.

«La ‘riservatezza’ sulle questioni militari […] ha contribuito a tenere il pubblico all’oscuro dei gravissimi problemi che il moderno ‘approccio militare’ ai conflitti pone non solo alle comunità umane, ma agli equilibri (sempre più instabili) dell’ecosistema Terra. Pur essendo poco o per nulla finanziato, si sta gradualmente sviluppando un filone di ricerca grazie al quale si cerca di approfondire la relazione tra guerra e ambiente, tenendo conto non solo della guerra ‘guerreggiata’, ma dell’intero sistema che – coinvolgendo tutti i settori della società – contribuisce alla preparazione materiale, tecnica, umana della guerra, e scarica sugli ecosistemi le conseguenze di tale preparazione. La guerra, quindi, vista non solo come evento o serie di eventi, ma come un processo sistemico che cattura, trasforma e infine degrada (termodinamicamente) enormi quantità di materia e di energia (oltre che di denaro) sottraendole ad altri destini e producendo materiali inquinanti e tossici per tutte le forme di vita sulla Terra».[xvii]

Alla faccia della tutela della biodiversità! Le aree occupate dai militari per i loro ‘giochi di guerra’ e gli stessi mari dove si esercitano pericolosi natanti sono oggetto di molteplici forme d’inquinamento ambientale, da quello da residui tossici a quello chimico, dall’acustico all’elettromagnetico, fino a giungere al più insidioso e pervasivo: la contaminazione nucleare.

«Ironia della storia, il pianeta non è meglio difeso e protetto da coloro che si autoproclamano suoi difensori, ossia le forze armate, Il loro peso ed il loro impatto nel deterioramento del mondo non può che aggravare le crisi ambientali che conosciamo, crisi capaci di innescare nuovi conflitti. I militari fanno parte del problema prima di far parte, eventualmente, della soluzione […] Pensare in funzione della biodiversità vuol dire integrare il fatto che più dell’80% dei conflitti armati scoppiati tra il 1950 ed il 2000 si situano nelle zone più ricche e diversificate quanto a specie protette». [xviii]

La demistificazione che Ben Cramer – il polemologo francese docente all’Università di Parigi – fa dell’ossimoro che presenta i militari come difensori dell’ambiente, lo porta a formulare anche alcuni suggerimenti per fermare più credibilmente questa preoccupante corsa verso l’autodistruzione. Oltre a “climatizzare il Pianeta”, provvedendo ad arrestare con mezzi bio-ingegneristiche il riscaldamento globale, bisogna “ripulire l’atmosfera” ma soprattutto occorre “uscire dalla logica MAD”, la follia della ‘mutua distruzione assicurata’ che fatalmente accompagna l’escalation nucleare. Per Cramer, insomma, bisogna non solo riconvertire, riciclare e cambiare modello di sviluppo, ma soprattutto “disinquinare smilitarizzando” senza rinunciare ad “ecologizzare la difesa”.

«Il clima paranoico, col crescendo di odi e sovrapproduzione di nemici, rischia non soltanto di militarizzare le nostre società, ma parallelamente rischia di interferire con lo sviluppo, l’approfondimento e la connessione dei valori ecologisti e pacifisti». [xix]

Per un approccio ecopacifista

green-dove-1A questo punto mi sembra chiaro che bisogna demistificare lo pseudo-ambientalismo delle Forze armate, pur riconoscendo la funzione di un organo civile e qualificato di polizia ambientale, capace di prevenire e di reprimere i reati in materia. Non basta però smascherare i goffi tentativi di camuffamento dei militari, che usano la mimetica per farsi credere difensori della natura e farci dimenticare la loro pesante impronta ecologica sulla terra, i mari ed i cieli del nostro Paese.

Bisogna infatti rilanciare in Italia un forte ed unitario movimento ecologista tuttora latitante e spesso compromesso da posizioni ambigue e di comodo. Soprattutto, credo che sia assolutamente necessario collegare le battaglie ambientaliste con quelle pacifiste, come ho affermato in precedenti interventi e nel mio opuscolo dal titolo ‘L’Ulivo e il Girasole’, nel quale chiarivo anche i principi fondamentali di un approccio ecopacifista, in Italia ancora poco conosciuto e ancor meno praticato.

