
Cerco d’immaginare cosa pensava il nostro beneamato Capo del Governo mentre l’altro giorno, tutto impettito accanto al Raìs avvolto nella galabeya color caki, ascoltava la fanfara intonare, dopo “Fratelli d’Italia”, l’inno nazionale libico “Allahu ahbar”.
Chissà se gli sarà passato per la testa, occupata da ben altri pensieri, di chiedere a qualcuno la traduzione di quella composizione, a metà fra la marcia trionfale dell’Aida ed un inno religioso, al punto tale da intitolarsi con la solenne invocazione con la quale inizia l’orazione di ogni buon musulmano: “Dio è grande”. Oddìo, Berlusconi si trovava lì a Tripoli, irrigidito accanto a Gheddafi, non certo per approfondire aspetti culturali o musicali, ma solo per ribadire solennemente l’accordo italo-libico di un anno fa. Ma se la sua mente avesse potuto per un attimo pensare ad altro che ai business che questo accordo comporta, avrebbe forse compreso anche meglio l’importanza storica della sua “missione”.
Per carità, tutti gli inni nazionali sono un imbarazzante impasto di retorica nazionalista e bellicista, compreso naturalmente il nostro, con i suoi “elmi di Scipio”, le sue “coorti” dove si stringe gente “pronta alla morte”ed i suoi “bimbi d’Italia chiamati Balilla”, misti ad echi storici, da Legnano ai Vespri siciliani. Sta di fatto che l’inno libico è ancora più esplicito nella sua proclamazione fideistico-nazionalista, soprattutto in alcuni passaggi del testo, dove Allah viene tirato in ballo come colui che “sta al di sopra degli inganni degli aggressori”, essendo “il miglior aiuto per gli oppressi”. Ecco perché il popolo “difenderà il suo Paese con la fede e con le armi”.
L’inno prosegue così: “L’esercito nemico sta giungendo / con l’intenzione di distruggermi / Io lo combatterò con la fede e con le armi / e se sarò ucciso, lo porterò alla morte con me…!”. Il testo si chiude con un altro appello contro il “nemico”, poiché “Allah è al di sopra del minaccioso invasore”.
Beh, se per caso Allah si distraesse un po’ dalla sua funzione di protezione contro i nemici, sta di fatto che da molti anni ci sta pensando Gheddafi ad accumulare quelle “armi” che l’inno nazionale libico pone non a caso accanto alla fede… Come si dice: fidarsi è bene, ma con missili, elicotteri, tank, cannoni e bombardieri le cose vanno meglio!
Ecco perché l’attuale governo (come già accaduto nel recente passato…) si sta adoperando un sacco per agevolare il lucroso affare della vendita alla Libia di armamenti leggeri e pesanti, sia per difendere il suo suolo dagli “aggressori” e dai “minacciosi invasori” che vorrebbero “distruggerla”, ma anche per consentire ai nostri amici libici di realizzare a loro volta qualche affaruccio, rivendendo a vari stati africani in guerra vecchi kalashnikov ed altre armi di seconda mano. Il documentato servizio pubblicato da l’Espresso chiarisce questo “doppio gioco” che vede un bel po’ di nostri connazionali fare i piazzisti di armi, alimentando i bagni di sangue nel continente africano e consentendo al regime libico di esigere laute tangenti su questi affari.
Ma non è tanto la cosiddetta “tangentopoli a Tripoli” dell’articolo di Gianluca de Feo e Stefania Mau che ci scandalizza di più – abituati come siamo alle nostre – quanto l’intreccio fra questo infame commercio di morte e la sciagurata vicenda del ping-pong d’immigrati “clandestini” fra Libia ed Italia. L’organizzazione libica più importante che dovrebbe difendere i diritti umani di questa povera gente, assistendo gli immigrati che transitano per la Libia, ha per presidente un tizio che sembra aver fatto da intermediario alle frequenti spedizioni di armi dall’Italia verso quel paese, ma con destinazione effettiva altri stati africani in guerra…
“Allah è il miglior aiuto per gli oppressi!” – proclama l’inno libico – e non possiamo che essere d’accordo, visto che resta forse l’unica loro speranza, dal momento che essi – immigrati e profughi compresi – non possono aspettarsi un grande aiuto dal regime di Gheddafi, dalle politiche di “respingimento” in salsa leghista e dagli stessi organismi internazionali per i rifugiati, che spesso brillano per la loro inettitudine pratica…
Sì, “Allah è grande”, ma la rivoltante ipocrisia dei nostri politici sembra ancora più grande!