«L’ecopacifismo non è la pura e semplice sommatoria di obiettivi programmatici e di azioni pratiche relative alle lotte per la difesa degli equilibri ecologici e per l’opposizione al militarismo ed alla guerra. Con questo termine andrebbe invece caratterizzata un’impostazione etico-politica ed un programma costruttivo globale nei quali la nonviolenza attiva si manifesti sia nella salvaguardia dell’ambiente naturale e di tutte le forme di vita, sia nella ricerca di soluzioni costruttive e non armate ai conflitti […] Vi sono…alcune battaglie in cui la saldatura fra le due componenti del binomio ecopacifista risultano più evidenti. Sono quella contro la corsa agli armamenti e la moltiplicazione di scenari bellici, apportatori di morte ma anche di enormi disastri ambientali; quella contro il nucleare civile e militare; quella contro la globalizzazione che annienta le diversità biologiche ed umane, sottoponendo l’economia alla tirannia del profitto e militarizzando sempre più le società».[xx]

Ritengo infatti che solo un’impostazione ecopacifista possa farci uscire dall’equivoco che i vari Ministeri della Difesa si occupino di difendere l’ambiente e che a salvare il Pianeta ed i suoi equilibri ambientali possano essere quei soggetti la cui c.d. missione è invece tra le prime cause di sprechi energetici, di inquinamento del Pianeta e di devastazione e contaminazione dell’ambiente, oltre a sottrarre risorse sempre maggiori agli investimenti sociali, educativi e sanitari.

Se, infatti, è auspicabile che i militari si decidano finalmente a ridurre la loro ‘impronta ecologica’, bisogna però smascherare il pericoloso imbroglio di chi cerca di farli passare ora per amorevoli boy scout, ora per una versione aggiornate delle disneyane ‘giovani marmotte’.

L’ecopacifismo, per citare un docente catalano di ecologia politica:

«È una relazione sistemica essenziale che deve essere evidenziata e affrontata prima che sia troppo tardi. Significa anche che i precetti della cultura della pace devono diventare parte dell’ambientalismo e che i precetti ambientali devono diventare parte del pacifismo e dell’antimilitarismo. La questione va ben al di là di quella che potrebbe essere un’alleanza tattica tra i movimenti sociali per la giustizia globale». [xxi]

Non ci resta, allora, che demistificare l’ecologismo in salsa grigioverde, contrapponendogli un movimento ecologista e pacifista unito, più consapevole del proprio ruolo e, soprattutto, capace di mobilitare la coscienza di tanti giovani, che dovrebbero diventare protagonisti del loro futuro e, prima ancora, adoperarsi affinché il loro futuro non sia compromesso irrimediabilmente dal suicidio iperconsumista e dalla persistente follia della guerra.


N O T E 

[i] “Difesa e ambiente: al via la terza conferenza internazionale” (13.11.2018)  in: Ministero della Difesa> https://www.difesa.it/Primo_Piano/Pagine/Difesa-e-ambiente-al-via-la-terza-conferenza-internazionale-.aspx

[ii] Ibidem   (sottolineature mie)

[iii] Ermete Ferraro, “L’insostenibile leggerezza della sostenibilità” (15.05.2015), AgoraVox Italia > https://www.agoravox.it/L-insostenibile-leggerezza-della,63977.html

[iv]  Ebe Pierini, “Difesa e ambiente” (26.11.2017), Carabinieri.it > http://www.carabinieri.it/editoria/natura/la-rivista/home/tematiche/ambiente/difesa-e-ambiente  (sottolineature mie)

[v] Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ufficio nazionale per il Servizio Civile, La Difesa civile non armata e nonviolenta (DCNAN), Roma, 30.01.2006 > http://www.serviziocivile.gov.it/media/561235/DCNAN-30-gen-06.pdf  (sottolineature mie)

[vi]  Environnement , Ministère de la Défense > https://www.defense.gouv.fr/sga/le-sga-en-action/developpement-durable/environnement  (traduzione e sottolineature  mie)

[vii] National Defence and Canadian Armed Forces, Greening Defence  > http://www.forces.gc.ca/en/business-environment/index.page  (traduzione e sottolineature mie)

[viii] Department of Defense, Global Change.gov > https://www.globalchange.gov/agency/department-defense (traduzione e sottolineature mie).  Che il Pentagono USA sia il principale inquinatore a livello mondiale è rivelato dall’articolo: “Environmentalists are Ignoring the Elephant in the Room: U.S. Military is the World’s Largest Polluter” (22.05.2017) by Washington’s Blog > https://www.globalresearch.ca/environmentalists-are-ignoring-the-elephant-in-the-room-u-s-military-is-the-worlds-largest-polluter/559159. Un altro interessante articolo americano sul rapporto fra militari ed ambiente è sintetizzato in: Gar Smith, “The Environmental Destruction Wrought by War” , An excerpt adapted from: GAR SMITH, The War and Environment Reader.September 20, 2017 > http://www.earthisland.org/journal/index.php/articles/entry/environmental_destruction_war/

[ix]  Dept. of Defence, Environmental Management, Australian Govt – DOD > http://www.defence.gov.au/Environment/ (traduzione mia)

[x]  Ermete Ferraro, “Generale, quelle 5 stelle…” (11.06.2018), Ermete’s Peacebook > https://ermetespeacebook.com/2018/06/11/generale-quelle-5-stelle/

[xi]  Enrico Ferrigno, “Abolizione della Forestale, il Comandante regionale arringa su Fb: ‘Protestate con Renzi’ “ (24.07.2014), Il Mattino > https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/forestale_comandante_costa_terra_fuochi-512999.html

[xii] Carmelo Leo, “Sergio Costa ministro dell’Ambiente: è il generale che ha combattuto la Terra dei fuochi” (31.05.2018), la Repubblica > https://www.repubblica.it/ambiente/2018/05/31/news/sergio_costa_ministro_ambiente_governo_conte-197374509/

[xiii] “3^ Conferenza internazionale sull’ambiente ‘Biodiversità: motore della vita sulla terra’ (09.11.2018), La Dea della Caccia > https://www.ladeadellacaccia.it/index.php/3-conferenza-internazionale-sullambiente-biodiversita-motore-della-vita-sulla-terra-55212/  (sottolineature mie)

[xiv] “Difesa e ambiente” in: Ministero della Difesa, cit.

[xv]  Cfr. https://www.unric.org/fr/action2015-cop21/3636-lenvironnement-une-victime-de-la-guerre-trop-souvent-oublieeUn interessante ed accurato studio comparativo sul rapporto tra militarizzazione dei siti e protezione ambientale in tre Paesi (Francia, Regno Unito e U.S.A.) è: Peter Coates, “Defending Nation, Defending Nature? Militarized Landscapes and Military Environmentalism in Britain, France, and the United States”, Environmental History, Volume 16, Issue 3, 1 July 2011, Pages 456–491 > https://academic.oup.com/envhis/article/16/3/456/457490

[xvi] Razmigh Keucheyan, La nature est un champ de bataille, Essai d’écologie politique, La Découverte > https://www.editionsladecouverte.fr/catalogue/index-La_nature_est_un_champ_de_bataille-9782355220586.html (traduzione mia)

[xvii]  Elena Camino, “Guerra, ambiente, nonviolenza” (23.05.2016),  Torino, Centro Studi Sereno Regis > http://serenoregis.org/2016/05/23/guerra-ambiente-nonviolenza-elena-camino/

[xviii]  Ben Cramer, Guerre et Paix…et Ecologie – Les risques de la militarisation durable, éd. Yves Michel, 2014, pp. 20 …. 26 (trad. mia); vedi anche il suo articolo del 2016 “Pour un état d’urgence démocratique”: > http://www.yvesmichel.org/pour-un-etat-durgence-democratique-par-ben-cramer/

[xix] Cramer, op. cit., p. 234

[xx]  Ermete Ferraro,  L’Ulivo e il Girasole – Manuale per un progetto di coordinamento delle azioni ecopacifiste di VAS Onlus-APS. Napoli, 2014, ISSUU.COM  pubblicato come e-book e scaricabile all’indirizzo: https://issuu.com/ermeteferraro/docs/manuale_ecopacifismo_vas_2_83d43f9735930d p. 4.   Vedi anche: Idem, “Ecopacifismo: visione e missione” (12.11.2011),  postato sulla pagina di E.F in: GandhiTopia (India) > http://www.gandhitopia.org/profiles/blogs/ecopacifismo-visione-e-missione

[xxi] David Llistar i Bosch, “Convergence of environmentalism and antimilitarism. Metabolism, geopolitics and anti-cooperation” ,  Generalitat de Catalunya, Per la Pau – Peace in Progress , N° 5 (Nov. 2010) > http://www.icip-perlapau.cat/e-review/issue-5-november-2010/convergence-environmentalism-and-antimilitarism-metabolism-geopolitics-and-anti-cooperation.htm

© 2018, Ermete Ferraro

Hanno fatto Trenta, non facciano 31

2-giugno-2017Oggi, 2 giugno 2018, uno dei primi atti ufficiali e pubblici degli esponenti del nuovo governo giallo-nero all’indomani del suo insediamento è certamente la partecipazione alla tradizionale parata militare per la Festa della Repubblica. E’ vero: sono decenni che i pacifisti protestano contro questa retorica e costosa esibizione militarista, ricordando che oggi si festeggia, appunto, la nascita della nostra Repubblica (democratica, fondata sul lavoro e che ripudia la guerra) e non di certo le Forze Armate che ne rappresenterebbero semmai solo l’aspetto ‘difensivo’ e che, fra l’altro, la loro ‘festa’ già l’hanno celebrata sette mesi fa.  Niente. Nessuno ha mai ascoltato questo accorato appello del movimento per la Pace, un po’ perché la retorica da parata evidentemente un po’ ci aggrada (il ventennio fascista qualche traccia, anche simbolica, l’ha lasciata…), un po’ perché la voce della frammentata realtà antimilitarista e nonviolenta del nostro Paese è talmente flebile che, forse, noi stessi ci meraviglieremmo se qualcuno ci stesse davvero a sentire…

Quest’anno, poi, la solita ‘parata’ romana del 2 giugno sembra assumere un significato particolare, sia in considerazione del fatto che la figura del Presidente della Repubblica, dopo il travagliato parto governativo, è emersa con maggiore rilievo e peso, sia perché l’immagine del nuovo Esecutivo a trazione pentastellato-leghista appare oggettivamente caratterizzata dal ritorno del nazionalismo e delle sue parole d‘ordine. Non dimentichiamo, poi, che tra le Autorità nella tribuna d’onore della Parata ci sarà anche la nuova ministra della Difesa, la prof.ssa Elisabetta Trenta, esperta di sicurezza e di ‘intelligence’. Come si fa a non notare che il c.d. ‘governo del cambiamento’ – che alla componente femminile ha finora riservato solo cinque posti – ha  sostituito l’ex ministra Pinotti (laureata in lettere ed ex educatrice dell’AGESCI) sì con un’altra donna, però molto più ‘qualificata’ in campo militare?

« Nel suo cv si segnala l’incarico di vicedirettore del master in Intelligence e sicurezza dell’Università Link Campus di Roma. L’esponente 5 Stelle è stata “ricercatrice in materia di sicurezza e difesa presso il Centro Militare di Studi Strategici”. E per nove mesi, su incarico del Ministero degli Affari Esteri, “è stata Political Advisor dei Comandanti della Itjtf in Iraq. Ha rivestito anche il ruolo di esperta in governance nell’Unità di assistenza alla Ricostruzione di Thi Qar”. Dal 1998 – si legge sempre nella sua scheda – Trenta “è stata responsabile di molti progetti di sviluppo e assistenza alla governance sia in Italia che all’estero, dove ha coordinato interventi come quello per l’assistenza ai City Council della provincia di Thi Qar (Iraq) o quello per il rafforzamento delle competenze del Ministero dell’Interno in Libano”. E’ stata inoltre “Country Advisor per la Missione Leonte in ambito Unifil in Libano nel 2009 e ha partecipato ad attività militari e civili, in Italia e all’estero, su incarico del Ministero della Difesa”. [i]

trentaNon c’è che dire: un eccellente curriculum. Peccato che abbia a che fare più con le competenze militari che con quelle di natura sociale, civile ed ambientale che dovrebbero caratterizzare un’organizzazione politica di base, fondata nel 2009 sulle cinque priorità: “acqua, ambiente, trasporti, sviluppo ed energia[ii].  Ebbene, confesso che la metamorfosi da Movimento 5 Stelle a Movimento 5 Stellette mi preoccupa non poco. Piazzare alla Difesa una docente specializzata in “intelligence and security” non mi sembra una svolta nel ministero chiave per una riconversione civile della spesa militare. Mandare al Palazzo Baracchini di via XX Settembre una ricercatrice del Centro Militare di Studi Strategici, impegnata peraltro in varie  ‘missioni’ in Libano ed in Iraq, non appare per niente un segnale di discontinuità con la nostra tradizionale politica di subalternità ai ‘comandi supremi’ USA e NATO, bensì la conferma dei finanziamenti alle nostre spedizioni militari in giro per mondo, fra le quali alcune risalgono addirittura al 1948 (Palestina), al 1978 (Libano), 1979 (Egitto-Sinai), al 1999 (Kosovo) ed al 2005 (Cipro). Queste sono solo le ‘neverending missions’ per conto dell’ONU, ma non bisogna dimenticare quelle tuttora in corso di natura diversa, , come: Libano (dal 2006) ed Afghanistan (dal 2015). [iii]  Ebbene sì: siamo un paese di santi, poeti e navigatori ma sicuramente anche di ‘missionari’, non più con l’abito bianco e la croce ma con la mimetica e l’elmetto. Basta leggere un esauriente articolo di qualche mese fa – con relative infografiche – per comprendere che il nostro impegno militare all’estero era (e a quanto pare è) destinato a crescere, con gli annessi oneri finanziari e con conseguenze politiche facilmente immaginabili.

«Come confermato dal ministro della Difesa Roberta Pinotti in un’intervista a Repubblica l’obiettivo per il 2018 è di rafforzare l’impegno nel continente. Il 15 gennaio il ministro, parlando alle commissioni riunite Difesa ed Esteri di Senato e Camera ha presentato il progetto del governo spiegando che si è deciso di “rimodulare l’impegno nelle aree di crisi geograficamente più vicine e che hanno impatti più immediati rispetto ai nostri interessi strategici” e in questo senso il Sahel, ha aggiunto, rappresenta “una regione di preminente valore strategico per l’Italia”. E infatti a ben vedere nel futuro dell’Italia non c’è solo il Niger. Ma ben altri sette Paesi, alcuni dei quali sono partner di lunga data come Libia, Egitto, Gibuti e Somalia, mentre altri sono vere e proprie new entry:  Sahara occidentale, Tunisia, Repubblica centrafricana e Niger appunto.» [iv]  

Solo per le prossime spedizioni è prevista una spesa aggiuntiva di quasi 83 milioni di euro, ma non c’è da dubitare che la nuova ministra – forse per onorare il suo cognome – ritenga anche lei che si debba proseguire su tale strada, visto che “Abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno”, come si suol dire, citando senza saperlo un’arguta espressione di Pio X, riferita alla sua nomina di nuovi cardinali. [v] Eppure è proprio questo il nodo: se ormai i cinquestelle hanno “fatto Trenta” non sembra proprio il caso di insistere in questa direzione, soprattutto se, sull’altra faccia della medaglia della militarizzazione della società e del territorio, ci ritroviamo la faccia barbuta di Matteo Salvini, leader della Lega Nord, come Ministro degli Interni.

Niente da eccepire, per carità. Che un leader politico che si è sempre riempito la bocca di parole come ‘sicurezza’, strizzando l’occhio alle ‘forze dell’ordine’ ed auspicando che abbiano finalmente mano libera, approdasse al Viminale era ovvio, perfino scontato. Ciò che preoccupa chi non segue gli stessi parametri securitari, militaristi ed autoritari della destra, modello ‘law and order’ , è però che le priorità del nuovo responsabile degli Interni sono fin troppo chiare: chiusura dei campi rom, espulsione degli immigrati irregolari e blocco dei flussi, rimpatrio degli occupanti di case abusivi e, naturalmente, aumento per le forze di Polizia. [vi]  Non dimentichiamo poi che nel Contratto di Governo, sottoscritto dalla strana coppia giallo-nera e che adesso il premier Conte dovrà attuare – oltre alle previsioni di nuove dotazioni per le forze dell’ordine, (fra cui quelle pistole ‘taser’ denunciate da Amnesty come a rischio di violazione dei diritti umani [vii]) –  c’è anche un paragrafo nel quale si conferma il principio della legittimità comunque dell’autodifesa del proprio domicilio, da sempre invocata dalle destre, sullo spicciativo modello ‘fai-da-te’ dei soliti pistoleri americani:

«In considerazione del principio dell’inviolabilità della proprietà privata, si prevede la riforma ed estensione della legittima difesa domiciliare, eliminando gli elementi di incertezza interpretativa (con riferimento in particolare alla valutazione della proporzionalità tra difesa e offesa) che pregiudicano la piena tutela della persona che ha subito un’intrusione nella propria abitazione e nel proprio luogo di lavoro.» [viii]

salvini-ministro-dellInternoCon poche parole, a quanto pare, si stanno per cancellare secoli di garanzie di rispetto dei diritti umani civili e sociali, avviando rapidamente la nostra Italia verso un’ulteriore militarizzazione della società ed una visione poliziesca della sicurezza. Ma tutto questo, ci ha assicurato il capo politico M5S, “non è né di destra né di sinistra”, e noi non possiamo fare a meno di credergli, mutuando la celebre espressione dell’Antonio scespiriano: “…perché Di Maio è uomo d’onore”.  [ix]  Abbiamo, del resto, un Parlamento pieno di questi nuovi “onorevoli” – pentastellati e leghisti – e non possiamo non credere a priori alla loro voglia di ‘cambiamento’, anche se ci deve concedere di nutrire qualche dubbio sul senso in cui esso sta dirigendosi…

Certo, qualcuno potrebbe chiedersi anche come mai un governo definito “giallo-verde” ed il cui co-leader Di Maio è capo d’un movimento che ispirava a materie ‘ecologiche’ ben 4 delle sue 5 stelle, abbia invece speso poco più di tre paginette sulle cinquantotto del famoso ‘Contratto per il governo del cambiamento’. Il suo capitolo 4, infatti, ha un titolo molto promettente (“Ambiente, green economy e rifluti zero”), ma – a parte le premesse iniziali di sapore ecologista e qualche precisazione un po’ didascalica sul concetto di ‘risorsa rinnovabile’ e di ‘economia circolare’ – gli impegni veri e propri sono abbastanza circoscritti. Riguardano in particolare; a) la riduzione e raccolta differenziata dei rifiuti, con una loro gestione ‘a filiera corta’; b) un programma di mappatura e bonifica dei siti a rischio amianto; c) la manutenzione ordinaria e straordinaria del suolo, come prevenzione dei disastri idro-geologici e riduzione dei rischi sismici; d) la lotta allo spreco di suolo e l’impegno per la ‘rigenerazione urbana’; e) il contrasto al cambiamento climatico mediante interventi che spingano sul risparmio energetico e le fonti rinnovabili; f) provvedimenti specifici, infine, sono individuati per zone a rischio ambientale come la pianura Padana (?!), le aree metropolitane e l’ILVA di Taranto, in quest’ultimo caso senza indicare quali provvedimenti s’intenda effettivamente adottare né sciogliere il dilemma che contrappone la salvaguardia ambientale e della salute alla salvaguardia dell’occupazione ed al ventilato “sviluppo industriale del Sud”. [x]

costaBeh, non ci resta allora che stare a vedere cosa ci aspetta nei prossimi mesi o anni, sperando che almeno in questo settore l’inserimento nella squadra di governo di Sergio Costa – stimabile ed esperto comandante napoletano della Forestale poi promosso a generale dei Carabinieri per l’Ambiente della Campania  – costituisca almeno una garanzia di serietà nella lotta alle ecomafie ed agli sporchi affari di chi gioca con la salute della collettività e l’integrità del territorio. Espresso questo apprezzamento da ambientalista,  come ecopacifista consentitemi però di sottolineare la scellerata follia di chi nel 2016 decretò l’assorbimento d’un Corpo – autonomo e civile – di polizia ambientale all’interno dell’Arma dei Carabinieri, di fatto militarizzandone e burocratizzandone in modo irresponsabile le insostituibili funzioni operative di presidio del territorio. Basterà un integerrimo ufficiale come Costa promosso a Ministro per dare credibilità al piuttosto vago programma ambientale del governo Conte? Dobbiamo augurarcelo, ma non dimentichiamo che da oggi – festa della Repubblica nata dalla Resistenza – comincia un periodo in cui siamo tutti/e chiamati a vigilare sugli esiti democratici e sociali di questo ambiguo ‘ cambiamento’. Se non altro per evitare che, fatto Trenta, cerchino di fare anche trentuno…

© 2018 Ermete Ferraro

——– N O T E —————————————————————————-

[i] “Chi è Trenta, il nuovo Ministro della Difesa”  > http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2018/06/01/chi-elisabetta-trenta-nuovo-ministro-della-difesa_MdtADDTcG0y7yRv5E7KBIK.html?refresh_ce

[ii] “Movimento 5 Stelle”, Wikipedia > https://it.wikipedia.org/wiki/Movimento_5_Stelle#cite_note-21

[iii] “Missioni militari italiane all’estero”, Wikipedia > https://it.wikipedia.org/wiki/Missioni_militari_italiane_all%27estero

[iv] Alberto Bellotto, “Missioni militari italiane all’estero: le novità del 2018”, 11.01.2018,  Gli occhi della guerra >http://www.occhidellaguerra.it/missioni-militari-italiane-allestero-le-novita-del-2018/

[v] “Perché si dice abbiamo fatto 30, facciamo 31” > http://www.lettera43.it/it/comefare/curiosita/2017/01/27/perche-si-dice-abbiamo-fatto-30-facciamo-31/6779/  In effetti la frase originaria del Papa era: “Tanto è trenta che trentuno”

[vi] Cfr.: https://www.tpi.it/2018/06/01/salvini-ministro-interno/

 

[vii] “Sperimentazione delle pistole taser: la posizione di Amnesty International Italia” (23.03.2018) > https://www.amnesty.it/sperimentazione-delle-pistole-taser-la-posizione-amnesty-international-italia/

[viii] “La legittima difesa nel contratto di governo», Armi e tiro  (18.05.2018) > http://www.armietiro.it/la-legittima-difesa-nel-contratto-di-governo-9728

[ix] W. Shakespeare, Julius Caesar, atto III scena III – Cfr.: http://shakespeare.mit.edu/julius_caesar/julius_caesar.3.2.html

[x] Movimento 5 Stelle – Lega, Contratto per il governo del Cambiamento – Cap. 4 “Ambiente, green economy e rifiuti zero” (pp. 10-13) > https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/05/18/governo-m5s-lega-il-contratto-di-governo-versione-definitiva-del-testo/4364587/